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martedì 16 marzo 2010

LE TERME: UNA PICCOLA STORIA MUNICIPALE

Le terme, di proprietà del Comune di Sardara, dopo vari tentativi di attivazione di esse da parte dello stesso Comune, con delibera del Consiglio Comunale del 24.12.1897 e regolare contratto a rogito Anchisi del 24.2.1898, furono concesse al cav. avv. Filippo Birocchi di Cagliari, nel cui nome operavano occultamente anche il figlio Eusebio, l'ing. Giorgio Asproni e il prof. Lorenzo Giunti.


Il contratto, molto complesso, anche perché la vasta zona interessata alla strutturazione delle Terme era parzialmente di proprietà dello stesso Birocchi e di altri sardaresi, comportava un numero di clausole la cui applicazione non poteva andare incontro a differenze e contrasti che gradualmente andarono appianandosi per via di una commissione arbitrale prevista dal contratto medesimo. (1)
L'amministrazione funzionò nel nome di Filippo Birocchi fino al 8.12. 1921 quando gli eredi e soci di lui, Birocchi, Asproni e Giunti, con atto rogato De Magistris in data 8.12,1921, trasferirono i loro diritti di concessione delle Terme ed i relativi terreni e fabbricati ”indicati nel testimoniale di Stato” del 3.4.98, al cav. Libero Rodriguez.
Ciò non avvenne senza contrarietà del Comune di Sardara, che, una prima volta in data 2.6.1923 e più tardi in data 18.5.1927, si adoperò per far dichiarare nullo il contratto. Anzi, intervenuta la legge mineraria n. 1443 del 20.7.1027 il Comune di Sardara, malgrado l'opposizione del cav. Rodriguez, otteneva dal Ministero per le Corporazioni, con decreto 7.2.1935, la facoltà di utilizzazione delle acque termali in perpetuo nei termini della sua proprietà, e per 50 anni in un'area di circa 21 ettari.
L'acceso contrasto valse a mettere in crisi l'amministrazione Rodriguez che però, con atto rogato Mancosu del 15.12.1948, poté pacificamente passare al dottor Mario Mossa i suoi diritti di concessione e di tutta la proprietà avuta dal Birocchi nel 1921, fatta eccezione di alcuni numeri catastali di indubbia proprietà comunale, e della porzione fondiaria oggi detenuta dagli eredi Rodriguez.
Di tale strumento pubblico, nel dicembre 1951, ne fu data notifica ufficiale al Comune di Sardara, che ne prese atto senza alcuna reazione. Solo più tardi, intervenuta una convenzione tra dottor Mossa e il Comune, il primo rese al Comune i fabbricati delle Terme romane, della vecchia bottiglieria, la casetta rossa nota di sig. Esu, con tutta l'area circostante: un tutto che forma una partita immobiliare a sé stante rispetto a una possibile valorizzazione d'interesse pubblico. Ciò tenuto conto che la concessione Mossa, nella sua funzione è praticamente sganciata dall'antico complesso romano.
Concludendo, e per chiarezza del lettore frettoloso, precisiamo, sperando di non sbagliare. Ben distinte dalla proprietà Mossa e dalla proprietà dei Rodriguez, sono in area esclusivamente comunale tutte le sorgenti termali esistenti nella zona, a eccezione di una che, di fronte alla porta laterale della chiesa, ricade nella proprietà Mossa. Sono di proprietà del Comune tutti i fabbricati connessi alle antiche terme. Area comunale sono la strada centrale e quelle periferiche, il boschetto aperto e la vasta zona cespugliata che si apre dalle Terme al vecchio lavatoio. Una grande e bella proprietà: che da secoli aspetta idee e mezzi per un definitivo riscatto intelligente e globale.
Al problema si propose un tempo di portare la sua collaborazione il vescovo diocesano mons. Antonio Tedde, con un ampio progetto di opere religioso-sociali a raggio diocesano.Ma quando il proposito sembrava ormai raggiunto, trovò l'incaglio della incomprensione locale: per quella meschina mentalità che talvolta è remora alle iniziative migliori.
Mons. Abramo Atzori. 1980.
(1) Il fatto della proprietà della zona delle Terme non deve essere stato molto chiaro già negli strumenti pubblici intervenuti nel 1899, se a memoria del medesimo estensore di queste note, le cose erano discusse e contestate al punto che, avendo una volta l'amministrazione Rodriguez precluso con fosso e muro il passaggio sul tratto di strada tra la croce e l'ingresso al viale maggiore, la processione proveniente da Sardara, invece di svoltare come indicato, per il gomito croce – mulino a vento -santuario, sostò caparbiamente sull'argine che ostruiva la strada tradizionale, fino a quando , per oltre un'ora di arrabbiatura, l'argine fu demolito, il fosso colmato e ristabilito il passaggio a norma “de su costumau”.

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