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domenica 30 gennaio 2011

“SU PAPAMUSCA”


Capita a tutti di abbandonarsi ai ricordi che ci riportano alla nostra prima infanzia e fanciullezza. Più frequente, io credo, in chi come me è ormai avanti negli anni. Resto affascinato dall’abilità con cui i ragazzi di oggi padroneggiano i più svariati giochi che la civiltà tecnologica ha messo loro a disposizione.
Mi è capitato di restare a bocca aperta di fronte alla perizia e celerità con cui un adolescente riusciva a trasmettere un messaggino senza nemmeno guardare la tastiera del suo telefonino. Una lingua scarna con abbreviazioni e artifici grafici incredibilmente efficace. Con tutta probabilità per trasmettere lo stesso pensiero a me sarebbero occorse parecchie righe di più e un proporzionale arco di tempo. I nostri ragazzi sono sorprendentemente pronti a recepire qualsiasi novità che riguardi computer, telefonini e tutte le altre diavolerie elettroniche che la tecnica moderna sforna in continuazione. La civiltà contemporanea ci mette a disposizione una serie di “oggetti” già pronti all’uso e i ragazzi non devono fare altro che adoperarli ed esercitare le loro abilità. Sessant’anni fa anche il più banale dei giocattoli, la palla per esempio, doveva essere costruito con le nostre mani. Una vecchia calza riempita a metà di paglia o stracci, legata stretta con uno spago e rifinita poi con ago e filo per fissarne la parte eccedente, diventava una palla approssimativamente sferica ma funzionale allo scopo di tenerci occupati in partite interminabili. Ecco per potersi divertire occorreva possedere una certa manualità: in questo caso saper adoperare ago e filo. Oggi quanti bambini lo sanno fare? Manualità sempre più sofisticata se si voleva possedere qualcosa di più complesso quali per esempio pistole e fucili di canna. Bisognava saper usare il segaccio e s’arrasoia” ( tutti ne avevamo una in tasca legata al cinto con uno spago) per segare e incidere la canna. Come pure maneggiare le pinze per tagliare e piegare il fil di ferro per ricavarne il grilletto. Saper tenere le relazioni per imbonirsi ziu Enniu Serra, il noleggiante di bici, affinchè ci passasse una vecchia camera d’aria da cui ricavarne gli elastici indispensabili per la realizzazione delle nostre armi. Una lunga serie di adempimenti prima di poter avere in mano il prezioso giocattolo. Ricordo ancora con una certa nostalgia il fucile a canne sovrapposte, è proprio il caso di dirlo, che ho tenuto in camera mia per lunghi anni e poi regalato ad un bambino del vicinato. Manualità ed una certa inventiva perché la necessità aguzza l’ingegno, come suol dirsi. Un vecchio cucchiaio, allora di alluminio, debitamente appiattito con un martello e piegato con molta attenzione il manico (poteva facilmente spezzarsi) diventava la cazzuola con la quale, nel cortile di zia Clorinda, erigevamo incerti muri di fango e paglia con pezzetti di tegole (tebacciu) facilmente reperibili. Occorreva impegno ed attenzione poiché il giudizio dei compagni era implacabile: se il piccolo muro crollava scherno e canzonature per almeno una settimana erano assicurati. Il gioco è libertà, spensieratezza, divertimento; per noi era anche scuola di vita. Oggi i ragazzini sono svegli e pronti ma, a me sembra, un po’ incerti nella vita pratica. Tecnologicamente avanzati, bravissimi esecutori ma con poca creatività anche per il fatto che scarseggiano le opportunità. Come potrebbero se hanno in partenza già tutto pronto. Al massimo si sbizzarriscono con le costruzioni della Lego o con i blocchi logici che sono stati introdotti non in tutte le scuole, purtroppo. Ma di pratico, di manuale e quindi di operare concreto sono quasi completamente digiuni. E infatti una volta stufi dei vari giochi in loro possesso si rifugiano nella televisione: fanno gli spettatori. In questi tempi morti noi riuscivamo, o eravamo costretti, a trovare un qualche interesse osservando ciò che ci accadeva intorno. “Su papamusca” era (è?) un piccolo ragno che,
come dice il nome, si cibava di mosche. Per noi, curiosi sfaccendati, poteva costituire oggetto di paziente osservazione anche per un lungo periodo di tempo. Bisognava prima individuarlo tra i piccoli avvallamenti e le fessure dei muri di paglia e fango della vecchie case. Se ne stava immobile in attesa che nei suoi paraggi si posasse qualche mosca ignara del pericolo. Quando questo avveniva cominciava una estenuante marcia di avvicinamento con movimenti quasi impercettibili. Due zampine invisibili si allungavano e poi si contraevano per trascinare in avanti quell’esile corpo. L’operazione si ripeteva fino a quando era possibile sferrare l’assalto decisivo. Dopo tanta attesa mi rendevo conto che era giunto il momento. Un lampo. Non so quanto consciamente ma avevo assistito ad una lezione di vita e di morte. A ripensarci oggi molti dei nostri giochi avevano una valenza formativa. Non voglio certamente tessere le lodi per il tempo che fu, ma per la formazione del carattere e della capacità di affrontare le difficoltà della vita mi sembra che la società odierna offra ai bambini minori opportunità.
Luigi Melis

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La Provincia del Medio Campidano alla Fiera Fitur di Madrid

Più di 12mila aziende espositrici provenienti da 170 paesi e numerose possibilità per i partecipanti di conoscere le nuove tendenze del turismo mondiale, danno l'idea dei numeri registrati dalla fiera FITUR 2011 di Madrid. Dati di tutto rilievo nonostante il particolare momento di congiuntura economica globale. La Provincia del Medio Campidano ha preso parte all'appuntamento fieristico di Madrid, presso lo stand della Regione Sardegna unitamente alle altre province sarde e ad una trentina di operatori dell’offerta turistica privata. Il salone ha presentato soluzioni di viaggio per tutti i gusti e generi, da quelle più avventurose a quelle più esotiche. Sia gli operatori professionali che il pubblico sono stati attratti sia dalla classica proposta mare che dall’enogastronomia, dal trekking e dal cicloturismo.Un interesse particolare è stato mostrato per le destinazioni della Sardegna servite da compagnie low cost che operano sia da Madrid che da altri aeroporti della Penisola Iberica, nonché dal collegamento marittimo offerto dalla compagnia di navigazione Grimaldi che effettua la tratta da Barcellona a Porto Torres.Considerata la forte vocazione balneare della Spagna, l'offerta turistica del Medio Campidano, ha ricevuto un particolare apprezzamento da parte del turista spagnolo, attento a scoprire delle destinazioni in grado di coniugare la possibilità di un soggiorno al mare con la scoperta delle tradizioni e dell'ambiente. La costa di Arbus con le sue spiagge, il Monte Linas ed il Parco della Giara con la loro offerta di turismo attivo come il trekking e la mountain bike, i siti archeologici e le produzioni agroalimentari tipiche, sono alcuni degli elementi dell'offerta provinciale che hanno attratto particolarmente i visitatori dello stand. Un altro elemento positivo per la destagionalizzazione dei flussi viene dal fatto che i periodi preferiti dagli spagnoli per le vacanze sono i mesi di giugno, luglio e settembre.

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La Provincia del Medio Campidano protagonista alla Manifestazione Fieristica Reiseliv di Oslo in Norvegia

Anche nel 2011 la Provincia del Medio Campidano è stata protagonista alla manifestazione fieristica Reiseliv di Oslo in Norvegia. L’importante appuntamento fieristico norvegese, confermando i numeri della scorsa edizione, rappresenta una delle principali manifestazioni di settore della Scandinavia. Le presenze complessive sono state pari a 35.000 unità, di cui circa 27.000 visitatori singoli e quasi 8.000 operatori professionali provenienti in prevalenza da Svezia, Norvegia, Danimarca e Finlandia. Gli espositori presenti sono stati 475, in rappresentanza di 40 paesi del mondo, oltre a centinaia di testate giornalistiche accreditate.In questo momento particolarmente delicato per la congiuntura economica mondiale, non proprio favorevole, il Nord Europa si conferma un mercato sempre vivace, mostrando interesse per la destinazione Italia, rappresentata nell’appuntamento norvegese da numerose regioni e province a grande vocazione turistica. Infatti, oltre alla Sardegna, erano presenti altre immancabili destinazioni italiane come Roma, le Marche, l’Abruzzo, la Toscana e la Provincia di Lucca solo per citarne alcune.La Provincia del Medio Campidano ha partecipato all’evento in collaborazione con il tour operator norvegese Sardinia Raiser e con la Regione Sardegna. Come è immaginabile il mare, la costa e la natura si sono rivelate il principale interesse per i turisti norvegesi alla ricerca continua del caldo sole e delle possibilità di praticare attività sportive all’aperto. Proprio questa grande passione sportiva dei norvegesi, ha fatto apprezzare i suggerimenti relativi agli itinerari cicloturistici e di trekking, oltre alle proposte legate agli sport acquatici come windsurf e kitesurf. Inoltre la ricerca di destinazioni fuori dai grandi circuiti del turismo organizzato ha portato il pubblico norvegese ad entusiasmarsi per la bellezza delle spiagge della Costa Verde, per la natura selvaggia delle oasi naturalistiche della Giara e del Linas, per il fascino dei siti archeologici tra i quali la Reggia Nuragica di Barumini e per quelli dell’archeologia industriale di Montevecchio ed Ingurtosu. Un altro dato estremamente positivo per la destagionalizzazione dei flussi viene dal fatto che i periodi preferiti dai norvegesi per le vacanze sono i mesi primaverili ed autunnali, che in questi periodi collegano la Sardegna anche con voli diretti operati dalle compagnie norvegesi. Alla luce dei suggerimenti raccolti in passato e confermati dall’esperienza norvegese, è necessario guardare con interesse e entusiasmo verso questa tipologia di turismo attivo, legato alla fruizione sportiva della natura e degli altri attrattori culturali ed archeologici. In particolare rivestiranno un ruolo importante le proposte di operatori locali e tour operators per intercettare questi flussi turistici sia nazionali che internazionali e poter destagionalizzare l’offerta, grazie anche allo splendido clima mite che caratterizza la nostra terra. Alla Provincia il compito di promuovere le nuove proposte turistiche che nasceranno nel Medio Campidano grazie soprattutto al crescente interesse dimostrato dal territorio nella reale possibilità di valorizzare in chiave turistica delle sue innumerevoli risorse.

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Appunti di storia sul castello di Monreale

Nel territorio della Baronia di Monreale ha sicuramente un alto valore storico, simbolico e identitario il castello che sovrasta il colle omonimo e che sta al confine tra i tre villaggi (anche se sta all'interno del territorio comunale di Sardara). Il castello di Monreale è stato studiato in maniera abbastanza approfondita dal punto di vista archeologico e architettonico. I primi scavi risalgono agli anni Ottanta, così come i primi lavori di consolidamento e recupero delle rovine.
Dal punto di vista storico manca invece uno studio organico, a causa molto probabilmente della scarsità di documenti presenti negli archivi.
Resta il fatto che il castello rappresenta a livello simbolico il segno più evidente della presenza politica sul territorio, nonché della memoria di avvenimenti storici centrali nella storia della Sardegna.
Le ricerche fanno presumere l'edificazione del castello in un periodo antecedente al XIV secolo. La posizione fa presumere che si trattasse di un importante postazione difensiva di confine. Secondo un documento datato 30 novembre 1206 che segna il confine tra i Giudicati di Cagliari e Arborea la linea di demarcazione passerebbe proprio a sud delle pendici del colle di Monreale. L'accordo intercorre tra il giudice di Cagliari Gugliemo di Massa e il giudice di Arborea Ugone de Bas e ridisegna tutta linea di confine tra i giudicati in un periodo di forte tensione. Secondo questo atto, che viene proposto dal Solmi in una sua copia cinquecentesca, il confine passerebbe “in sa bia ki dae bant dae Sellori e Sanctu Gavinu”, quindi proprio a Sud del luogo dove sorge il castello, che tuttavia in questo documento non viene menzionato.
La prima menzione in un documento ufficiale viene registrata il 13 giugno 1309 in una carta attraverso la quale il re Giacomo II concede a Mariano e Androtto, visconti di Bas e Giudici di Arborea, la possibilità di mantenere pacificamente il possesso di tutto ciò che possedevano fino a quel momento in Sardegna. Tra questi beni vengono menzionati esplicitamente il castello di Monreale e di Marmilla che erano però amministrati dal comune di Pisa, senza però specificare a quale titolo (probabilmente una concessione) e che tornano da questo momento in mano dei giudici arborensi.
Il 1 maggio 1328 Alfonso d'Aragona rinnova con una documento l'investitura sul Giudicato d'Arborea a Ugone II, menzionando nuovamente anche i castelli di Monreale e Marmilla.
L'importanza del castello non è solo geopolitica: esso si trova infatti vicino al villaggio di Villa Abbas e alle sorgenti termali, ove i giudici di Arborea si recavano spesso per trovare sollievo a diversi malanni fisici. Questo è documentato anche in una lettera che Ugone manda a Bernardo de Boixardos, governatore della Sardegna, nella quale lo informa di essersi recato ai bagni termali per curarsi dalla gotta. In una seconda lettere datata 1350 invece l'ospite delle terme è Sibilla de Montcada, moglie di Giovanni d'Arborea, che si rifugiò nello stabilimento ai piedi del Monreale per sfuggire al cognato Mariano IV che avrebbe voluto imprigionarla insieme al marito.
La funzione residenziale del castello è intuibile già dai primi anni della sua costruzione, considerando che Teresa de Entença, nobildonna di Iglesias, viene fatta trasferire dall'Infante Alfonso nel castello di Monreale a causa della cagionevole salute.
Il castello di Monreale riveste un ruolo importante negli anni di massimo scontro tra gli Arborea e i Catalano – Aragonesi tra il 1353 e il 1355. Le carte del processo contro gli Arborea segnalano diverse attività nei pressi del castello: la condanna a morte di due sardi da parte del Giudice Mariano IV, la convocazione di una leva forzosa degli uomini provenienti dalle ville circostanti, l'ammassamento di riserve di grano presso i silos in preparazione alla guerra contro i Catalani, e la mobilitazione delle forze militari presenti nel maniero.
Possiamo quindi dire che il castello di Monreale ha molteplici funzioni: politiche, residenziali, militari, economiche e anche di natura carceraria. Si consuma infatti tra quelle mura la vicenda di Francesco Squinto, servitore di Eleonora condannato per tradimento, che viene imprigionato e giustiziato sul Monreale.
Dal punto di vista del governo del castello sappiamo per certo che esistevano dei responsabili: nel febbraio del 1355 ritroviamo Nicolaus de Vias e Matheus sindaci e procuratori del castello e del borgo che si sviluppò all'interno delle mura perimetrali; il 24 gennaio 1388 nell'atto redatto per la stipula della pace tra Giovanni d'Aragona e Eleonora d'Arborea troviamo citati Margianus Gadulesu con titolo di sindaco di Sardara e procuratore del castello di Monreale e Elio Ferrali col titolo di castellano, seguono poi decine di nomi sia del villaggio di Sardara che del borgo di Monreale che quindi risulta discretamente popolato.
Fino al 1409 non troviamo altre citazioni del castello in documenti ufficiali, pur sapendo che nel 1391 la pace viene rotta e le truppe giudicali iniziano una fase di riconquista di territori ceduti nell'accordo. Il 30 giugno 1409 le truppe catalano – aragonesi guidate da Martino il Giovane si presentano in armi nei pressi del villaggio di Sanluri per scontrarsi con le truppe del Visconte di Narbona, erede degli Arborea. Nella celebre battaglia di Sanluri, il cui esito è noto a tutti, una parte dell'esercito del Visconte si rifugiò nel castello di Monreale per fuggire alla violenta avanzata del nemico.
Dal 1410 appaiono nuovamente anche castellano e sottocastellano, nelle figure di Pietro de Villa Corta e Giovanni de Toso. Nel 1412 il castello passa assieme ad altri territori sotto il controllo della contea di Quirra, feudo dato in mano al fedelissimo Berengario Carroz. Si ritrovano diversi documenti che attestano i rifornimenti di derrate alimentari per il castello che ne attestano ancora una certa vitalità.
Tra il 1417 e il 1420 il castello di Monreale è al centro di una disputa istituzionale, ma soprattutto di un braccio di ferro tra feudatario e funzionario reale. In una serie di lettere, Francesco de Pontos, governatore del Capo di Cagliari, scrive al sovrano Alfonso il Magnanimo che il castello di Monreale era in mano a dei ribelli che impedivano l'ingresso ai funzionari reali. D'altra parte Berengario Carroz invitava i suoi a non cedere grano e altre derrate alimentari se non sotto un corrispettivo in denaro. Ma le pretese territoriali sul castello di Monreale e sull'incontrada collegata provenivano anche dal Visconte di Narbona che aveva il controllo dei territori oristanesi. Intanto i castellani di Monreale e Marmilla Pietro Roiç e Alfonso Periç si rifiutavano di prestare giuramento di vassallaggio e si piegano soltanto alla volontà reale.
Nel 1420 Alfonso il Magnanimo sigla ad Alghero un accordo con il procuratore del Visconte di Narbona Guglielmo III, Pietro de Pomayrol, nel quale lo stesso Visconte rinunciava alle pretese dinastiche sul giudicato d'Arborea. Le incontrade di Monreale e Marmilla vengono intanto affidare a Guglielmo de Monçada.
Nel 1446 partecipa al braccio militare del parlamento un Dalmacius çatirera, capitano dei castelli di Monreale e Marmilla.
Il castello assume nuovamente una notevole rilevanza durante lo scontro tra il vicerè Nicolò Carroz e il Marchese di Oristano Leonardo Alagon. Il 14 aprile 1470 i due si scontrarono con i propri eserciti proprio sul versante settentrionale del castello, nella Battaglia di Uras, in virtù della quale Leonardo si impossessò del castello e delle incontrade di Marmilla e Monreale.
Si aprì dunque un'altra disputa istituzionale tra i diversi protagonisti delle vicende sarde. Il re Giovanni II intima più volte al Marchese di Oristano la restituzione dei territori regi impropriamente occupati, ma deve anche rintuzzare le ambizioni espansionistiche di Dalmazzo Carroz, conte di Quirra, ansioso di tornare in possesso delle incontrade appartenute un tempo ai suoi avi.
La disputa viene risolta con un atto di forza del sovrano che nel 1477 dichiara Leonardo Alagon nemico della corona e ne ordinava la confisca dei feudi. Ma solo dopo la battaglia di Macomer dell'anno seguente, che vede la sconfitta delle truppe marchionali, il sovrano poté tornare in possesso dei territori che finirono annessi alla contea di Quirra.
Da questo momento il Castello di Monreale cessa di avere un ruolo importante per gli avvenimenti storici regionali, ma inizia ad acquisire importanza per la storia delle comunità locali.
Esso infatti oltre ad avere un significato altamente simbolico, diventa luogo dove esercitare i diritti di legnatico, erbatico e altri diritti ademprivili, non solo per il villaggio di Sardara, ma per tutti i villaggi della baronia. Il Marchesato di Quirra rivendica tuttavia, soprattutto in fase di liquidazione del feudo negli anni Trenta dell'Ottocento, la proprietà sia del Castello che dei bagni termali, producendo una serie di documenti attestanti il pagamento di un diritto da parte delle comunità che ne usufruiscono. A queste pretese si oppongono i consigli comunativi dei villaggi che rivendicano invece la demanialità di quei territori.
Nella relazione datata 1838 si scrive: “sembrava piuttosto verosimile essendo le antiche tradizioni che ne accennano i comuni che recandosi i Conti di Quirra al castello di Monreale per farvi qualche temporanea dimora, solessero per ossequio o per mandamento dominicale, i terrazzani soggetti per loro provigione di vettovaglie e anche di legna per gli occorrenti loro usi e bisogni, e da queste ossequiali offerte siano stati in progresso di tempo anche dopo la loro partenza convertite in prestazioni pecuniarie le quali perciò secondo le massime adottate dalla stessa regia delegazione debbono affatto eliminarsi dalle rendite feudali.”
È significativo che ancora oggi la località chiamata Su Pranu de su Casteddu, sia uno dei pochi terreni comunali destinati ad uso civico in possesso del comune di Sardara, così come alcune particelle catastali nella località di Santa Mariaquas.

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INTERVENTI E COMMENTI DEVONO ESSERE FIRMATI

Pervengono a Novas commenti di lettori che non sono firmati. Poiché ci appare giusto che il blog dia l'occasione di esprimere opinioni e considerazioni continueremo a pubblicarli. Invitiamo anzi ad inviarci interventi e commenti, che di per sé rendono più ricca la discussione e la democrazia nella nostra comunità. Crediamo che in questo modo possa crescere il senso civico, che rappresenta la condizione su cui le realtà locali più evolute hanno fondato il loro benessere. L'unico vincolo che poniamo è che interventi e opinioni siano firmati e attribuibili ad un autore riconoscibile, oltre che rispettosi della onorabilità delle persone. Gli interventi privi di firma saranno quelli della Redazione.

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giovedì 20 gennaio 2011

TERME: NUOVA STANGATA IN ARRIVO! CHI PAGA???

Pubblichiamo il volantino del Partito Democratico Sardara relativo ai lavori dell'albergo termale. http://www.novasdisardara.it/volantino%20ter.pdf

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Interrogazione Pro Loco

Pubblichiamo l'interrogazione del gruppo consiliare Partito Democratico per Sardara sulla vertenza Amministrazione Comunale Pro Loco. http://www.novasdisardara.it/interrogazione_proloco.pdf

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Degrado area di S. M. Acquas

Pubblichiamo l'interrogazione del gruppo consiliare Partito Democratico relativa allo stato di degrado dell'aera di S. M. Acquas. http://www.novasdisardara.it/interrogazione_lavori_degrado.pdf















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martedì 18 gennaio 2011

Interrogazione a risposta orale sui pagamenti dovuti alle imprese che hanno eseguito lavori di manutenzione presso l’albergo termale.

Pubblichiamo l'nterrogazione a risposta orale, presentata dal gruppo consiliare “PARTITO DEMOCRATICO per SARDARA” sui pagamenti dovuti alle imprese che hanno eseguito lavori di manutenzione presso l’albergo termale di proprietà comunale. http://www.novasdisardara.it/interrogazione_lavori_sanna.pdf

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mercoledì 12 gennaio 2011

Intervento del Presidente alla Giornata della Bandiera in occasione del 150° anniversario Unità d'Italia

Un grazie per l'accoglienza e lo spettacolo che ci è stato offerto: un tripudio di tricolori, un tripudio di bandiere, un esempio di partecipazione popolare consapevole e festosa che ci conforta nella nostra convinzione e nel nostro sforzo perché ci dice quanto sia vivo, nelle nostre terre e tra le giovani generazioni, il senso della storia e dell'unità nazionale. Non c'era perciò luogo più giusto, e non c'era giorno più giusto, che Reggio Emilia il 7 di gennaio, per dare inizio alla fase più intensa e riccamente rappresentativa delle celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia. Se c'è stata una memoria del nostro lungo processo storico nazionale, che nei decenni dell'Italia repubblicana non si è mai omesso di coltivare e celebrare, è stata precisamente quella della nascita del tricolore ; e ne va dato merito a questa città, a questa popolazione e a quanti l'hanno via via rappresentata. Nel 2010 le celebrazioni del centocinquantenario hanno richiamato eventi fondamentali del 1860, a cominciare dalla spedizione dei Mille, dall'impresa garibaldina per la liberazione della Sicilia e del Mezzogiorno, che aprì la strada al compimento del moto unitario. Oggi - nel passare il testimone ai Sindaci di Roma e delle due prime capitali del Regno unitario, che sono lieto di vedere tra noi e cordialmente saluto - si riparte dall'antefatto di quel moto, dalle prime connotazioni politico-statuali che l'Italia aveva assunto nell'era napoleonica, dalla scelta, 214 anni orsono, dell'"iscrivere in un piccolo lembo del territorio italiano - ha detto il professor Melloni - il tricolore come bandiera politica". Un secolo più tardi - egli ha ricordato - il Carducci avrebbe celebrato il primo tricolore come bandiera "nazionale" perché pre-esistente all'Unità. Discorso che si riallaccia a quello più ampio, e ricorrente, sui fondamenti identitari comuni, segnatamente culturali, emersi attraverso un plurisecolare travaglio come propri della nazione italiana ben prima del suo tardivo costituirsi in Stato unitario. Nella sua così bella prolusione, Alberto Melloni ci ha fatto rivivere la storia dei " tanti tricolori" nell'Italia giacobina, fino all'affermarsi di quella che effettivamente divenne la bandiera dell'Italia unita, dello Stato nazionale finalmente nato ; e ha soprattutto affrontato senza infingimenti i limiti che segnarono a lungo il riconoscimento del valore comune di quel vessillo. Egli ha fatto anche la storia, direi, della delusione, dello scontento, che accompagnò o ben presto seguì il compimento dell'Unità, la proclamazione, nel 1861, del Regno d'Italia e che ha finito per riprodursi fino ai giorni nostri. Giuseppe Galasso, uno dei nostri storici più operosamente e puntualmente impegnati nella riflessione sul centocinquantenario, ha ricordato come dopo il 1860 una parte delle stesse forze risorgimentali "andò all'opposizione - mazziniani, garibaldini, repubblicani, paleo socialisti" e come la critica del Risorgimento abbia, in diverse fasi successive, conosciuto significative espressioni. Anche oggi d'altronde non si chiede - nel celebrare il Giuseppe Galasso, uno dei nostri storici più operosamente e puntualmente impegnati nella riflessione sul centocinquantenario, ha ricordato come dopo il 1860 una parte delle stesse forze risorgimentali "andò all'opposizione - mazziniani, garibaldini, repubblicani, paleo socialisti" e come la critica del Risorgimento abbia, in diverse fasi successive, conosciuto significative espressioni. Anche oggi d'altronde non si chiede - nel celebrare il centocinquantenario - una visione acritica del Risorgimento, una rappresentazione idilliaca del moto unitario e tantomeno della costruzione dello Stato nazionale. Quel che è giusto sollecitare è un approccio non sterilmente recriminatorio e sostanzialmente distruttivo, è un approccio che ponga in piena luce il decisivo avanzamento storico che - al di là di contraddizioni e perfino di storture da non tacere - la nascita dello Stato nazionale unitario ha consentito all'Italia. La nascita del nostro Stato unitario e - come ho detto di recente - la sua rinascita su basi democratiche, nel segno della Costituzione repubblicana. L'esperienza del fascismo e della lotta antifascista, della Resistenza in tutte le sue manifestazioni, della grande riflessione e della straordinaria ricerca dell'intesa in sede di Assemblea Costituente, portò al superamento di antiche antinomie e di guasti profondi, condusse al recupero di ideali, valori, simboli comuni che erano stati piegati a logiche aberranti dal nazionalismo e dal fascismo. L'idea di Nazione, l'amor di patria, acquistarono o riacquistarono il loro fondamento di verità e il loro senso condiviso, così come i principi di sovranità dello Stato laico e di libertà religiosa. Apparvero definitivamente rimossi i motivi di separazione o estraneità rispetto al comune risconoscersi in un ordinamento nazionale democratico : sia quelli di stampo confessionale sia quelli di stampo rivoluzionario internazionalistico. Nello stesso tempo, il più granitico argine a ogni reviviscenza nazionalistica, per la pace e la giustizia tra le Nazioni, fu posto nell'articolo 11 della Costituzione e, nella pratica, con la nascita e lo sviluppo dell'Europa comunitaria. E non fu per caso che venne collocato all'articolo 12 il riferimento al tricolore italiano come bandiera della Repubblica. Riferimento sobrio, essenziale, ma imprescindibile. I Costituenti vollero farne - con quella collocazione nella Carta - una scelta non solo simbolica ma di principio. E dato che nessun gruppo politico ha mai chiesto che vengano sottoposti a revisione quei "Principi fondamentali" della nostra Costituzione, ciò dovrebbe significare che per tutti è pacifico l'obbligo di rispettarli. Comportamenti dissonanti, con particolare riferimento all'articolo sulla bandiera tricolore, non corrispondono alla fisionomia e ai doveri di forze che abbiano ruoli di rappresentanza e di governo. E più in generale, vorrei rivolgere un vivo incitamento a tutti i gruppi politici, di maggioranza e di opposizione, a tutti coloro che hanno responsabilità nelle istituzioni nazionali regionali e locali, perché nei prossimi mesi, al Sud e al Centro come al Nord, si impegnino a fondo nelle iniziative per il centocinquantenario, così da renderne davvero ampia e profonda la proiezione tra i cittadini, la partecipazione dei cittadini, in rapporto ad una ricorrenza da tradurre in occasione di rafforzamento della comune consapevolezza delle nostre responsabilità nazionali. Sono convinto che ciò sia possibile anche perché c'è una persistenza della memoria del Risorgimento e del moto nazionale unitario assai più diffusa, in tutte le regioni, di quanto ampia e profonda la proiezione tra i cittadini, la partecipazione dei cittadini, in rapporto ad una ricorrenza da tradurre in occasione di rafforzamento della comune consapevolezza delle nostre responsabilità nazionali. Sono convinto che ciò sia possibile anche perché c'è una persistenza della memoria del Risorgimento e del moto nazionale unitario assai più diffusa, in tutte le regioni, di quanto taluno mostri di ritenere. E a forze politiche che hanno un significativo ruolo di rappresentanza democratica sul piano nazionale, e lo hanno in misura rilevante in una parte del paese, vorrei dire che il ritrarsi, o il trattenere le istituzioni, dall'impegno per il centocinquantenario - che è impegno a rafforzare le condizioni soggettive di un'efficace guida del paese - non giova a nessuno. Non giova a rendere più persuasive, potendo invece solo indebolirle, legittime istanze di riforma federalistica e di generale rinnovamento dello Stato democratico. Non ripeterò ora preoccupazioni su cui ho avuto modo di esprimermi ampiamente, per la difficoltà e la durezza delle prove che attendono e già incalzano l'Italia in un delicato contesto europeo e in un arduo confronto internazionale. Vorrei solo dire che la premessa per affrontarle positivamente, mettendo a frutto tutte le risorse e le potenzialità su cui possiamo contare, sta in una rinnovata coscienza del doversi cimentare come nazione unita, come Stato nazionale aperto a tutte le collaborazioni e a tutte le sfide ma non incline a riserve e ambiguità sulla propria ragion d'essere, e tanto meno a impulsi disgregativi, che possono minare l'essenzialità delle sue funzioni, dei suoi presidi e della sua coesione. E dunque, sia più che mai questo 7 gennaio 2011, la riflessione e la festa con cui oggi lo celebriamo a Reggio Emilia, pegno della nostra determinazione nel riaffermare, tutelare, rinsaldare l'unità nazionale, che fu la causa cui tanti italiani dedicarono il loro impegno e la loro vita.

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venerdì 7 gennaio 2011

DANNI SEMPRE PIU' GRAVI

Pubblichiamo la lettera di Denughes al Comune, un documento sorprendente, che lascia intravedere i danni crescenti causati ai sardaresi dalla chiusura avventata dell'albergo termale. Denughes accusa ricevuta di arredi (divani, materassi, ombrelloni, sdraie...) consegnati dal Comune, che li ha acquistati indebitandosi ulteriormente per cifre consistenti, che dovrebbero essere rese pubbliche. Contestualmente chiede altri arredi e addirittura altri “corredi”. E bisognerebbe chiarire quale sia questo “corredo” promesso a suo tempo. Quando si legge di “corredi”viene da pensare a lenzuola, asciugamani, tovaglie, piatti, posate, pentole.... . Ci si riferisce ai corredi della gestione Boaretto? Sono nella disponibilità del Comune o se li è ripresi il vecchio gestore, che magari li aveva comprati? Esiste un inventario redatto dal Comune? Esiste un documento che elenchi arredi e corredi redatto al momento della consegna dei locali a Denughes? Perché questo documento è stato finora negato ai consiglieri di minoranza? Chi è responsabile della sua custodia e degli arredi?

Gli interrogativi si affollano sempre più numerosi e sempre più gravi. E purtroppo il Sindaco continua a rifiutare spiegazioni e chiarimenti al Consiglio comunale e al paese.

Da questa lettera si può ricavare inoltre l'impressione che Denughes rifiuti di attivare la gestione dell'albergo adducendo sempre nuove motivazioni e pretesti: la realizzazione di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, la fornitura di attrezzature, gli oneri per la custodia, per la fornitura di arredi, per i corredi...Si tratta di oneri che, in gran parte, il contratto di gestione dell'albergo addossa al Denughes e che, in molti casi, sono generalmente a carico di chi prende in affitto un locale come spese di avviamento di un'attività artigianale, commerciale, di servizio...


Ogni giorno che passa la situazione diventa sempre più pesante ed intricata ed è certo che i danni per la cassa comune dei sardaresi sono destinati ad aumentare. Da una parte mancano il canone d'affitto e le tasse pagate al Comune, i posti di lavoro, le occasioni per i fornitori. Dall'altra ci sono spese per la guardianìa, per i lavori, per le parcelle degli avvocati, per l'incarico fiduciario dato a Denughes e per chissà quant'altro. Non sarebbe il caso che gli amministratori ammettessero d'aver sbagliato e chiamassero a raccolta coloro che a Sardara possono dare una mano a trovare una via, sul piano politico, amministrativo e legale, per contenere i danni. E' infatti evidente che si è creata una situazione di emergenza senza precedenti e che i sardaresi saranno chiamati a pagare con un aumento delle tasse e una riduzione dei servizi indispensabili i costi pesanti di un modo di amministrare senza regole. In fondo quello che sta avvenendo avrà ripercussioni ben al di là del periodo di vita dell'attuale amministrazione. http://www.novasdisardara.it/casteldoria.jpeg

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domenica 2 gennaio 2011

ASSALTO ALLA DILIGENZA

Pubblichiamo la richiesta di 163.200 euro presentata al Comune da Deunghes per la custodia dell'albergo termale dal 14.07.2009 al 14.12 2010. Si tratta di una somma considerevole che si aggiunge a quella richiesta dalla coop. “Dromedario” di 90.000 euro per lo stesso motivo e per lo stesso periodo.
Denughes, un personaggio senza arte né parte in campo termale, ha sottoscritto un contratto per gestire l'albergo termale (quindi non solo per custodirlo) che lo obbliga anche a realizzare a spese proprie i lavori per le manutenzioni ordinarie e persino per quelle straordinarie. Senza pensare alle conseguenze gli è stato concesso di rimandare ad un tempo inprecisato l'attivazione del contratto e della gestione. Contemporaneamente gli è stato affidato dalla giunta l'incarico di custodire lo stabile comunale senza considerare i possibili costi.
Le conseguenze si manifestano sempre più gravi. Denughes continua a rifiutarsi di avviare l'attività alberghiera e quindi non assume i costi di avviamento, come avviene normalmente in casi come questo, e tempesta il Comune di richieste di tutti i tipi.
Nel complesso non si sfugge all'impressione che sia in atto un vero e proprio assalto alla diligenza e che servirebbe una difesa energica della cassa comune dei sardaresi. Ogni altra considerazione è lasciata a chi legge. Certo dovremo preoccuparci di più per il depauperamento delle risorse della comunità, per i rischi di insolvenza e di fallimento del Comune e per le dolorose conseguenze per ogni singolo cittadino di una simile evenienza. http://www.novasdisardara.it/affitto%20%20denughes.jpeg

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Corchiano non è sulla luna!

Pubblichiamo l'articolo sul Comune di Corchiano apparso sul sito Associazione dei Comuni Virtuosi. http://www.comunivirtuosi.org/index.php/viaggio-nellitalia-dei-comuni-a-5-stelle/1028-corchiano-non-e-sulla-luna

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LE AZIENDE DEL MEDIO CAMPIDANO PROTAGONISTE ALL'ARTIGIANO IN FIERA

Si è conclusa domenica 12 dicembre la XV edizione dell’Artigiano in Fiera, l’importante manifestazione dedicata all’artigianato e all’agroalimentare nazionale e internazionale. La Fiera ha confermato anche quest’anno un altissimo numero di visitatori con circa 3 milioni di persone distribuite nei 10 giorni di apertura. La Sardegna ha registrato come consueto un grande successo, essendo uno degli stand più visitati. Le produzioni artigianali e agroalimentari del Medio Campidano erano rappresentate da 10 aziende ospitate nello stand allestito dalla Provincia: lo zafferano delle ditte Oro Rosso e Inconis di San Gavino, e della ditta Picchedda Elverio di Turri, i pregiati coltelli artigianali di Paolo Pusceddu di Arbus, dei F.lli Piccioni di Guspini e della ditta Is Lunas di Villanovaforru, l'olio extravergine della ditta Eredi Foddi ed il pane tradizionale della ditta Porta Gianfranco entrambi di Gonnosfanadiga, i tessuti e gli arazzi confezionati dalla ditta Ortu Giorgo di Guspini ed il miele Iscas e Mura di Barumini. La situazione economica generale si è fatta sentire relativamente in questa importante occasione, le specificità delle produzioni agricole locali e l’alta qualità dei prodotti hanno garantito interessanti volumi di vendita per i prodotti del Paniere del Medio Campidano. Oltre alle aziende ospitate nello stand della Provincia, la produzione agroalimentare ed artigianale del territorio è arricchita da altre 6 imprese locali ospitate nello stand della Regione Sardegna ed in quello del Centro Servizi Promozionali della Camera di Commercio. Oltre 10.000 utenti si sono rivolti all’Info Point della Provincia del Medio Campidano per approfondire la conoscenza sulle straordinarie risorse ambientali, culturali e turistiche del Medio Campidano.

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Uno stand alla borsa del turismo archeologico

Anche quest’anno la Provincia del Medio Campidano ha partecipato alla Borsa Mediterranea del turismo archeologico, svoltasi a Paestum dal 18 al 21 novembre u.s.. L’appuntamento campano rappresenta il principale evento promozionale di questa nicchia turistica dove l’Italia, conosciuta nel mondo come il “paese della cultura e della bellezza”, gioca un ruolo di primo piano, grazie ad un patrimonio diffuso in tutte le regioni. Il Medio Campidano era presente con un proprio stand all’interno dello spazio espositivo Sardegna, nel quale sono state presentate le principali risorse turistico – culturali ed archeologiche del territorio, tra cui Su Nuraxi di Barumini, il nuraghe e Museo Archeologico Su Mulinu di Villanovafranca, il pozzo nuragico di S. Anastasia ed il Museo Archeologico Villa Abbas, il Parco della Giara di Gesturi, Tuili e Setzu, i monumenti megalitici di Gonnosfanadiga e Siddi ed il circuito museale del Comune di Guspini, per citarne alcuni. La Borsa di Paestum è stata l’occasione per presentare ad un pubblico di giornalisti ed operatori specializzati il Progetto Itinerari del Turismo Scolastico nel Medio Campidano. L’Assessore alla Cultura Fernando Cuccu ha illustrato l’operato della Provincia per valorizzare e promuovere l’offerta territoriale, a livello regionale e nazionale, verso questo importante segmento del mercato turistico. Negli stessi giorni la Provincia è stata protagonista in occasione dell’Assemblea annuale dell’Associazione delle Provincie UNESCO del Sud Italia di cui è socio fondatore. Particolare apprezzamento alle bellezze del territorio provinciale è stato manifestato dai buyer esteri che hanno partecipato al workshop ed hanno avuto modo di conoscere le risorse turistiche del Medio Campidano grazie alla presentazione effettuata da parte di Giuseppe Garau della cooperativa Villa Abbas di Sardara ed Antonello Castangia del Coccio di Villanovafranca. Alcuni beni archeologici del territorio provinciale sono stati oggetto di discussione in occasione della conferenza tra il giornalista Sergio Frau autore del testo “Le Colonne d’Ercole” ed il geologo e giornalista televisivo Mario Tozzi.

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Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Buona sera e Buon Anno a voi tutti, italiane e italiani di ogni generazione. Non vi stupirete, credo, se dedico questo messaggio soprattutto ai più giovani tra noi, che vedono avvicinarsi il tempo delle scelte e cercano un'occupazione, cercano una strada. Dedico loro questo messaggio, perché i problemi che essi sentono e si pongono per il futuro sono gli stessi che si pongono per il futuro dell'Italia. Incontrando di recente, per gli auguri natalizi, i rappresentanti del Parlamento e del governo, delle istituzioni e dei corpi dello Stato, ho espresso la mia preoccupazione per il malessere diffuso tra i giovani e per un distacco ormai allarmante tra la politica, tra le stesse istituzioni democratiche e la società, le forze sociali, in modo particolare le giovani generazioni. Ma non intendo tornare questa sera su tutti i temi di quell'incontro. Ribadisco solo l'esigenza di uno spirito di condivisione - da parte delle forze politiche e sociali - delle sfide che l'Italia è chiamata ad affrontare; e l'esigenza di un salto di qualità della politica, essendone in giuoco la dignità, la moralità, la capacità di offrire un riferimento e una guida. Ma a questo riguardo voi che mi ascoltate non siete semplici spettatori, perché la politica siete anche voi, in quanto potete animarla e rinnovarla con le vostre sollecitazioni e i vostri comportamenti, partendo dalle situazioni che concretamente vivete, dai problemi che vi premono. Siamo stati anche nel corso di quest'anno 2010 dominati dalle condizioni di persistente crisi e incertezza dell'economia e del tessuto sociale, e ormai da qualche tempo si è diffusa l'ansia del non poterci più aspettare - nella parte del mondo in cui viviamo - un ulteriore avanzamento e progresso di generazione in generazione come nel passato. Ma non possiamo farci paralizzare da quest'ansia : non potete farvene paralizzare voi giovani. Dobbiamo saper guardare in positivo al mondo com'è cambiato, e all'impegno, allo sforzo che ci richiede. Che esso richiede specificamente e in modo più pressante a noi italiani, ma non solo a noi: all'Europa, agli Stati Uniti. Se il sogno di un continuo progredire nel benessere, ai ritmi e nei modi del passato, è per noi occidentali non più perseguibile, ciò non significa che si debba rinunciare al desiderio e alla speranza di nuovi e più degni traguardi da raggiungere nel mondo segnato dalla globalizzazione. E innanzitutto è conquista anche nostra, è conquista della nostra comune umanità il rinascere di antiche civiltà, il travolgente sviluppo di economie emergenti, in Asia, in America Latina, in altre regioni - anche in Africa ci si è messi in cammino - rimaste a lungo ai margini della modernizzazione. E' conquista della nostra comune umanità il sollevarsi dall'arretratezza, dalla povertà, dalla fame di centinaia di milioni di uomini e donne nel primo decennio di questo nuovo millennio. Paesi e popoli con i quali condividere lo slancio verso un mondo globale più giusto, più comprensivo dell'apporto di tutti, più riconciliato nella pace e in uno sviluppo davvero sostenibile. sollevarsi dall'arretratezza, dalla povertà, dalla fame di centinaia di milioni di uomini e donne nel primo decennio di questo nuovo millennio. Paesi e popoli con i quali condividere lo slancio verso un mondo globale più giusto, più comprensivo dell'apporto di tutti, più riconciliato nella pace e in uno sviluppo davvero sostenibile. E' in effetti possibile un impegno comune senza precedenti per fronteggiare le sfide e cogliere le opportunità di questo grande tornante storico. Siamo tutti chiamati a far fronte ancora alla sfida della pace, sempre messa a dura prova da persistenti e ricorrenti conflitti e da cieche trame terroristiche : della pace e della sicurezza collettiva, che esigono tra l'altro una nuova assunzione di responsabilità nella Comunità Internazionale da parte delle grandi potenze emergenti. Siamo chiamati a cogliere le opportunità di un processo di globalizzazione tuttora ambiguo nelle sue ricadute sul terreno dei diritti democratici e delle diversità culturali, ed estremamente impegnativo per continenti e paesi - l'Europa, l'Italia - che tendono a perdere terreno nell'intensità e qualità dello sviluppo. Ecco, da questo scenario non possono prescindere i giovani nel porsi domande sul futuro. Non possono porsele senza associare strettamente il discorso sull'Italia e quello sull'Europa, senza ragionare da italiani e da europei. Molto dipenderà infatti per noi dalla capacità dell'Europa di agire davvero come Unione: Unione di Stati e di popoli, ricca della sua pluralità, e forte di istituzioni che sempre meglio le consentano di agire all'unisono, di integrarsi più decisamente. Solo così si potrà non solo superare l'attacco all'Euro e una insidiosa crisi finanziaria nell'Eurozona, ma aprire una nuova prospettiva di sviluppo dell'economia e dell'occupazione nel nostro continente, ed evitare il rischio della sua irrilevanza o marginalità in un mondo globale che cresca lontano da noi. Sono convinto che questa sia una verità destinata a farsi strada anche in quei paesi europei in cui può serpeggiare l'illusione del fare da soli, l'illusione dell'autosufficienza. Pensare con positivo realismo in termini europei equivale a non illuderci, in Italia, di poter sfuggire agli imperativi sia della sostenibilità della finanza pubblica sia della produttività e competitività dell'economia e più in generale del sistema-paese. D'altronde, sono convinto che quando i giovani denunciano un vuoto e sollecitano risposte sanno bene di non poter chiedere un futuro di certezze, magari garantite dallo Stato, ma di aver piuttosto diritto a un futuro di possibilità reali, di opportunità cui accedere nell'eguaglianza dei punti di partenza secondo lo spirito della nostra Costituzione. Nelle condizioni dell'Europa e del mondo di oggi e di domani, non si danno certezze e nemmeno prospettive tranquillizzanti per le nuove generazioni se vacilla la nostra capacità individuale e collettiva di superare le prove che già ci incalzano. Tanto meno, ho detto, si può aspirare a certezze che siano garantite dallo Stato a prezzo del trascinarsi o dell'aggravarsi di un abnorme debito pubblico. Quel peso non possiamo lasciarlo sulle spalle delle generazioni future senza macchiarci di una vera e propria colpa storica e morale.Trovare la via per abbattere il debito pubblico accumulato nei decenni ; e quindi sottoporre alla più severa rassegna i capitoli della spesa pubblica corrente, rendere operante per tutti il dovere del pagamento delle imposte, a qualunque livello le si voglia assestare. Questo dovrebbe essere l'oggetto di un confronto serio, costruttivo, responsabile, tra le forze politiche e sociali, fuori dall'abituale frastuono e da ogni calcolo tattico. morale.Trovare la via per abbattere il debito pubblico accumulato nei decenni ; e quindi sottoporre alla più severa rassegna i capitoli della spesa pubblica corrente, rendere operante per tutti il dovere del pagamento delle imposte, a qualunque livello le si voglia assestare. Questo dovrebbe essere l'oggetto di un confronto serio, costruttivo, responsabile, tra le forze politiche e sociali, fuori dall'abituale frastuono e da ogni calcolo tattico. Ma affrontare il problema della riduzione del debito pubblico e della spesa corrente, così come mettere mano a una profonda riforma fiscale, vuol dire compiere scelte significative anche se difficili. Si debbono o no, ad esempio, fare salve risorse adeguate, a partire dai prossimi anni, per la cultura, per la ricerca e la formazione, per l'Università? Che questa scelta sia da fare, lo ha detto il Senato accogliendo espliciti ordini del giorno in tal senso prima di approvare la legge di riforma universitaria. Una legge il cui processo attuativo - colgo l'occasione per dirlo a coloro che l'hanno contestata - consentirà ulteriori confronti in vista di più condivise soluzioni specifiche, e potrà essere integrato da nuove decisioni come quelle auspicate dallo stesso Senato. Occorre in generale individuare priorità che siano riferibili a quella strategia di più sostenuta crescita economico-sociale che per l'Italia è divenuta - dopo un decennio di crescita bassa e squilibrata - condizione tassativa per combattere il rischio del declino anche all'interno dell'Unione Europea. Vorrei fosse chiaro che sto ragionando sul da farsi nei prossimi anni ; giudizi sulle politiche di governo non competono al Capo dello Stato, ma appartengono alle sedi istituzionali di confronto tra maggioranza e opposizione, in primo luogo al Parlamento. E vorrei fosse chiaro che parlo di una strategia, e parlo di priorità, da far valere non solo attraverso l'azione diretta dello Stato e di tutti i poteri pubblici, ma anche attraverso la sollecitazione di comportamenti corrispondenti da parte dei soggetti privati. Abbiamo, così, bisogno non solo di più investimenti pubblici nella ricerca, ma di una crescente disponibilità delle imprese a investire nella ricerca e nell'innovazione. Passa anche di qui l'indispensabile elevamento della produttività del lavoro : tema, oggi, di un difficile confronto - che mi auguro evolva in modo costruttivo - in materia di relazioni industriali e organizzazione del lavoro. Reggere la competizione in Europa e nel mondo, accrescere la competitività del sistemapaese, comporta per l'Italia il superamento di molti ritardi, di evidenti fragilità, comporta lo scioglimento di molti nodi, riconducibili a riforme finora mancate. E richiede coraggio politico e sociale, per liberarci di vecchie e nuove rendite di posizione, così come per riconoscere e affrontare il fenomeno di disuguaglianze e acuti disagi sociali che hanno sempre più accompagnato la bassa crescita economica almeno nell'ultimo decennio. Disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Impoverimento di ceti operai e di ceti medi, specie nelle famiglie con più figli e un solo reddito. E ripresa della disoccupazione, sotto l'urto della crisi globale scoppiata nel 2008. Gli ultimi dati ci dicono che le persone in cerca di occupazione sono tornate a superare i due milioni, di cui quasi uno nel Mezzogiorno ; e che il tasso di disoccupazione nella fascia di età tra i 15 anni e i 24 - ecco di nuovo il discorso sui giovani, nel suo aspetto più drammatico - ha raggiunto il 24,7 per cento nel paese, il 35,2 nel Mezzogiorno e ancor più disoccupazione, sotto l'urto della crisi globale scoppiata nel 2008. Gli ultimi dati ci dicono che le persone in cerca di occupazione sono tornate a superare i due milioni, di cui quasi uno nel Mezzogiorno ; e che il tasso di disoccupazione nella fascia di età tra i 15 anni e i 24 - ecco di nuovo il discorso sui giovani, nel suo aspetto più drammatico - ha raggiunto il 24,7 per cento nel paese, il 35,2 nel Mezzogiorno e ancor più tra le giovani donne. Sono dati che debbono diventare l'assillo comune della Nazione. Se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l'Italia : ed è in scacco la democrazia. Proprio perché non solo speriamo, ma crediamo nell'Italia, e vogliamo che ci credano le nuove generazioni, non possiamo consentirci il lusso di discorsi rassicuranti, di rappresentazioni convenzionali del nostro lieto vivere collettivo. C'è troppa difficoltà di vita quotidiana in diverse sfere sociali, troppo malessere tra i giovani. Abbiamo bisogno di non nasconderci nessuno dei problemi e delle dure prove da affrontare : proprio per poter suscitare un vasto moto di energie e di volontà, capace di mettere a frutto tradizioni, risorse e potenzialità di cui siamo ricchi. Quelle che abbiamo accumulato nella nostra storia di centocinquant'anni di Italia unita. Celebrare quell'anniversario, come abbiamo cominciato a fare e ancor più faremo nel 2011, non è perciò un rito retorico. Non possiamo come Nazione pensare il futuro senza memoria e coscienza del passato. Ci serve, ci aiuta, ripercorrere nelle sue asprezze e contraddizioni il cammino che ci portò nel 1861 a diventare Stato nazionale unitario, ed egualmente il cammino che abbiamo successivamente battuto, anche fra tragedie sanguinose ed eventi altamente drammatici. Vogliamo e possiamo recuperare innanzitutto la generosità e la grandezza del moto unitario : e penso in particolare a una sua componente decisiva, quella dei volontari. Quanti furono i giovani e giovanissimi combattenti ed eroi che risposero, anche sacrificando la vita, a quegli appelli per la libertà e l'Unità dell'Italia! Dovremmo forse tacerne, e rinunciare a trarne ispirazione? Ma quello resta un patrimonio vivo, cui ben si può attingere per ricavarne fiducia nelle virtù degli italiani, nel loro senso del dovere comune e dell'unità, e nella forza degli ideali. Ed è patrimonio vivo quello del superamento di prove meno remote e già durissime, come il liberarci dalla dittatura fascista, il risollevarci dalla sconfitta e dalle distruzioni dell'ultima guerra, ricostruendo il paese e trovando l'intesa su una Costituzione animata da luminosi principi. No, nulla può oscurare il complessivo bilancio della profonda trasformazione, del decisivo avanzamento che l'Unità, la nascita dello Stato nazionale e la sua rinascita su basi democratiche hanno consentito all'Italia. Di quel faticoso cammino è stato parte il ricercare e stabilire - come ha voluto sottolineare ancora di recente il Pontefice, indirizzandoci un pensiero augurale che sentitamente ricambio - "giuste forme di collaborazione fra la comunità civile e quella religiosa". Sono convinto che nelle nuove generazioni sia radicato il valore dell'unità nazionale, e insieme il valore dello Stato unitario come presidio irrinunciabile nell'era del mondo globale. Uno Stato, peraltro, in via di ulteriore rinnovamento secondo un disegno di riforma già concretizzatosi nella legge sul federalismo fiscale. Sarà essenziale attuare di collaborazione fra la comunità civile e quella religiosa". Sono convinto che nelle nuove generazioni sia radicato il valore dell'unità nazionale, e insieme il valore dello Stato unitario come presidio irrinunciabile nell'era del mondo globale. Uno Stato, peraltro, in via di ulteriore rinnovamento secondo un disegno di riforma già concretizzatosi nella legge sul federalismo fiscale. Sarà essenziale attuare quest'ultima in piena aderenza ai principi di "solidarietà e coesione sociale" cui è stata ancorata. Sarà essenziale operare su tutti i piani per sanare la storica ferita di quel divario tra Nord e Sud che si va facendo perfino più grave, mentre risulta obbiettivamente innegabile che una crescita più dinamica dell'economia e della società nazionale richiede uno sviluppo congiunto, basato sulla valorizzazione delle risorse disponibili in tutte le aree del paese. Il futuro da costruire - guardando soprattutto all'universo giovanile - richiede un impegno generalizzato. Quell'universo è ben più vasto e vario del mondo studentesco. A tutti rivolgo ancora la più netta messa in guardia contro ogni cedimento alla tentazione fuorviante e perdente del ricorso alla violenza. In particolare, poi, invito ogni ragazza e ragazzo delle nostre Università a impegnarsi fino in fondo, a compiere ogni sforzo per massimizzare il valore della propria esperienza di studio, e li invito a rendersi protagonisti, con spirito critico e seria capacità propositiva, dell'indispensabile rinnovamento dell'istituzione Università e del suo concreto modo di funzionare. Investire sui giovani, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità. Che questa sia la strada giusta, ho potuto verificarlo in tante occasioni. Dall'incontro, nel gennaio scorso, con gli studenti di Reggio Calabria impegnati sul tema della legalità, a quello, in novembre, con i giovani volontari di Vicenza mobilitatisi per far fronte all'emergenza alluvione ; e via via potendo apprezzare realtà altamente significative. Penso ai giovani che con grandissima consapevolezza e abnegazione fanno la loro parte nelle missioni militari in aree di crisi : alle famiglie di quelli tra loro che sono caduti - purtroppo ancora oggi - e di tutti gli altri che compiono il loro dovere esponendosi a ogni rischio, desidero rinnovare stasera la mia, la nostra gratitudine e vicinanza. Penso ai giovani magistrati e ai giovani appartenenti alle forze di polizia, che contribuiscono in modo determinante al crescente successo nella lotta per liberare l'Italia da uno dei suoi gravi condizionamenti negativi, la presenza aggressiva e inquinante della criminalità organizzata. Sì, possiamo ben aprirci la strada verso un futuro degno del grande patrimonio storico, universalmente riconosciuto, della Nazione italiana. Facciano tutti la loro parte : quanti hanno maggiori responsabilità - e ne debbono rispondere - nella politica e nelle istituzioni, nell'economia e nella società, ma in pari tempo ogni comunità, ogni cittadino. Dovunque, anche a Napoli : lasciatemi rivolgere queste parole di incitamento a una città per la cui condizione attuale provo sofferenza come molti in Italia. Faccia anche a Napoli la sua parte ogni istituzione, ogni cittadino, nello spirito di un impegno comune, senza cedere al fatalismo e senza tirarsi indietro. Sentire l'Italia, volerla più unita e migliore, significa anche questo, sentire come proprio il travaglio di ogni sua parte, così come il travaglio di ogni sua generazione, dalle più anziane parte ogni istituzione, ogni cittadino, nello spirito di un impegno comune, senza cedere al fatalismo e senza tirarsi indietro. Sentire l'Italia, volerla più unita e migliore, significa anche questo, sentire come proprio il travaglio di ogni sua parte, così come il travaglio di ogni sua generazione, dalle più anziane alle più giovani. A tutti, dunque, agli italiani e agli stranieri che sono tra noi condividendo doveri e speranze, il mio augurio affettuoso, il mio caloroso buon 2011.

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