Vai al nuovo sito

sabato 30 ottobre 2010

Comune di Sardara/Hotel Salute & Benessere Terme Casteldoria

Pubblichiamo la lettera dell'Avv.to Meazza (legale del Comune di Sardara) alla Hotel Salute & Benessere Casteldoria. http://www.novasdisardara.it/lettera%20meazza.pdf

Leggi tutto l'articolo

venerdì 29 ottobre 2010

UN REGALO A PERRA UN DANNO AI SARDARESI

Il 18 ottobre la Giunta comunale ha deliberato, col voto di solo quattro componenti, di concedere a Vincenzo Perra, titolare della ditta COS.VI.P lo sfruttamento a titolo gratuito di tre litri al secondo di'acqua termale. Non si stabilisce la durata della concessione, che appare senza scadenza, e a carico del concessionario viene posto solo l'onere della manutenzione ordinaria e straordinaria del pozzo.
La COS.VI.P è un'impresa edile di Quartu S.Elena, che ha acquistato a 9 euro al mq alcuni terreni da privati e, allo stesso prezzo, ha successivamente ottenuto dal Comune ben 14.870 mq. adiacenti all'albergo comunale, con il 50 per cento della volumetria utilizzabile del comparto F7 del Piano Generale di Sviluppo Turistico, espropriato a suo tempo per realizzare lo stabile comunale.. Nel contratto di vendita è stata inclusa la clausola che consente di rivendere in qualsiasi momento, anche prima di costruire. Oggi Perra riceve in regalo lo sfruttamento dell'acqua realizzando in un battibaleno un bell'affare e ritrovandosi nelle condizioni di farlo fruttare con una classica speculazione immobiliare, rivendendo cioè terreni edificabili, volumetrie e diritti sull'acqua termale.
Le conseguenze per il paese non sono però altrettanto felici.
Innanzittutto l'albergo comunale viene privato di 14.870 mq, posti nella collinetta di fronte al parco dell'Idroterme, che originariamente erano inclusi come sua pertinenza.Un moderno albergo termale ha bisogno di padiglioni per le cure, di un'ampia zona verde, di parcheggi, di percorsi salute, di passeggiate, di impianti sportivi. L'area e la sua volumetria erano indispensabili per ampliare i posti letto, per costruire lo stabilimento per le cure e per aumentare i posti di lavoro. L'attuale giunta ha trovato in cassa ben 2.500.000 euro, che potevano essre tranquillamente utilizzati per questi ampliamenti oltre che per sistemare le carenze dell'edificio esistente. La vendita del terreno comunale quindi ha già creato un danno molto grave, maggiore di quello provocato con la chiusura dell'albergo, perchè ne pregiudica la riqualificazione e lo sviluppo e lo deprezza nel suo valore patrimoniale e commerciale.
In secondo luogo non si rifette a sufficienza sulle possibili conseguenze del concessione senza limiti temporali dello sfruttamento dell'acqua termale. Basti pensare che nel 1898 l'amministrazione comunale, sulla base delle leggi allora in vigore, diede in concessione lo sfruttamento delle sorgenti per un periodo massimo di 60 anni ad un'impresa con evidenti capacità tecniche, garantite dall'Asproni, un personaggio di livello nazionale esperto di problemi minerari, e con notevoli capacità economiche ed imprenditoriali, fornite dal Birocchi. Tra le condizioni contrattuali ci fu l'imposizione di un progetto di grande qualità predisposto da Gaetano Cima, l'architetto sardo più importante dell'epoca, e la cessione al patrimonio comunale degli edifici realizzati allo scadere della concessione. Oggi invece si lascia carta bianca nell'uso dell'acqua e non si valutano i rischi di possibili futuri contenziosi tra Comune, COS.VI.P e gestore dell'albergo comunale. Nell'affidare anche le manutenzioni ordinarie e straordinarie del pozzo comunale si possono creare incertezze su chi possa e debba avere in concreto il controllo dell'emungimento dell'acqua..
Infine appare stravagante la faciloneria con cui si procede. La materia delle concessioni minerarie e delle acque termominerali è regolata da una precisa normativa della Regione sarda, che ha competenza esclusiva in materia. La legge, tra le altre cose, impone che chi richiede la concessione dell' acqua termominerale debba presentare un progetto con i relativi elaborati grafici con annessa una relazione tecnico- finaziaria. Serve cioè, in via preliminare, un progetto dell'albergo termale e della strutture che utilizzeranno l'acqua (piscine, stabilimento per le cure...) unito alla presentazione del piano finanziario con le risorse necessarie per l'investimento. E' poi richiesta un'adeguata documentazione che provi la capacità tecnica ed economica per condurre l'impresa, attestata dallo stato del patrimonio della società e da regolari certificazioni delle banche, che dimostrino che si hanno disponibili i capitali sufficienti per realizzare l'investimento. Bisogna inoltre produrre la documentazione che dimostri la capacità tecnica per affrontare la costruzione e la gestione dell' albergo e degli impianti con la presenza nella compagine sociale di imprenditori già operanti nel settore, di medici specialistici nelle cure termali.... E' ancora richiesto un programma dei lavori indicante le attività da svolgere nel primo anno.
A Sardara rinunciando a tutto questo non solo non si seguono le disposizioni della legge, ma si rinuncia al proprio dovere di programmare e di guidare lo sviluppo. In più non ci si cura dei rischi e dei problemi che possono insorgere anche rispetto all'impresa che gestisce lo stabilimento privato dell'Idroterme, che può riceverne contracolpi pesanti. La COS.VI.P vuole attivare cure termali? Intende realizzare la fangoterapia, le cure idropiniche,quelle inalatorie, altre cure...? Si intendende promuovere una concorrenza selvaggia con lo stabilimento attuale oppure si intende coordinare le due attività facendo sistema, costituendo un polo termale integrato in cui ognuno abbia un suo spazio, una sua specializzazione,un suo segmento di mercato?
Ma il Comune può affidare a terzi la concessione dell'acqua? Può procedere a subconcederla dopo averla ottenuta dall'Assessorato Regionale all'Industria per far funzionare il proprio albergo termale? La legge regionale non lo prevede, anzi la mancata utilizzazione diretta della risorsa termale, purtroppo già avenuta con la chiusura dell'albergo, è causa di decadenza e di revoca della stessa concessione mineraria. Farebbe pertanto bene l'ingegnere del Comune a verificare la legittimità della subconcessione prima di assumere atti di impegno definitivi. Tutelerebbe se stesso, il Comune e gli stessi amministratori, che appaiono agire con una incredibile leggerezza.
r.c.

Leggi tutto l'articolo

Tre punti fermi per la riforma fiscale

Pubblichiamo l'articolo e il testo della mozione sul fisco presentata alla Camera dal Partito Democratico.
"La mozione del Pd per una riforma fiscale basata su tre capisaldi: l'aumento dell'aliquota per le rendite finanziarie al 20%; la diminuzione del primo scaglione di aliquota al 20%; il tetto al 20% al reddito da impresa, per poi passare alla normale aliquota Irpef per la parte eccedente. "Il fisco è un'urgenza. Non è tema su cui girare attorno per anni. Questo governo non è in grado di fare riforme e allora la proponiamo noi al Parlamento". Così il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha introdotto la presentazione della riforma fiscale messa a punto dal Pd in una conferenza stampa alla Camera con Dario Franceschini, Francesco Boccia, Michele Ventura e Stefano Fassina. Per il leader del Pd si tratta di "un'operazione tesa anche a rilanciare l'attività del Parlamento che è stato totalmente privato della materia economico-finanziaria". Una piccola rivoluzione perché “in questo testo ci sono novità radicali anche rispetto alla nostra esperienza. Il senso è quello di arricchire l'impresa più che l'imprenditore e inserire criteri di equità".La riforma fiscale che il Pd propone si basa sui cosiddetti tre 20. "Possiamo sintetizzarla – ha spiegato il capogruppo Franceschini - come i 'tre 20': primo, la riduzione al 20% dell'aliquota sul primo scaglione; secondo, portare dal 12,5 al 20% la tassazione dei redditi da capitale ad esclusione dei titoli di Stato; terzo, applicazione dell'aliquota del 20 % al reddito d'impresa e da lavoro autonomo". La riforma arriverà al voto il 23 novembre e ha continuato Franceschini. "potremo anche votarla per parti separate in modo che la maggioranza possa esprimersi sui singoli punti".Nel testo della mozione presentata dal Pd si legge: "I principali settori d'intervento sono le famiglie, le attività autonome e professionali, le imprese e i redditi da capitale, l'innovazione 'verde', l'evasione fiscale, il coordinamento sovranazionale delle politiche fiscale". Sul bonus si spiega: "unificazione delle detrazioni fiscali e degli assegni familiari al nucleo familiare nel 'bonus per i figli, un istituto unico, generalizzato". Durante la conferenza stampa Bersani non ha risparmiato dure critiche nei confronti del ministro dell'Economia. "Tremonti non dica che vogliamo tassare le vecchiette, perché anche noi preserviamo i bot. Ma non è possibile che un lavoratore dipendente paghi di più di chi ha le rendite. Di cose così invereconde, non ne possiamo più". E sulla copertura finanziaria che si dovrebbe ottenere soprattutto dalla lotta all'evasione fiscale, Bersani ha ribadito che "Tremonti dice che è come mettere il carro davanti ai buoi. Ma se lui ha messo una decina di miliardi a sostegno dell'equilibrio di bilancio indicandoli come previsione di lotta all'evasione: ha messo una carovana davanti ai buoi. E poi non si capisce da dove arrivano questi soldi visto che questo governo la lotta all'evasione è chiaro che non la vuole fare. Tremonti è quello che ha fatto il più vergognoso condono della storia e negli ultimi due anni il rapporto tra il recupero dell'evasione ex-post e la perdita di gettito dovuto alla riduzione della fedeltà fiscale è stato di 1 a 10: per ogni miliardo di euro di maggior recupero dai controlli, si è avuto un aumento di evasione di 10 miliardi di euro".Il leader democratico ha voluto anche rispondere alla proposta di tagliare 300mila posti di lavoro nella Pubblica Amministrazione. "Tutto si può fare - ha detto il segretario del Pd - persino una riduzione del turn over nella Pubblica amministrazione. Anzi, io sono per una razionalizzazione. Ma va fatto prima un progetto industriale, bisogna indicare nuove missioni, cosa un ministero non deve più fare e cosa invece deve fare. Se mandiamo a casa così, alla carlona..." Per Bersani, "questo è il limite del brunettismo, che gioca sui comportamenti, sui fannulloni. Ma non raccontiamo miracoli, basta chiedere alle imprese per capire che c'è stato un aumento delle pratiche". A.Dra" http://www.novasdisardara.it/mozione_fisco110767.pdf

Leggi tutto l'articolo

mercoledì 27 ottobre 2010

La Politica e le Terme: a ciascuno il suo

Domenica 10 ottobre: ho appena terminato di leggere l’editoriale pubblicato su La Gazzetta del Medio Campidano. Si parla di Terme: a volte dimenticate, altre volte ignorate, ma da sempre poste al centro di una guerra senza fine fra guelfi e ghibellini.
Si parla di un’opportunità per Sardara, per la Provincia e per la Regione.
La via d’uscita suggerita sarebbe quella di “prendersi per mano” per individuare la cura. Per chi non conosce l’argomento, sembrerebbe ovvio l’invito fatto dal redattore.
Purtroppo la situazione è diversa da quella descritta. Almeno per come la conosco, dopo dieci anni passati fra i banchi del consiglio comunale.

Individuare la cura implica innanzitutto fare una diagnosi. Se non condividiamo quest’ultima, è impossibile ricercare e condividere la cura.
La mia diagnosi è però un’altra rispetto a quella sostenuta dall’editoriale. Non si tratta, secondo me, di un problema di colore politico.
Inoltre il vero problema di oggi, la chiusura dell’albergo comunale, non si risolve coinvolgendo Regione e Provincia.

Perché dico questo? La struttura comunale (gli ex Eucalipti) è chiusa non perché il “pubblico” non se ne fa carico, quanto e piuttosto per l’esatto contrario: l’eccessiva ingerenza della politica.
Mi spiego meglio. In consiglio comunale, ho sempre sostenuto che il compito degli amministratori è quello di individuare un percorso di sviluppo per il nostro paese.
A Sardara, questo percorso non può prescindere dalla risorsa termale e dalla sua valorizzazione.
Una vera e propria industria. Le due strutture, di cui una pubblica e una privata, possiedono un potenziale ricettivo di 270 posti letto, danno lavoro a un centinaio di persone (seppur stagionali), movimentano oltre 35.000 presenze turistiche all’anno. Se moltiplichiamo il numero delle presenze per una spesa media di 100 euro al giorno (stima prudenziale) si capisce meglio di cosa si parla.

Tuttavia, se la struttura privata continua a essere un punto di riferimento nel panorama regionale, l’albergo di proprietà comunale è invece chiuso da oltre un anno.
Allora la vera domanda da porre è un’altra: perché è chiuso?
Cosa c’entrano la minoranza consiliare, la Provincia o la Regione?
Il vero problema è la qualità della politica di chi amministra il paese.
A Sardara si è scelto un percorso non condiviso: si è scelto di non far applicare le regole, si è optato per la strada della commistione e dell’ingerenza politica rispetto a scelte gestionali che fanno invece capo a funzionari dell’Ente Locale oppure all’imprenditore.
Questa è la mia diagnosi: “troppa politica” locale nella gestione pubblica e privata che riguarda le Terme. Troppo interessata ad affidamenti, lavori, forniture e assunzioni. Non va bene.

La politica locale, provinciale e regionale hanno semmai un altro compito.
Quello si sedersi attorno a un tavolo e fare un ragionamento complessivo che riguarda la zona termale. Fare un’analisi e quindi una programmazione per potenziare e valorizzare al meglio il compendio di Santa Maria Aquas, avvalendosi di esperti e architetti di spessore.
Deve occuparsi di marketing turistico pubblico, ossia rendere attrattivo il territorio.
Non ha il compito invece di occuparsi della gestione delle singole strutture ricettive.
Il “pubblico” non deve fare impresa, ma deve piuttosto creare le condizioni per farla insediare all’interno di un disegno complessivo di sviluppo.

Il compito di noi amministratori è quindi quello di definire il quadro organico degli obiettivi e delle regole che permettono di raggiungere gli stessi.
Bisogna lasciar stare aggiudicazioni, lavori, forniture e assunzioni.
Lasciamo che il privato, che rispetta le regole, faccia il suo mestiere senza interferenze, nella speranza che il privato non chieda “piaceri” alla politica. Solo in questo modo si esce dall’empasse.
Il resto sono scorciatoie che non porteranno da nessuna parte.

Peppe Garau

Leggi tutto l'articolo

lunedì 25 ottobre 2010

Sardara, amministrative 2011. Il paese ad un bivio.

A pochi mesi dalle elezioni amministrative, i Partiti che si riconoscono nel centro-sinistra hanno avviato una discussione pubblica sul futuro del paese, anche alla luce dei gravi errori politici e amministrativi commessi dal centro-destra in questi ultimi cinque anni.
L’elenco è lungo (e ormai noto) ed è opinione diffusa che tale eredità negativa sarà una pesante palla al piede che rallenterà l’azione della prossima amministrazione comunale.
L’impressione oggi è che i sardaresi abbiano una gran fretta di cambiare rotta (e amministrazione), tanto diffuso è lo scontento, che riguarda ormai tutti gli ambiti dell’attività amministrativa.
Se l’impressione è giusta, i Partiti del centro-sinistra non devono far altro che mettersi al lavoro per compilare un programma realistico e dettagliato e cominciare a pensare alla composizione di un gruppo coeso e omogeneo che si dovrà occupare di amministrare il Comune nei prossimi cinque anni.
Tutto semplice? Si e no, viste alcune osservazioni e qualche perplessità espressa nel dibattito pubblico e anche su questo blog.
In effetti, rispetto a cinque anni fa, ci sono alcuni fatti nuovi che impongono qualche (urgente) riflessione.
Se da un lato, l’aggregazione di centro-sinistra che si prospetta sembra più composita (nel 2006 alcuni partiti neppure esistevano, compreso il più importante, il Partito Democratico, fondato nell’ ottobre del 2007), dall’altro la composizione del Consiglio e della Giunta saranno diversi: oggi sedici consiglieri e sei assessori mentre del 2011 saranno rispettivamente tredici e quattro (sempre che il Consiglio Regionale non approvi la proposta di Legge, che è già stata presentata, per lasciare le cose come stanno).
Una situazione nuova, da cui deriverebbe una riduzione degli spazi di rappresentanza politica. Una situazione che si colloca all’interno di un quadro locale che vede drasticamente aumentata la distanza tra amministratori e cittadini, aggravando il già difficile rapporto esistente a livello generale tra i cittadini-elettori, i politici e le istituzioni.
Infine, il dibattito sta ponendo (con una certa insistenza) un accento particolare sulla questione del rinnovamento, dei giovani da (non) mandare allo sbaraglio, la scelta di ‘coraggiosi’ disposti ad affrontare in prima linea una situazione amministrativa particolarmente difficile, ecc.
Tutte questioni che qualche problema effettivamente lo pongono.
Ma per contribuire a risolvere problemi nuovi ci vogliono idee e proposte nuove, e qualche spunto è già emerso nei dibattiti e negli scritti.
Finora si è parlato di tavoli di discussione ‘allargati’, cioè composti dai rappresentanti di tutti i partiti, in opposizione a tavolini ‘ristretti’ a cui siedono in pochi (c’è chi li ha definiti, con un brutto termine, ‘capi-bastone’…).
Ma tavoli e tavolini per decidere cosa?
Se è per scrivere un programma serio e realistico è certamente una buona idea.
Se è per decidere la composizione di giunta, consiglio e Sindaco non è per niente una buona idea.
Già basta una certa terminologia (che è forma ma anche sostanza), per richiamare alcuni vecchi metodi (e vizi) della politica che la gente ha da tempo ripudiato e che sono la causa dell’astensionismo e della sfiducia crescente verso i politici e le istituzioni, che contrastano con la dichiarata volontà dei Partiti di rinnovarsi e di individuare nuovi metodi di partecipazione.
Sono più convincenti gli inviti di alcuni giovani, quelli che chiedono di guardare avanti e che propongono una politica nuova, quando questo termine non significa semplicemente una questione di solo ricambio generazionale.
La buona notizia è che più d’una di queste voci proviene proprio dalle fila del Partito Democratico, il mio partito.
C’è da esserne fieri perché una politica ‘nuova’, quella che ci chiedono con forza i cittadini (ma soprattutto i nostri elettori) ben si addice ad un partito ‘nuovo’ quale è il P.D.
E allora c’è da attendersi che proprio il P.D., saprà far proprie queste istanze cominciando proprio dagli impegni che lo attendono in vista delle prossime elezioni amministrative.
Un ulteriore sostegno a questa esigenza di rinnovamento può venire dalla disamina di uno di quei tentativi di innovare la politica in Italia che è stata con la riforma dell’elezione dei Sindaci del 1993.
Fino al 1993 il Sindaco era eletto dal Consiglio Comunale e poteva essere sostituito in qualunque momento da una nuova maggioranza (e ciò era spesso causa di instabilità).
Dal 1993 in poi il Sindaco viene invece eletto direttamente dai cittadini, cosa che gli conferisce ampi poteri ed una maggiore autorevolezza. Egli nomina gli assessori e il vice-sindaco e se decade per qualunque motivo, non può essere sostituito e la parola passa agli elettori.
E, in effetti, da allora è aumentata la stabilità delle amministrazioni locali.
Però la volontà del Legislatore era chiara: far scegliere il Sindaco ai cittadini rafforzandone il ruolo al fine di rendere più stabili le amministrazioni di Comuni e Province.
Tutto bene, quindi? Non proprio. Si può dire che l’obbiettivo è stato raggiunto, ma solo a metà.
Infatti l’elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti delle Province è stata in parte vanificata dal momento che i cittadini fino ad oggi non hanno potuto scegliere se non l’unico nome proposto dalla coalizione, quasi mai individuato con metodi democratici (così che resta il dubbio che si possa ancora parlare di ‘elezione diretta’…).
E ciò perchè i partiti non hanno mai voluto rinunciare alle vecchie pratiche fatte anche di accordi e compromessi (non sempre comprensibili e tantomeno trasparenti), che sono la causa di molti mali e spesso della instabilità di molte pubbliche amministrazioni (basta guardare a quanto accade in questi giorni alla giunta Cappellacci).
Ecco perché servono, anzi urgono, politiche nuove.
Che fare?
Forse la soluzione è più a portata di mano di quanto sembra e si trova nelle stesse basi costitutive del Partito Democratico, ossia lo strumento delle elezioni primarie.
Un metodo nato non per dirimere le controversie interne ai partiti (qualche volta si..) ma per aprire il partito democratico (e la politica in genere) ad una vera, autentica partecipazione democratica , soprattutto in occasione della individuazione delle più importanti cariche istituzionali.
Ad un candidato sindaco scelto con le primarie (con il contributo degli elettori di tutti i partiti della coalizione) e successivamente eletto direttamente dai cittadini si potrebbe (e si dovrebbe) attribuire l’intera responsabilità di nominare i propri collaboratori (gli assessori) senza necessariamente passare attraverso una trattativa (ne preventiva ne successiva) vecchio stile tra i vari partiti, anche se il Sindaco, una volta eletto, dovrebbe tenere conto dell’apporto elettorale dato da ciascun Partito, non con criteri rigidi dovuti al consenso ottenuto, ma alla competenza posseduta in relazione all’incarico da ricoprire..
Ma deve trattarsi di primarie vere, estese a tutti i cittadini, in modo da sottrarre ai partiti la scelta del candidato e trasferire questa potestà ai cittadini-elettori del centro-sinistra.
Tale ragionamento andrebbe esteso , ovviamente, in qualunque ipotesi che presenti più candidati, sia che appartengano allo stesso partito che a partiti diversi, (altrimenti che primarie sarebbero?), Più chiaramente, se uno stesso partito dovesse esprimere più di una candidatura, ad essere chiamati ad esprimersi non sarebbero i soli elettori di quel partito e tantomeno i tesserati dello stesso partito, ma sempre e comunque tutti i cittadini che intendessero esprimere la propria opinione.
Si conseguirebbero così una serie di risultati positivi.
In primo luogo la massima apertura democratica ed una reale partecipazione dei cittadini alle scelte fondamentali per la comunità.
Una sicura garanzia di stabilità per l’intera durata del mandato elettorale.
Il superamento dei problemi posti in ordine al rinnovamento, alla riproposizione di candidati più esperti e navigati (e nessuno avrebbe nulla da eccepire, perché sarebbe la gente a scegliere).
E poi, in fin dei conti, non è proprio questo che gli elettori ci chiedono, inascoltati, da troppo tempo? Non è forse l’assenza di nuovi strumenti di democrazia che allontana la gente dalle urne, proprio perché considera il proprio ruolo di elettore ininfluente ai fini delle scelte?
Allora bisogna crederci e dobbiamo provare a dare ai sardaresi l’opportunità di una nuova esperienza di vita democratica.
In questo senso, nel 2011 il paese si troverà ad un bivio: un nuovo corso fatto di partecipazione e democrazia o un ritorno alla vecchia politica.
Roberto Montisci

Leggi tutto l'articolo

giovedì 21 ottobre 2010

La centralità politica del lavoro

Pubblichiamo l'articolo di Massimo D'Alema pubblicato sul numero 4/2010 del bimestrale Italianieuropei.
"Parlare di lavoro in questo autunno in cui la crisi economica sembra lasciare spazio ai primi timidi segnali di ripresa significa ancora discutere della sua mancanza, del lavoro che non c’è. I dati che riguardano questo aspetto della crisi, del resto, sono impressionanti. Nell’Unione europea, solo nel 2009, sono andati persi circa quattro milioni di posti di lavoro, mentre nel nostro paese, nel periodo aprile 2008-luglio 2010, il numero di occupati si è ridotto di circa 670.000 unità. A fine 2009, in Italia si contavano più di due milioni di disoccupati, a cui vanno aggiunte le diverse migliaia di lavoratori a rischio di cassa integrazione o mobilità. Dietro la freddezza di questi numeri si nascondono drammi personali e familiari di cui la cronaca rende solo marginalmente testimonianza. Siamo di fronte a quella che credo vada definita la più grave emergenza sociale dei nostri giorni. Non solo perché individui e, a volte, interi nuclei familiari vengono così privati di un’indispensabile fonte di reddito, ma anche perché viene loro a mancare una imprescindibile dimensione esistenziale.Questo quadro dalle tinte già fosche si incupisce ancora di più se, distogliendo lo sguardo da coloro che un’occupazione non ce l’hanno, ci soffermiamo su chi, invece, ha un lavoro precario e vive quindi in una permanente condizione di incertezza per il futuro. Si tratta, anche in questo caso, di una fetta considerevole di lavoratori che, lungi dallo sperimentare le conseguenze di quel processo di “liberazione” del lavoro e del lavoratore che il superamento del fordismo e del taylorismo promettevano, subiscono invece gli effetti del progressivo deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro di cui siamo stati testimoni negli ultimi due decenni.È la prima volta nella storia dell’uomo che abbiamo di fronte una generazione che rischia di vivere nell’insicurezza, nell’assenza di certezza, e che è costretta a fare del precariato la sua unica forma di impegno lavorativo. Il lavoro è infatti spesso vissuto, quando c’è, come una forma di sfruttamento che genera insoddisfazione e precarietà. Ciò è vero soprattutto per le nuove generazioni, che sperimentano in prima persona e drammaticamente i fenomeni della disoccupazione e dell’inattività, della precarietà o del sottoinquadramento, che colpisce circa il 30% dei giovani occupati e che testimonia dell’incapacità del sistema economico di valorizzare il capitale umano che ha a disposizione, scoraggiando i lavoratori più istruiti, che dovrebbero essere invece l’elemento su cui costruire processi virtuosi di promozione dell’innovazione e della competitività.Per la prima volta ci troviamo di fronte ad una generazione che rischia di vivere nell’insicurezza lavorativa ed esistenziale, che non riesce, in mancanza di un elemento essenziale quale un reddito sicuro su cui fare affidamento, a programmare (a volte anche a immaginare) il suo futuro. Parlare di lavoro non vuol dire interessarsi soltanto di un problema economico, ma pensare al futuro dei nostri figli.Porsi il problema del lavoro significa pertanto, in primo luogo, occuparsi della sua dimensione quantitativa, e quindi definire le misure economiche che, attraverso il rilancio dell’economia e delle attività produttive, possano creare nuove opportunità occupazionali per i giovani, per le donne, per chi vive nel Meridione d’Italia, per chi non è riuscito a sottrarsi alla trappola del lavoro irregolare, per tutti coloro che attualmente sono esclusi o rischiano di rimanere esclusi dal mondo del lavoro. Significa però, non secondariamente, interrogarsi sulla qualità dell’occupazione che si spera verrà generata dalla ripresa economica. Invece, la questione della conservazione e della creazione di posti di lavoro viene attualmente declinata nel nostro paese (e purtroppo non solo da noi) nei termini di un’equazione a somma zero fra occupazione e diritti, come se a maggiore lavoro dovessero necessariamente corrispondere minori tutele.Questa visione ha il difetto di non interrogarsi su diversi altri elementi fondamentali di ogni analisi delle dinamiche del processo produttivo quali la valorizzazione del capitale umano, l’incremento della produttività del lavoro, l’incidenza del costo del lavoro sul prodotto finale, i fattori di innovazione di processo e di prodotto.Alla crisi di un modello di produzione industriale quale quella che il nostro sistema economico sta vivendo vengono proposte soluzioni basate sulla delocalizzazione verso contesti caratterizzati da un più basso costo del lavoro o, in alternativa, sul peggioramento delle condizioni di lavoro e salariali nel nostro paese, secondo un processo di livellamento verso il basso che è la negazione stessa di ogni interpretazione virtuosa del processo di mondializzazione. Spingendo all’estremo questo approccio – mi sia concessa la provocazione – si potrebbe addirittura arrivare a considerare il ricorso al lavoro nero e irregolare, quello per definizione con minori diritti, come la via più efficace per creare occupazione, o a teorizzare la stessa inutilità (o dannosità) del sindacato e di qualsiasi elemento di mediazione nel mercato del lavoro. Il dibatto politico, in questo inizio d’autunno così frenetico, sembra non cogliere la gravità dell’emergenza, vittima com’è della conseguenza ultima di quel processo di rottura del nesso tra soggettività politica e lavoro che segna oggi la crisi dell’intera sinistra europea. Viviamo infatti in un tempo in cui il lavoro non costituisce più il terreno principale dello scontro politico, rimettendo così in discussione la missione stessa della sinistra, che non trova più nel lavoro il luogo fondativo della sua soggettività politica, tanto dal punto di vista pratico quanto da quello teorico.Una autentica forza riformista dovrebbe invece non solo, semplicemente, ricominciare ad interessarsi delle problematiche del lavoro, ma dovrebbe anche, a questo proposito, essere in grado di compiere una riflessione capace di leggere le dinamiche sociali, economiche e politiche della contemporaneità, di comprendere quanto di nuovo c’è nel mondo che abbiamo di fronte, senza indulgere in risposte basate su scelte puramente difensive, ma soprattutto senza sottrarsi alla sfida di pensare ad un sistema economico in grado di produrre ricchezza attraverso la valorizzazione del lavoro e non attraverso il suo depauperamento.Di fronte a problemi che investono la trasformazione del mercato del lavoro, ma che riguardano anche la dignità dell’individuo, le sue prospettive future, la sua collocazione sociale, per non dire delle ripercussioni sulla vivacità della vita democratica, sarebbe necessario promuovere una riflessione che eviti di cadere ancora nell’errore dell’analisi settoriale (economica, giuslavoristica o sociologica che sia) per guardare invece al problema nella sua complessità e nella ricchezza delle sue intersezioni, come solo la migliore politica sa fare. In questo mondo del lavoro multiforme e frammentato gli interlocutori di riferimento della sinistra sono stati, fino ad oggi, solo una determinata parte dei lavoratori: ciò che residua del vecchio lavoro fordista-taylorista. Il rapporto esclusivo con questa parte rischia di diventare un ostacolo sulla strada della costruzione di legami con i soggetti più sfruttati e socialmente emarginati del mondo del lavoro. Ripensare il rapporto con il lavoro nella sua complessità richiede alla sinistra la pazienza e l’umiltà di calarsi in quel mondo, riducendo le disuguaglianze, ampliando il campo dei diritti, ridefinendo caratteri e obiettivi dello Stato sociale, immaginando un sistema di protezione universalistico e contrastando le derive corporative. Si tratta di uno sforzo complesso, che richiede la capacità di misurarsi con le contraddizioni che attraversano il nostro campo, ma senza il quale non si ricostruisce il rapporto tra la sinistra e i lavoratori.Ridare centralità al problema del lavoro e alle sue conflittualità e offrire rappresentanza politica al lavoro nelle sue forme “moderne” come nelle sue forme più tradizionali dovrebbe essere il compito fondamentale di una sinistra che non voglia confinarsi ad un ruolo minoritario o rassegnarsi di fronte ad una realtà che vede progressivamente spostarsi a destra la rappresentanza delle forze produttive.Il ventennio che abbiamo alle spalle è stato segnato da un’egemonia neoliberista che ha portato con sé l’impoverimento del lavoro e una progressiva spoliazione del lavoro dai diritti. Il lavoro è stato nuovamente ridotto a merce, nel senso che in questo processo è stata in parte smantellata quell’opera di demercificazione del lavoro compiuta in un secolo di storia europea. E ora che l’Europa sta perdendo una parte dei suoi privilegi e scarica il costo di questo arretramento sul mondo del lavoro, a pagarne il prezzo non è l’Europa nel suo insieme, ma solo una parte di essa, come dimostrano gli impressionanti dati sulla crescita delle disuguaglianze sociali negli ultimi quindici anni. È come se di fronte alla globalizzazione ci fossero due Europe: da un lato quella della grande finanza, che si arricchisce del lavoro di chi non è europeo, globalizzando la sua capacità di estrarre plusvalore dal lavoro; dall’altro l’Europa del lavoro, che paga l’intero prezzo del mutamento dei rapporti di forza mondiali.Una sinistra che non voglia arretrare a ruolo di minoranza etica, espressione del ceto medio riflessivo, ma che voglia invece riappropriarsi, sottraendone il monopolio alla destra conservatrice, delle istanze del mondo del lavoro e dell’impresa più minacciati dalla concorrenza internazionale dovrebbe poter offrire uno sbocco diverso a quelle paure che la destra cavalca in chiave antiglobale, di difesa e di chiusura.Per questa ragione è necessario uno sforzo per rimettere radici nei conflitti sociali nella loro complessità. Non penso di andare alla ricerca di un rapporto di tipo ideologico tra il lavoro e la politica. Penso invece alla necessità di rimettere i piedi nelle linee di frattura che attraversano il campo del lavoro: il conflitto tra garantiti e non garantiti, tra autoctoni e immigrati, tra vecchi e giovani, tra uomini e donne, per ricostruire un nesso di solidarietà. La riduzione delle disuguaglianze non è, infatti, un dato naturale, ma passa attraverso un riformismo intelligente e innovativo.Siamo di fronte a una questione cruciale per le nostre democrazie, che riguarda la loro capacità di mediare tra diversi interessi regolando i conflitti. Il fatto che il 15% della forza lavoro di questo paese non abbia diritti politici non è soltanto un problema che riguarda gli immigrati, ma il pericolo di impoverimento della nostra democrazia, che rischia di diventare sempre più elitaria e censuaria, fondata sui metechi, sugli schiavi: la polis nel senso regressivo del termine. Il fatto che il 15% della forza lavoro sia privo di diritti di cittadinanza significa che la gran parte delle donne che svolgono lavori domestici, fondamentali alla tenuta dell’organizzazione sociale, non hanno diritti politici; che moltissimi degli operai che svolgono mansioni negli strati più bassi del lavoro manuale, i braccianti agricoli, i lavoratori delle fonderie e delle concerie, non hanno diritto di voto; che il 10% del PIL non ha diritto di voto. Questo è un problema che non investe soltanto la condizione soggettiva dell’immigrato, ma riguarda la struttura stessa della nostra democrazia e rischia di indurre un’alterazione molto profonda. Il rapporto tra lavoro e politica, il nesso fra lavoro e democrazia ha in questo nodo un punto di crisi drammatico. È preoccupante non vedere un’azione all’altezza della enormità di questa questione.Ritengo che il problema del lavoro debba essere il primo punto di una riflessione politica e di un programma di governo riformista. Non si tratta di andare alla ricerca di un rapporto di tipo ideologico tra il lavoro e la politica, quanto di penetrare nelle linee di frattura che attraversano il campo del lavoro: il conflitto tra garantiti e non garantiti, tra autoctoni e immigrati, tra vecchi e giovani, tra uomini e donne, per ricostruire un nesso di solidarietà. La riduzione delle disuguaglianze non è, infatti, un dato naturale, ma passa attraverso un riformismo intelligente e innovativo.Se per una lunga fase il lavoro ha avuto la capacità di dare impulso alla politica della sinistra, oggi è la politica a dover restituire un ruolo e una dignità al lavoro, facendo crescere le ragioni comuni attraverso un’articolazione delle lotte sociali, un mutamento delle strutture contrattuali e un ampliamento della capacità di rappresentanza sindacale. Siamo di fronte ad un’emergenza e ad una serie di sfide di portata epocale: le scelte da compiere e le iniziative da intraprendere sono molte e difficili, ma il problema che abbiamo di fronte è di una gravità tale che sarebbe da irresponsabili eluderlo.È necessario che la sinistra rimetta le radici nel lavoro, per elaborare e farsi portatrice di un concetto più ampio del lavoro in qualche modo liberato dalla sua dimensione tradizionalmente classista: il lavoro come attività umana essenziale non solo ad un progetto di autorealizzazione, ma soprattutto come forma e strumento di partecipazione alla vita civile del paese.Tutto questo dovrebbe inoltre essere filtrato attraverso una chiave di lettura generazionale, poiché ci troviamo oggi di fronte a un drammatico problema di disoccupazione giovanile. In Italia circa due milioni di giovani non studiano né lavorano. Si tratta di un dramma sociale e umano di proporzioni gigantesche e rappresentare questo conflitto è secondo me un compito fondamentale di una sinistra che non voglia soltanto confinarsi nella sua rappresentanza sociale tradizionale.In un bellissimo libro, “La misura dell’anima”, due studiosi inglesi, Kate Pickett e Richard G. Wilkinson, spiegano come non sia la quantità della ricchezza di un paese a generare la felicità, bensì il grado di eguaglianza, di coesione sociale e di civiltà. Da questo punto di vista noi siamo una grande civiltà capace di produrre una qualità della vita straordinaria, facciamo di tale capacità l’anima del nostro continente. Ciò può essere ragione d’orgoglio per gli europei; quell’orgoglio venuto meno ogni volta che, in questi anni, l’Europa si è sentita come un’America mancata e si è lanciata all’inseguimento di quei modelli che hanno portato alla grande crisi. Non vedo il sogno europeo trionfare in America: mi accontenterei che diventasse parte integrante del progetto della sinistra e, per quanto possa apparire molto ambizioso, poiché la forza dei progetti si misura molto prima che si realizzino, vedo questo come uno degli elementi che possono contribuire alla crescita ideale e culturale della sinistra europea. Sarebbe un modo per riappropriarci di un patrimonio, quello del progetto europeo, in cui le forze progressiste del continente, purtroppo, non si sono mai identificate fino in fondo. È compito della politica, della buona politica, indicare le soluzioni migliori ai problemi sociali più gravi e urgenti. Il lavoro è certamente fra questi." Massimo D'Alema

Leggi tutto l'articolo

Lettera dimissioni Assessore Serra

Pubblichiamo la nota relativa alle dimissioni dell'Assessore Vittorio Serra.http://www.novasdisardara.it/dimissioni%20assessore%20serra.pdf

Leggi tutto l'articolo

mercoledì 20 ottobre 2010

Ecco cosa rimane delle “Nuove Iniziative”

Siamo ormai al termine della legislatura. E’ arrivato quindi il momento di fare alcune considerazioni sull’operato di questa amministrazione.
Una legislatura ricca di attese e di aspettative. Soprattutto per due ordini di motivi: i protagonisti e un nuovo modo di amministrare. Una lista guidata da un Sindaco che per dieci anni è stato consigliere di minoranza, una lista che doveva rappresentare quella cultura politica che ha coniato lo slogan del “governo del fare”.
Un programma elettorale all’insegna della trasparenza, della legalità, della rottura rispetto al passato delle sinistre, delle nuove iniziative capaci di ridare slancio al paese definito…morto!
A loro l’oneroso compito di ridargli vita.

Invece, sin dall’inizio ho avuto l’impressione che la maggioranza abbia cercato di sopperire alla mancanza di una progettualità complessiva, effettuando scelte contingenti, non coordinate e che talvolta avvenivano su impulso esterno.
Ci si è rimessi alle istanze provenienti dai privati, oppure alla possibilità di partecipare a qualche bando per ottenere un finanziamento. Non mi sembra che ci sia stata una programmazione a monte, individuando obiettivi, priorità e risorse, quanto piuttosto l’idea che fosse sufficiente allargare le maglie per far insediare le “nuove iniziative”. La valutazione delle stesse iniziative doveva rappresentare solo l’iter conclusivo del percorso. Una sorta di “lasciamo fare”, di carta libera, poi si vedrà…

Una concezione e un’impostazione dello sviluppo del paese fondata su una costante: l’utilizzo improprio del territorio e del patrimonio comunale.
Costruire, vendere, acquisire, tutta l’azione amministrativa è stata improntata da questa frenesia che ricorda più un’agenzia immobiliare che un Ente Locale.
Non mi dilungo oltre, voglio portare all’attenzione dei lettori il cosa rimane dopo quasi cinque anni. Ecco una sintesi delle “nuove iniziative”.

Rimane un PIP (la zona artigianale) in buona parte infrastrutturato ma con poche imprese, mentre nelle assemblee pubbliche il Sindaco ostentava decine e decine di imprenditori pronti a investire non appena fosse cambiata la Giunta. Invece, buona parte delle imprese oggi insediate avevano già presentato domanda nella passata legislatura.
Rimane fortunatamente solo il progetto di un parco eolico bloccato dalle inchieste che hanno visto coinvolto il Governatore della Sardegna, i vertici della PDL e noti faccendieri. In quel momento il vento ha smesso di soffiare anche in paese.
La bocciatura da parte della Regione e della Provincia ha poi sventato il tentativo di edificare la fascia lungo la strada provinciale per le Terme. Nelle carte della variante al piano urbanistico comunale si parlava impropriamente, ma volutamente, di “albergo diffuso”, tipologia di struttura ricettiva che secondo la definizione normativa può essere edificata solo nei centri abitati. E’ stata così evitata una striscia costituita da bungalows e villette.
Rimane, per ora, la vendita di un terreno comunale in prossimità della struttura alberghiera, precedentemente espropriato per fini di interesse generale, che costituisce l’ultimo colpa di coda rispetto all’idea iniziale della “cittadella termale”. Vendita che prevede la possibilità di rivendere.
Peccato che in questo modo l’Ente Locale abdica completamente al suo ruolo di programmazione urbanistica e di sviluppo per rimettersi completamente agli interessi, seppur legittimi, di singoli privati. Mi sembra così banale ribadire che l’interesse collettivo non necessariamente coincide con l’interesse di un privato, giova comunque ricordarlo.
Abbiamo venduto un terreno ma abbiamo “acquisito” alcuni chilometri della SS 131: un vero affare. D’ora in poi le manutenzioni ordinarie e straordinarie saranno a carico del bilancio comunale! Per non parlare dello smaltimento dei rifiuti speciali connessi.
Nel centro abitato, sono riusciti nell’impresa di ampliare il perimetro (il centro matrice) disciplinato dalle norme del centro storico, e tuttavia queste norme sono di fatto disapplicate ovunque. “Ciascuno è padrone in casa propria”, recitava uno slogan del presidente.
E per finire la chicca che riguarda le Terme. Problemi con tutti: vecchi e nuovi gestori. Non andava bene il vecchio gestore: è un furbacchione che “prende” risorse comunali. Un prenditore insomma. All’insegna del “ci pensiamo noi”, ghe pensi mì, ecco un nuovo imprenditore e un bel cantiere abusivo in una proprietà comunale. Zero progetti, zero autorizzazioni, zero piani di sicurezza. In compenso tanto lavoro irregolare e “stecche” alle imprese.
Risultato: struttura chiusa, lavoratori a casa, fornitori da pagare e un possibile contenzioso con il nuovo gestore. Nell’insieme questa operazione costerà alla collettività di Sardara la stessa cifra (un milione di euro) spesa nella legislatura precedente.

Tanto tuonò che…piovve!

Peppe Garau
Gruppo consiliare del Partito Democratico per Sardara

Leggi tutto l'articolo

martedì 19 ottobre 2010

SARDARA - PROSPETTIVE DELLA COLTIVAZIONE DEL GRANO IN FUNZIONE DELL’ANDAMENTO DEI MERCATI DEI PRODOTTI DERIVATI

“Su trigu Ariseu oi e cras” con molta carne al fuoco nel convegno della Pro Loco. Tutti gli interventi sullo stato del comparto agroalimentare sono stati unanimi nel sentenziare la crisi terribile che non lascia intravedere “su cras” nel settore. Frantumazione delle aziende che non reggono la concorrenza. Lentezza di burocrazia. Speculatori che fanno crollare i prezzi. Strapotere degli industriali rispetto ai produttori. Errato approccio della politica al comparto malato di assistenzialismo. Gravi responsabilità delle assoc. di categoria. Un comparto che oggi incide poco sul PIL sardo nonostante l’eccellenza del nostro ambiente.
Produciamo amaretti con mandorle portoghesi, salsicce con carne olandese, pasta con grano russo… Malgrado produttori degli oli d’oliva più importanti d’Italia, il 90% di quello che consumiamo è extra-comunitario e non vergine di Sardegna. Buona parte del pescato proviene da fuori (ma non abbiamo il mare intorno?). Maialetti provenienti dal Portogallo spacciati per sardi. Cooperative di produttori di pecorino senza canali di commercializzazione e quindi enormi giacenze. Il 20% di tutto il pane arriva dal continente grazie ai centri commerciali dispensatori di baguettes e di altro pane fresco di surgelatore, precotto di dubbia qualità, pronto per le bocche dei sardi sempre generosi verso le economie straniere.
Produciamo solo il 20% di ciò che consumiamo! E’ questa la cifra della estrema gravità della situazione. Produciamo poco e di questo non consumiamo quasi nulla. Per l’acqua basta vedere quella che ci propinano ristoratori e macchinette selfservice. Meno male che l’aria …
Cosa mai si potrà fare quando alle suddette situazioni si aggiungono quelle legate alla assoluta mancanza di consapevolezza degli operatori turistico-alberghieri e ristoratori che non ci fanno trovare i nostri prodotti sulle tavole. Che fare se nei menù troviamo spesso le trenette al salmone, la pasta sempre con il parmigiano, verdure e persino il prezzemolo che provengono da fuori e non il pecorino, su pane carasau e fratau, ecc. Nei molti villaggi turistici e costa smeralda non si mangia sardo, alla Metro di CA che rifornisce buona parte dei ristoranti del territorio spesso non si trovano prodotti made in Sardinia. Aggiungiamo che in molti casi nei capitolati di appalto per la forniture nelle mense scolastiche i comuni prevedono l’uso del parmigiano: i produttori parmensi naturalmente ringraziano aggiungendo che però non è il caso… Che fare se mugnai e agricoltori produttori di grano/consorzi agrari non si parlano e questi ultimi producono qualità non richieste dal mercato? Cosa mai si potrà fare se il presidente della camera di commercio di CA si vergogna della scuola alberghiera del territorio che non insegna ai futuri operatori del settore la conoscenza dei prodotti locali, indottrinati magari all’uso esclusivo di parmigiano, lasagne, tortellini, anatre all’arancia, salmone, ecc.? Altro esempio di scuola straniera? Certo che con la più alta concentrazione di centri commerciali e McDonald d’Italia volete che ci facciamo mancare il Drive-In?
Non sono situazioni da paese normale. Ci deve essere una qualche ragione di fondo che fa scaturire tutto ciò!
Il capo di Gabinetto dell’ass. reg. agric. parla di “Popolo confuso nella sua visione di insieme del meccanismo economico e sociale” e di “insipienza politica”.
Ci chiediamo se ciò non sia opera di un qualche virus del ceppo del masochismo più deleterio che si trasmette perché trova il giusto humus nella assoluta mancanza di coscienza dei sardi. Si può fare qualcosa per ripristinare un livello normale di consapevolezza anche nella nostra provincia vittima per esempio dello slogan disgraziato “mangia come parli” elaborato da maghi del marketing “stranieri” che ignorano perfino le lingue parlate nella nostra terra? Considerato quel livello e non ritenendo possibile il più adeguato “papa cumenti fueddas” si potrebbe ripiegare su “compra nella tua valle e il tuo paese vivrà”. Quest’ultimo slogan può sintetizzare ciò che tutti i relatori hanno sostenuto e che noi semplici cittadini possiamo seguire già da subito per arginare la drammatica situazione. Peccato che per poter attecchire un simile messaggio abbia bisogno di un senso di appartenenza alla nostra terra che non abbiamo. Sentimenti che solo un’adeguata educazione possono trasmettere e non certo quella che subiamo dagli istituti (dis)educativi: ludoteche, tv, e in primis da una scuola di fatto “straniera”, andate a vedervi programmi e testi scolastici.
Un consiglio gratuito: quando i ristoratori di casa nostra ci propongono menù, pane e bibite made in su corru de sa furca, trattiamoli male e magari andiamocene!
Alcuni importantissimi provvedimenti sono stati proposti: commercio a km zero; creazione di associazioni di produttori per bilanciare lo strapotere degli industriali che oggi decidono i prezzi; certificazione di qualità dei prodotti e allargare i contratti di filiera; il progetto “vivere la campagna” della nostra provincia. Produzione di energia nelle aziende e acqua a basso costo… Ben poca cosa rispetto alla gravità della situazione.
In una terra a grande vocazione turistica alle strutture ricettive alberghiere dobbiamo imporre anche il nostro prodotto visto che esse vivono nel NOSTRO e grazie alla bellezza del NOSTRO territorio. Abbiamo volontà, sovranità e capacità adeguata a casa nostra? O non è casa nostra?
Un popolo che non produce nulla è destinato a scomparire. E’ ciò che sta già accadendo con abbandono di campagne, paesi dell’interno e prepotente ripresa dell’emigrazione. Meno male che con facebook potremo sempre creare il gruppo del “popolo” sardo virtuale. Fra pochi anni dagli attuali 1,6 passeremo a 1,3 milioni, saremo come una tzìpula: la terra col buco in mezzo, marigosa perou; si, il buco determinato dalla cecità della nostra classe politica espressione di un popolo al quale è stata operata una lobotomia cerebrale con totale asportazione della coscienza opera di un’educazione anche scolastica tutta tesa alla totale rimozione della nostra specificità culturale. L’equazione dipendenza culturale = dipendenza economica è sempre valida. E’ necessario dunque invertire la rotta, il recente dibattito in consiglio regionale sui temi della sovranità e statuto fa ben sperare. Ma non drammatizziamo, in palio c’è solo il futuro di questa terra e dei nostri figli.
Un convegno da non perdere
http://www.bibliotecadisangavino.net/index.php?option=com_content&view=article&id=626:su-trigu-ariseu-oi-e-cras&catid=33:chistionai&Itemid=54


Giampaolo Pisu

Leggi tutto l'articolo

sabato 16 ottobre 2010

Lo spezzatino della maggioranza e la politica "ad personam"

Così come evidenziato a suo tempo, la costituzione del gruppo consiliare del P.D.L. ha rappresentato solo il primo tassello di una crisi che inizia a percepirsi con nitidezza. Che il momento non fosse tra i più favorevoli per la maggioranza si è percepito in consiglio comunale dove aldilà della fiducia di facciata espressa al sindaco, gran parte dei consiglieri e degli assessori si muove ormai in ordine sparso (ognuno pro domo sua) in un clima di resa dei conti finale. Ora però il malessere si acuisce ulteriormente e si concretizza attraverso le dimissioni dell'assessore all'agricoltura,certamente uno fra i più polemici nei confronti dell'operato del sindaco e dell'attuale V.Sindaco. Le motivazioni adotte dallo stesso e formalizzate con comunicazione ufficiale (prot. n.0010800 del 1171072010) evidenziano ancora una volta l'incapacità da parte della maggioranza di procedere nelle scelte attraverso processi di partecipazione democratica. Sempre dalla comunicazione emergerebbe tra le altre cose che il sindaco si sia attivato per promuovere petizioni popolari attinenti alle deleghe assegnate all'assessore ad insaputa dello stesso. Un apparente paradosso se si pensa ad un operazione che il sindaco avrebbe dovuto gestire in piena sinergia con il suo assessore ma che invece è sfociata in una plateale polemica contro un membro del suo esecutivo e quindi anche contro se stesso. In realtà é questo un atteggiamento solo in apparenza inspiegabile volto al logoramento e all'indebolimento dello stesso assessore reo probabilmente di non rispondere a logiche meramente servili. Sulla base di ciò appare più chiara anche la rinuncia da parte dell'amministrazione al cofinanziamento relativo al risparmio energetico e sul cui bando portato avanti dall'assessore sembrerebbe essere venuta meno la volontà politica. Tutto questo sebbene di estema gravità non deve comunque stupire visto la già manifestata ritrosia del Primo cittadino verso il confronto e la discussione e l'incapacità dimostrata in questi anni nel rispondere politicamente e democraticamente a qualunque forma di dissenso. In questi anni inoltre il suo agire e quello di gran parte della giunta si è caratterizzato per il sistematico perseguimento di scelte funzionali al soddisfacimento di interssi individuali e non certo collettivi. E' un modello profondamente sbagliato perchè si fonda su presupposti sbagliati. Si parte cioè da esigenze personali e in relazione ad esse si costituiscono schemi certamente redditizi per i singoli richiedenti ma dai benefici inadeguati per la comunità. Un processo pericoloso perchè introduce il concetto di discrezionalità ledendo il principio di uguaglianza e dando facoltà all'amministrazione di suddividire i cittadini tra buoni e cattivi. E' con queste logiche che si è proceduto a vendere i terreni comunali ubicati nel compendio termale così come si è proceduto analogamente per la bozza di convenzione relativa alla monetizzazione dei parcheggi per le attività commerciali. Un operazione quest'ultima costruita a tavolino per favorire amici e parenti. Alla luce di ciò occorre ribaltare questa concezione. E' doveroso ripartire da esigenze collettive sostanziate da un sistema di regole oggettive garantendo così pari opportunità fra i cittadini nel perseguimento di interessi certo anche individuali ma nell'ottica di una crescita complessiva dell'intera comunità. E' una battaglia ancora una volta di regole, di legalità, di trasparenza che abbiamo il dovere di perseguire per ripristinare nel paese i giusti canoni di convivenza civile e democratica. Andrea Caddeo http://www.novasdisardara.it/dimissioni%20assessore%20serra.pdf

Leggi tutto l'articolo

venerdì 15 ottobre 2010

LA MONETIZZAZIONE DEI PARCHEGGI


Cos'è la monetizzazione dei parcheggi? Nell'ultima sua ultima riunione il Consiglio comunale si è diviso su questa frase un po' oscura. Sono sorti forti contrasti all'interno della stessa maggioranza e persino della giunta municipale, ma non si è capito bene che cosa effettivamente si voglia fare e come. Il sindaco infatti non è riuscito a spiegarla.
L'unico documento all'attenzione dei consiglieri era lo schema di un contratto, da stipulare e da depositare poi presso l'Ufficio del Registro, per cedere parcheggi adiacenti a esercizi commerciali. Non è stato chiarito a sufficienza che cosa si voglia vendere, se si intenda concedere pezzi di strada o il loro uso, né se si voglia darli ai proprietari degli stabili o agli esercenti. Non è risultato chiaro quanti parcheggi, in quali strade, per quanti anni, per quale tipo di attività commerciale si vorrebbe monetizzare. Né è stato indicato il prezzo della cessione.
Quando un'amministrazione comunale vuole vendere qualcosa, ad esempio un lotto di terreno nei piani per l'edilizia economica e popolare o nei piani per gli insediamenti produttivi, individua con precisione i lotti, stabilisce il prezzo, le condizioni di vendita (in proprietà o in diritto di superficie, l'eventuale rateizzazione ed il tasso di interesse...), i requisiti degli acquirenti...Approva un progetto, un Regolamento apposito e il testo di bando pubblico con lo schema di domanda degli interessati.
Tutti gli enti, compresa la Regione sarda, quando vogliono cedere qualcosa o anche concedere un finanziamento o un contributo, devono rispettare le direttiva dell'Unione europea e le leggi che impongono la pubblicazione di bandi pubblici, la formazione di graduatorie, il rispetto di forme specifiche di pubblicità.
A Sardara chi amministra preferisce tenere le mani libere e assumere decisioni “ad personam”, che possono favorire ora questo ora quello. Per scongiurarlo sarebbe invece auspicabile che il sindaco facesse chiarezza durante la prossima riunione del Consiglio comunale.
Ciò che si è già capito è che la questione ha a che fare col traffico dei veicoli, con la viabilità pubblica e con le attività commerciali. Siccome non si può essere favorevoli o contrari “a prescindere” è opportuno avviare una discussione pubblica, che dia cioè conto ai consiglieri comunali e ai cittadini di tutti gli elementi necessari per decidere bene.
E' vero infatti che a Sardara esiste un problema di parcheggi per gli abitanti e per i clienti di attività commerciali e di servizio. Basta passare in via Umberto per toccarlo con mano. La segnaletica stradale è molto carente e non tiene conto del progressivo intensificarsi del traffico e dall'aumento del numero delle automobili. Il servizio di vigilanza è inesistente e talvolta, specialmente dopo le vicende dell'autovelox, viene da pensare che siano state date direttive politiche per non esercitarla e per non sanzionare chi contravviene. Sono stati collocati molti cartelli che limitano l'orario di sosta, ma sono stati abbandonati a se stessi. La conseguenza è il caos, il disagio ed anche il pericolo per chi frequenta municipio, farmacia, ufficio postale, negozi.
Nella realtà locale cosa significa quindi “monetizzare i parcheggi”? Vuol dire vendere i parcheggi per le auto private dei commercianti o regolarne l'uso per i soli clienti? Chi deve gestire il parcheggio: il negoziante o la polizia urbana? E ancora se dovesse chiudere l'attività commerciale il parcheggio resterebbe in dotazione allo stabile privato? Si può parlare di monetizzazione senza predisporre un piano dei parcheggi individuando il loro numero strada per strada?
Se col piano dei parcheggi fosse acclarata la necessità della monetizzazione per sostenere il settore commerciale a che prezzo sarebbe giusto cederli? Come si vede molti aspetti del problema vanno approfonditi.
Un grande Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, era solito ricordare che occorre “conoscere per deliberare”. Vale anche per il Consiglio comunale di Sardara.

Leggi tutto l'articolo

martedì 12 ottobre 2010

Terme: Un esempio da seguire.

Da circa 10 anni frequento Bagno di Romagna (FC), un piccolo centro termale di circa seimila abitanti dell’appennino Tosco-Romagnolo a circa 500 mt. S.l.m..
Nel centro termale le acque scaturiscono da due sorgenti: la prima dà acqua bicarbonato-alcalina-sulfurea ipertermale (45° C.) e viene utilizzata per bagni, fanghi e grotte, efficace nella cura di malattie vascolari, osteoarticolari e ginecologiche. La seconda è sulfurea fredda (12°C.) e viene usata per terapie inalatorie, nelle patologie respiratorie e otorinolaringoiatriche. Il complesso termale è attrezzato anche per terapie riabilitative ed estetiche. L’economia prevalente è legata al turismo termale. Nel suo territorio vi sono tre alberghi termali che dispongono di circa 700 posti letto che praticano tutte le cure termali dai fanghi alle inalatorie e riabilitative. Tutti convenzionati con S.S.N. INPS, INAIL e Ministero Difesa. Le strutture sono moderne o recentemente restaurate e adeguate, sono aperte tutto l’anno e offrono, oltre ai soggiorni per un ciclo di cure (fangoterapia e bagnoterapia) di due settimane, pacchetti di fine settimana per Beauty Farm, medicina estetica, massaggi, saune, fitness ecc.
Esiste inoltre una rete di alberghi da una a quattro stelle, pensioni, appartamenti e camere in affitto sparsi nel raggio di 10 km quasi tutti finalizzati ad ospitare persone che usufruiscono di prestazioni termali e annessi presso le suddette strutture termali. Come si nota l’offerta è vasta e diversificata, si trovano prezzi per tutte le tasche. In questi anni ho notato un costante miglioramento , sia delle strutture che dell’accoglienza. L’organizzazione e il lavoro in sinergia sono impeccabili. Il tempo libero è occupato da una serie di eventi che offrono piacevoli svaghi ai soggiornanti: Serate danzanti, mostre d’arte, conferenze, concerti, cinema, escursioni in montagna, fiere, sagre ecc., alcune gratuite, altre a pagamento. Esistono anche diversi percorsi pedonali nelle colline circostanti attrezzati per esercizi ginnici e un percorso degli gnomi per i più piccoli. L’area delle terme è collegata alla frazione di S.Piero in Bagno sede municipale con una pista ciclabile e pedonale di circa due km. Il piccolo centro dove sussistono gli alberghi termali è ben curato e pulito. L’organizzazione commerciale è quella tradizionale dei piccoli negozi a conduzione familiare, nessun super o ipermercato. Il mercatino rionale si svolge due volte a settimana.
Il Comune è Bandiera Arancione del T.C. Attualmente non ho dati da confrontare sull’occupazione ma ritengo che sia molto alta, soprattutto nelle attività termali e nell’indotto.
Detto questo mi chiedo: Sardara ha l’acqua termale e un’albergo che pratica le cure termali; tre alberghi (uno purtroppo chiuso), case da affittare che dovrebbero ospitare le persone che non trovano posto nell’albergo termale; il centro storico; l’ambiente; i beni culturali; la Bandiera Arancione . Le basi ci sono tutte, ma lo sviluppo è ancora lontano. Cosa si dovrebbe fare per avvicinare Sardara a Bagno di Romagna? Anzitutto migliorare, ampliare e diversificare l’offerta relativa alle cure e al benessere; curare l’accoglienza mettendo a disposizione del soggiornante più servizi : Trasporti e collegamenti tra Sardara il centro termale e le strutture sanitarie (piste ciclabili e pedonali, servizi automobilistici ecc); fruizione di ambiente, natura e beni culturali con itinerari consigliati finalizzati alla scoperta del territorio; percorsi vita; eventi di arte, cultura, sport, gastronomia, congressi, fiere ecc. Più informazione: Dove dormire, dove mangiare, dove fare shopping, mappe del territorio comunale e circostante con più indicazioni stradali e turistiche.
Per fare tutto questo cosa ci vuole? Anzitutto la consapevolezza delle enormi opportunità di sviluppo economico che offrono le terme (bisogna crederci!!). Coinvolgimento della Provincia e della Regione (in Emilia Romagna le terme sono sponsorizzate e pubblicizzate da Regione e province).
Livio MELIS

Leggi tutto l'articolo

venerdì 8 ottobre 2010

CONFLITTO COMUNE – DENUGHES

Pubblichiamo una lettera trasmessa al Comune dal legale di Cateldoria Salute e Benessere nella quale viene ricostruita la vicenda dell'albergo termale dal punto di vista della società.

Ciascuno potrà farsi un'idea della situazione. E' comunque grave la confusione a cui si è pervenuti ed il fatto che tutto sia ormai in mano agli avvocati, che parlano di danni, risarcimenti, contenziosi... e che stanno già facendo pervenire robuste parcelle, che il Comune sta pagando. Se si fosse seguita la strada della legalità e della trasparenza non saremo a questo punto. Sarebbe bastato tener un po' conto degli allarmi dati dalla minoranza in Consiglio comunale e da Novas. Invece si è preferito aprire un conflitto molto aspro anche con loro. http://www.novasdisardara.it/denughes_avvocato.pdf

Leggi tutto l'articolo

Relazione incontro dibattito P.D. del 02/10/2010

Chi crede veramente nella buona politica non può non provare un motto di sdegno nel guardare allo scenario attuale. Si configura con chiarezza l'immagine desolante di una politica ridotta a mera compravendita, dove tutto ha un prezzo,dove tutto è permesso, dove idealità e progettualità lasciano spazio ad interessi individuali o di gruppi di potere intenti con tutti i mezzi a salvaguardare rendite personali.
Un modello quello berlusconiano che in questi anni ha favorito l'illegalità in dispregio delle leggi,delle regole,delle istituzioni. Un degrado progressivo che ha portato all'imbarbarimento del tessuto sociale e politico. E' un paese il nostro che disperde quell'insieme di valori che si sostanziano attraverso concetti quali "etica" e "moralità" ed in cui emerge con forza una nuova "questione morale", purtroppo non percepita con la giusta consapevolezza e la necessaria severità con la quale andrebbe affrontata. E' questo un governo da cui é difficile dissentire perchè improntato sulla demolizione dell'avversario politico attraverso l'utilizzo della forza devastante dei media di propietà, impegnati continuativamente in campagne di discredito e di diffamazione. Un modo per zittire, per intimorire, per allontanare dall'impegno e dalla partecipazione democratica chi si macchia dell'enorme colpa di pensarla diversamente dal padrone. Una maggioranza di" teatranti" che determina sempre con maggiore nitidezza un solco invalicabile tra il palazzo e la via reale dei cittadini in una società in cui aumentano le disuguaglianze e con esse il malessere e le conflittùalità. A riprova di ciò e in piena contininuità con l'implosione berlusconiana, il centro destra sardo conferma ogni giorno di più la propria inadeguatezza. Mentre la crisi si evidenzia in tutta la sua gravità, mentre i pastori manifestano per rivendicare il diritto ad un lavoro dignitoso, Cappellacci incurante delle criticità ma da buon ragioniere fà di conto nel tentativo di saziare gli appettiti di potere degli alleati recalcitranti. Anche localmente si ritrovano purtroppo gran parte delle distorsioni riscontrate a più livelli. Vi è infatti una questione prettamente concettuale alla base delle scelte fin quì effettuate dagli attuali amministratori. Sin dall'insediamento occorreva cioè dimostrare che tutto quello fatto nelle precedenti legislature fosse sbagliato e per sostanziare ciò si sono imbastite campagne d'odio e di veleni sfociate talvolta in vere e proprie contrapposizioni personali. Ecco quindi che gli avversari si trasformano in nemici e in quanto tali vanno demoliti politicamente e personalmente. Il tutto confezionato con l'ausilio della stampa amica da sempre al servizio di questa maggioranza. Chi amministra dimentica però che l'arroganza, i rancori, l'invidia favoriscono la perdita di lucidità e determinano scelte talvolta inopportune.Incurante di ciò e in simbiosi con i metodi adottati dal governo,il centro destra locale si è dimostrato da subito allergico al confronto nel tentativo di riportare al silenzio le voci considerate scomode. Tentativi esplicitati a volte con le intimidazioni,altre volte con le minacce,fino ad arrivare alle veree proprie diffide. Lo fà forse perchè in questi anni il P.D.in tutte le sue articolazioni ha denunciato POLITICAMENTE l'esigenza di tornare alla legalità e alla trasparenza sulla base di processi virtuosi ed eticamente irreprensibili. Lo fà forse perchè il P.D ha palesato gravi distorsioni emerse durante i lavori svolti all'interno della struttura termale,perchè ha cercato di ostacolare operazioni funzionali a possibili speculazioni edilizie,perchè a suo tempo si è schierato contro l'utilizzo indiscriminato dell'autovelox,in ultimo perchè fermamente contrario dinanzi all'insensibilità della giunta verso quelle categorie che più di tutte avvertono gli effetti della crisi come i disoccupati di lungo corso e i più deboli. Sono stati cancellati infatti i cantieri comunali che rappresentano una delle poche boccate d'ossigeno per i lavoratori in difficoltà e per le loro famiglie, passando di fatto da uno stanziamento di 120.000 € a soli 20.000 €. Non cè traccia inoltre delle decine di attività produttive pronte ad insediarsi nel P.I.P così come più volte sbandierato in campagna elettorale prima e in consiglio comunale poi. Ora a distanza di tempo veniamo a sapere che la giunta attraverso il proprio avvocato di fiducia chiede ai nuovi gestori della struttura alberghiera di conoscere con quali crismi si sono svolti i lavori all'interno della stessa. Ci chiediamo:ma fino ad oggi dov'erano? Ed ancora: In questo modo non confermano la validità delle nostre tesi?(fino ad oggi avversate). Un operazione verità che ha portato il sindaco ad esautorare l'ormai ex Vice Sindaco protagonista di una conduzione amministrativa definita poco"attenta"all'insaputa dello stesso e dell'intera giunta. Una tesi che non convince,volta a trasformare responsabilità comuni in responsabilità individuali e che di fatto ha sancito la nascita del gruppo consiliare del P.D.L., determinando la presenza di due gruppi diversi all'interno della maggioranza e di conseguenza esplicitando formalmente la spaccatura. A fronte di questo quadro a dir poco desolante, ognuno di noi si deve sentir investito di una grande responsabilità. Occorre far ripartire il paese e per farlo bisogna creare i presupposti politico programmatici per arrivare alla prossima competizione elettorale con una proposta credibile e alternativa a questo centro destra. Sarà necessario condividere un progetto, ricostruendo paradigmi comuni innervati di regole, di trasparenza, di legalità.Ilcentro sinistra dovrà essere in grado di superare quelle conflittualità e quelle resistenze culminate con la sconfitta elettorale delle precedenti amministrative. Una sconfitta figlia di un contesto politico profondamente diverso rispetto a quello attuale. Sono cambiate le forze politiche e con esso lo scenario.In questi anni il P.D. ha lavorato per rafforzare ed unire il partito. Ne sono dimostrazione, la costituzione del gruppo unico in consiglio comunale e il buon risultato ottenuto nelle recenti provinciali. Occorre ora delimitare un nuovo perimetro e per farlo ritengo siano maturi i tempi per dichiarare chiusa quella stagione politica. E' necessario pertanto aprire una nuova fase in cui i protagonisti dovranno essere fondamentalmente espressione di questo nuovo contesto.Ci troviamo dinanzi ad un compito difficile. Da una parte presentare una proposta credibile (in termini programmatici ma anche di uomini), dall'altra in caso di vittoria, amministrare il paese. Non sarà facile perchè ci ritroveremo con un'eredità fatta di contenziosi e con delle risorse sempre più limitate se si guarda ai trasferimenti nazionali e regionali. Solo con un gruppo solido e coeso e allo stesso tempo capace e preparato si potrà pensare veramente di costruire una pagina nuova per Sardara. In conclusione sono covinto che vi sia una frase che riassuma a pieno gran parte dei ragionamenti fin quì espressi. E'un concetto emerso in una precedente assemblea pubblica e quanto mai attuale. Lo voglio oggi riformulare ed è questo :"Evitiamo di guardare al futuro con gli occhi e la testa rivolti al passato". Per fare questo ritengo ci sia bisogno di un atto di grande generosità comune ma probabilmente solo così daremo la possibilità di crescere ad una nuova classe dirigente, consapevoli delle difficoltà del presente ma con una prospettiva di rinnovata fiducia per Sardara e per i Sardaresi.
Andrea Caddeo

Leggi tutto l'articolo

P R I M A V E R A 2 0 1 1

La prossima primavera saremo chiamati alle urne per il rinnovo dell’amministrazione comunale. Per una comunità democratica è questo un momento di grande responsabilità. Si tratta di scegliere chi nei prossimi cinque anni dovrà guidare l’azione amministrativa che inciderà sulla vita di ciascuno di noi. Ecco perché io lo reputo un momento solenne a cui tutti hanno il dovere di partecipare. Il paese di Sardara ha alle spalle cinque anni non molto felici e produttivi. Il nostro comune si trova in serie difficoltà. L’attenzione verso i più bisognosi ha segnato il passo: diciamo pure che si è tornati indietro. Il disagio sociale si è acuito; alcune situazioni difficili non hanno trovato soluzioni o risposta. I cantieri di lavoro, che storicamente hanno sempre dato una boccata di ossigeno ai purtroppo tanti disoccupati, hanno visto una riduzione drastica del budget a loro assegnato: dai 140.000 euro si è passati a soli 20.000. L’idrovora della sciagurata avventura termale sta succhiando quasi tutte le disponibilità finanziarie. Il disavanzo amministrativo, leggi debito, viaggia verso il milione di euro ( se non lo ha già superato). Lo stabilimento termale è sempre chiuso e chissà quando entrerà nuovamente in funzione. L’elenco potrebbe essere ben più nutrito, mi limito a queste tre osservazioni che danno il quadro della situazione che l’amministrazione Zucca ha determinato con il suo infelice operare. Il compito della prossima giunta sarà arduo, difficile; dovrà farsi carico dei guasti prodotti da chi li ha preceduti. Il tempo incalza, siamo già ad ottobre. Le forze progressiste, che hanno il dovere di arginare questa deriva, devono incominciare a mettere dei punti fermi. Occorre innanzitutto che si pronuncino su alcuni punti cardine non genericamente ma possibilmente nel dettaglio. Il centro storico deve essere di qualità o a maglie larghe dove si deroga sulle tipologie costruttive, sui materiali ( vedi infissi in PVC e altro), sulle demolizioni totali e via di seguito. Il termalismo deve svilupparsi su di un progetto complessivo studiato nei minimi dettagli che guardi lontano, o ci limitiamo ad interventi episodici, estemporanei e scollegati tra loro? Insomma tutto è buono purchè qualcosa accada? L’agricoltura è insieme al termalismo una delle opportunità di sviluppo del nostro paese. Ci limitiamo ad inghiaiare strade, costruire qualche cavalca fosso, fare fasce parafuoco, o vogliamo coinvolgere i pochi giovani rimasti nei campi in un’opera di trasformazione profonda sia nelle colture che nel riordino fondiario? La vita culturale del paese si deve accontentare di sagre e sagrette o dobbiamo pretendere di meglio? Che rapporti dobbiamo tenere con la stampa, con questa stampa? Siamo d’accordo nel sostenere che ha contribuito a determinare il clima guasto, mal’aria, che si respira in paese? Su questa cose sarebbe bene sentire il parere di tutti perché, secondo me, ciò è propedeutico a qualsiasi altro passo. E’ importante perché dopo tutto quello che è successo ( defenestrazione del vicesindaco, la costituzione di un secondo gruppo consigliare in seno alla maggioranza, le manovre poco chiare nell’affare termale, diffide reciproche tra avvocati del comune e quelli del concessionario) si è sentita purtroppo solo la voce del PD. Chiarite queste cose si possono affrontare i passi successivi che presentano non poche difficoltà. Trovo estremamente disagevole formulare un’ipotesi, prospettare una soluzione per la formazione di uno schieramento in grado di presentarsi di fronte agli elettori e vincere le prossime elezioni. Il risultato elettorale più recente è quello delle provinciali. Che però sono delle consultazioni del tutto differenti delle comunali: nelle prime i voti sono personali, dati esclusivamente al candidato per varie motivazioni e ragioni. Nelle seconde invece fa premio la lista: vince quella meglio attrezzata e credibile. La nuova legge elettorale prevede una diminuzione sia dei consiglieri che degli assessori. Anche volendo sarà impossibile far entrare in giunta tutti gli schieramenti essendo essi più dei posti disponibili. In una situazione del genere, dove per forza di cose l’esponente chiamato alla guida dell’amministrazione non avrà non dico la maggioranza ma nemmeno un assessore del suo partito, sarà difficile trovare un coraggioso disposto a capeggiare una compagine così eterogenea e insicura. E’ bene tenere a mente che non solo dobbiamo vincere ma anche governare. Un altro grosso problema lo pongono il rinnovamento e le eventuali riconferme di esponenti più navigati. Gli umori del paese lo impongono: occorrono facce nuove, bisogna tenere nel giusto conto le forze fresche dei giovani. Giusto. Giustissimo. Dicevo all’inizio delle estreme difficoltà in cui versa il Comune. Ci sarà da affrontare grossi problemi, situazioni ingarbugliate anche dal punto di vista giuridico. Non saranno lavori di ricucitura e rammendo che i nuovi amministratori dovranno affrontare, Ci sarà da rimuovere macerie e iniziare un’opera di difficile ricostruzione. Ci aspettano giorni in cui saranno necessari dedizione, competenza, provata passione, tempo a disposizione. Un compito di tale portata può essere affidato solo a forze nuove per brave e motivate che siano? E’ giusto e utile mandarli allo sbaraglio senza un qualche paracadute? A me pare sia utile un giusto mix di esperienza e conoscenza della complicata macchina amministrativa e l’entusiasmo e la carica dei giovani che avranno modo di formarsi a fianco di protagonisti più esperti. Chi vuol pensar male faccia pure, tanto per me è un problema già risolto: non mi riguarda ! Come si vede la situazione è complessa e di difficile composizione. Ciò nonostante occorre farsene carico. Bisognerà vincere egoismi e resistenze, superare calcoli personali e di parte, pensare in grande con senso di responsabilità e civismo. Noi non possiamo fallire. Sardara ha già perso cinque anni e non sarebbe giusto perderne altri cinque perché le forze maggioritarie del paese non sono riuscite a mettersi d’accordo, scordandosi il bene collettivo. Sono convinto che ciò non accadrà. Prevarrà il senso di responsabilità teso al conseguimento di un progresso duraturo per il nostro paese. Ho memoria delle amministrazioni di ben sette sindaci ( ahimè come passa il tempo ) e i sardaresi di una certa età sanno chi ha fatto poco e chi ha fatto tanto. Ma tutti, nessuno escluso, hanno realizzato qualcosa per cui meritano di essere ricordati. Per quanti sforzi faccia non riesco a individuare una realizzazione dell’attuale amministrazione degna di memoria. Tantissime sono invece le negatività che le si possono attribuire. In primo luogo, imperdonabile, la chiusura dello stabilimento termale. A seguire la svendita del patrimonio pubblico, il ridimensionamento dei servizi sociali, l’inattività della consulta giovanile, la paralisi dopo tanti proclami della zona artigianale, la chiusura della scuola di Via Manzoni e della materna di Viale dei platani accorpate a quelle di Via Campania col bel risultato di aver saturato i locali pregiudicando per sempre il tempo pieno che Collinas e Villanovaforru hanno ormai definitivamente, i pessimi rapporti – almeno fino a poco tempo fa – con la proloco, il disinteresse totale nei confronti del museo archeologico che in cinque anni non ha visto il benché minimo cambiamento dal punto di vista espositivo e non solo. Potrei continuare ancora a lungo tante sono le inadempienze di questa sciagurata amministrazione. Penso non sia proprio il caso di lasciare il paese in mano a questi protagonisti che in cinque anni hanno dato una miseranda prova delle loro capacità amministrative.
Luigi Melis

Leggi tutto l'articolo

venerdì 1 ottobre 2010

2006-2010: resoconto e quale futuro per Sardara?

Pubblichiamo il volantino dell'incontro dibattito del 2 ottobre, ore 17.30, organizzato dai Consiglieri del gruppo Partito Democratico di Sardara e dal Partito Democratico, che si svolgerà presso il Centro di aggregazione sociale, dal titolo "2006 - 2010: resoconto. Quale futuro per Sardara?" http://www.novasdisardara.it/dibattito_pd_sardara.pdf

Leggi tutto l'articolo

Risposta all'interrogazione sulle spese correnti relative all'albergo termale.

Pubblichiamo la risposta all'interrogazione ai consiglieri del gruppo Partito Democratico relativa alle spese correnti (utenze e custodia) sostenute per l'albergo termale. http://www.novasdisardara.it/risposta%20interrogazione%20del%2009_09_2010.pdf

Leggi tutto l'articolo

Risposta all'interrogazione sui lavori presso l'albergo termale.

Pubblichiamo la risposta all'interrogazione del 06.09.2010 del gruppo consiliare del Partito Democratico relativa ai lavori svolti presso l'albergo comunale di S.M. Acquas e nota trasmessa dall'ufficio tecnico alla Salute e Benessere Casteldoria S.p.A..

Leggi tutto l'articolo

Lettera

Caro Roberto,
Mi solleciti ad intervenire sull’argomento da te trattato su Novas “Il paese che vorrei”.
Lo faccio malvolentieri.
Prima, però, vorrei fare una considerazione sull’articolo del 30 agosto 2010 dal titolo Legge salva-Mondadori: il conflitto c’è, gli interessi pure.
Nel corpo dell’articolo è detto, correttamente, che….grazie ad una norma introdotta nel decreto incentivi le aziende che, in una controversia fiscale, abbiano ottenuto sentenza favorevole in primo e secondo grado, possono evitare il giudizio della Cassazione pagando il 5% che, nel caso della Mondadori vuol dire 8,5 milioni di €. A fronte dei 350 €. Richiesti dall’erario, dallo Stato……………………….
Il resto dell’articolo e la sua conclusione la lascio a te, in quanto intriso di odio e non solo.
Questo modo di porsi da parte di Novas a me irrita e comunque non lo condivido perché distorce la realtà e dà una visione volutamente parziale dei fatti.
Nel caso di specie, lo stesso autore dell’articolo, se fosse stato prudente e obiettivo avrebbe, secondo il mio parere, messo in evidenza che:
L’Amministrazione Finanziaria (AF) pretende dalla Mondadori la somma di €. 350 milioni per … (motivi)………..;
Tale pretesa, nel merito, è stata disconosciuta da due diversi Collegi giudicanti formati da tre giudici cadauna (primo e secondo grado);
Questi due Collegi, cioè, hanno sentenziato che la Mondadori nulla deve all’AF.
Mi chiedo se la Casa Editrice, pagando il 5% di quanto preteso dall’AF per evitare la Cassazione ma che due Collegi giudicanti hanno dichiarato non dovuto, abbia o no fatto un buon affare.
Messa cosi forse il lettore non sarebbe giunto alle stesse conclusioni dell’autore.
Amo il giornalismo che racconta i fatti, dà pari voci alle parti in causa e lascia il giudizio finale al lettore.
Odio di contro, il giornalismo che da voce ad una sola parte e porta il lettore, spesso inconsapevolmente, a trarre determinate conclusioni.
Ciò detto, il tuo articolo è pieno di sentimento e buone intenzioni. Ma, scritto su Novas appare un poco ridicolo. Sembra un predicare al vento. Nessuno ti ascolta…….
Comunque, se riesci ad essere più sintetico, continuerò a leggerti.
Con affetto.
SUMERI45

Leggi tutto l'articolo