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martedì 29 dicembre 2009

LA VILLA DI SARDARA E IL SUO TERRITORIO NEL XIV SECOLO

All’inizio del XIV secolo, la Sardegna si trovava in una situazione politica molto complessa. Degli originali giudicati di Cagliari, Torres, Gallura e Arborea restavano in piedi solo il Giudicato d’Arborea.


Quest’ultimo era però minacciato dalle signorie Pisane e Genovesi che dominavano nel resto dell’isola.
Pochi anni prima nel 1297 : il Papa Bonifacio VIII, rivendicando un controverso diritto della chiesa, aveva creato il “Regno di Sardegna e Corsica” e lo aveva infeudato al re d’Aragona Giacomo II.
L’attuale territorio di Sardara comprendeva allora le ville di Sardara, Abbas, Jacha o Santudomini e Borgo Monreale con il castello. Era all’interno del confine meridionale del Giudicato d’Arborea, nella curatoria di Bonorcili e diocesi di Terralba.
Il castello con il borgo fortificato era il più importante del giudicato e uno dei più imponenti della Sardegna. Sede di guarnigione militare e punto di raccolta di derrate alimentari. Spesso vi risiedevano i giudici-re per curarsi nelle vicine terme e nei periodi di crisi di confine. Forse per questo gli fu imposto il nome di Castrum Montis Regalis o perché nel 1324 vi soggiornò Teresa d’Estensa, moglie dell’infante Alfonso d’Aragona.
Nei primi anni del secolo era ultimata la chiesa di S.Gregorio con annesso monastero, splendido esempio di architettura romanico-gotica costruita dai monaci Camaldolesi dipendenti dal monastero di S.Mamiliano di Monte Cristo.
L’indotto del castello, la fitta rete stradale, la fertilità dei suoli e la presenza delle fonti termali hanno contribuito notevolmente all’incremento demografico nel territorio. Sardara era uno dei più grossi borghi dell’isola con un numero d'abitanti compreso tra i 1.000 e 2.000 mentre la gran parte dei villaggi raramente superava i 150 abitanti.
Nel 1323, Sardara e gli altri centri del territorio si preparano a ricevere l’esercito Arborense. Il giudice Ugone II, alleato dell’Aragona, raduna l’esercito nella vasta pianura sotto il castello, tra Sardara e Pabillonis , e da qui parte per assediare la città di Villa di Chiesa (Iglesias) in mano ai Pisani. Lo stesso Ugone II, il 4 Aprile 1336, faceva scrivere il suo testamento probabilmente in Villa Abbas, luogo dove egli trascorreva lunghi periodi per curarsi la gotta con l’acqua termale. Nel testamento è citata anche la Villa di Jacha per un lascito alla chiesa in costruzione di Santudomini.
Nell’anno 1353, Mariano IV Giudice d’Arborea rompe l’alleanza con gli Aragonesi, ritenuti usurpatori, e coinvolge tutta l’isola in una lunga guerra di liberazione. Molte delle azioni di guerra partivano dal castello verso Cagliari, capitale del regno di Sardegna. Nel castello, ritenuto inespugnabile, era ammassato il grano del campidano e le scorte necessarie per far fronte al vettovagliamento dell’esercito. Nel 1376, Mariano IV muore di peste, gli succede il figlio Ugone III che continua la guerra fino alla sua morte avvenuta in circostanze drammatiche.
Nel 1383, Eleonora d’Arborea diventa giudicessa reggente per conto dei figli minorenni legittimi eredi al trono.
Nel 1388, Eleonora è costretta a firmare la pace con gli Aragonesi e restituisce tutti i territori conquistati dal padre Mariano IV. Nell’atto, che porta la data del 24 Gennaio 1388, sono elencate le città, le curatorie e le ville con i curatori, sindaci, maggiorenti e giurati che parteciparono alle corone(riunioni ufficiali) per ratificare la pace. In questo documento compare la curatoria di Monreale scorporata dalla curatoria di Bonorcili ( Evidentemente l’importanza del territorio e l’incremento demografico resero necessaria la nuova curatoria). I villaggi che ne facevano parte erano: Arbus, Cancella, Gonnosfanadiga, Guspini, Borgo Monreale, Fontana de Urgo, Gulzi, Pabillonis, San Gavino, Sardara, Serru, Taverna, Uta Passeris, Villa d’Abbas, Villa Atzei, Villa Jacha. Il capoluogo era Sardara, dove l’undici Gennaio 1388 si svolse la riunione dei sindaci, maggiorenti e giurati delle ville di Sardara, Sancto Gavino, Guspini, Villa d’Abbas, Borgo Castri Montis Regalis e Pavigionis davanti ai notai e al curatore della contrada di Monreale e sindaco di Sardara Margiano Gadulesu. La pace dura ben poco, nel 1391 scoppia una nuova guerra che porterà alla temporanea riconquista dei territori ceduti con l’atto di pace e culminerà nella battaglia di Sanluri (Giugno 1409). Ancora una volta Sardara e il suo territorio con il castello è coinvolta direttamente. E’ di questo periodo lo spopolamento di Villa d’Abbas e Jacha ma siamo già nel XV secolo.
Livio Melis
Bibliografia: G.M. Vian “La donazione di Costantino”
R.Piras, M.Rassu “Le strutture territoriali del giudicato d’Arborea”;
R.Delogu “L’architettura del medioevo in Sardegna”;
J.Day “La Sardegna sotto la dominazione Pisano-Genovese”;
G.Zanetti “I Camaldolesi in Sardegna”;
F.C. Casula “Storia di Sardegna”; “Sardegna Catalano-Aragonese”, “Il castello di Monreale nel regno giudicale d’Arborea”.
L.Pani Ermini “Alcune note sul complesso fortificato di Monreale”;
F.Floris “Feudi e feudatari in Sardegna”;
P.Tola “Codex Diplomaticus Sardiniae”.

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mercoledì 23 dicembre 2009

Buon Natale

Per Natale, che è ormai prossimo, è consuetudine raccogliersi in famiglia e augurarsi reciprocamente felicità e benessere. Non è però possibile non ricordare che questi momenti acuiscono solitudini o preoccupazioni per chi non sta bene o è privo di lavoro. Novas vorrebbe che a nessuno mancasse la serenità e una parola di amicizia. Buone Feste!

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L’ALTERNATIVA DOPO IL FALLIMENTO

Il Partito Democratico, i Comunisti Italiani, lo Sdi e l’Udc esprimono comune preoccupazione per il futuro dell'area termale e più complessivamente per lo sviluppo del paese; denunciano inoltre un clima di eccessiva contrapposizione fatto di violenze verbali e diffide, che da un pò di tempo travalicano la normale dialettica politica.


Con la chiusura dell’albergo, con i lavoratori a casa e senza stipendio, con molte decine di migliaia di euro sottratte al tessuto economico del territorio appare evidente che l’attuale maggioranza non sia riuscita a governare il passaggio tra la vecchia e la nuova gestione. Quello che secondo la Giunta doveva essere un percorso indolore si sta dimostrando al contrario un sentiero irto di ostacoli. Il ricorso presentato dalla precedente gestione al Consiglio di Stato potrebbe allungare ulteriormente i tempi di riapertura dell’albergo.
Altri problemi sopraggiungono con i lavori di manutenzione. A fine novembre la maggioranza ha approvato il rilascio di una polizza fidejussoria a favore del nuovo gestore termale, la “Salute & Benessere Casteldoria Terme spa”, diventando garante di un mutuo di € 400.000, che verrà acceso dal gestore, finalizzato a lavori nell’albergo termale contraddicendo, di fatto, quanto sottoscritto nel contratto che disciplina le nuove condizioni normative di gestione.
Lo scorso 9 ottobre è stato stipulato il nuovo contratto tra il Comune e la società che ha vinto la gara d’appalto. All’articolo 7 “le parti si danno reciprocamente atto che la gestione avrà ad oggetto gli immobili, gli arredi e le attrezzature nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano attualmente, che il Concessionario dichiara di ben conoscere e di accettare senza riserva alcuna”. Tuttavia la Giunta comunale con delibera n. 209 del 16/11/2009 ha approvato un progetto presentato dal nuovo gestore per la realizzazione di opere di ordinaria e straordinaria manutenzione nella struttura ricettiva per una spesa netta di € 481.931,40 e con successiva delibera n. 216 dello stesso giorno ha approvato un ulteriore programma di spese pari ad € 400.000 per attrezzature, mobili e arredi da destinare all’albergo. La maggioranza ha deliberato che le rate del mutuo, acceso dal gestore, dovranno essere decurtate dal canone dovuto al Comune.
E’ evidente che quanto sottoscritto nel contratto si discosta da quanto deliberato dal Consiglio comunale. Perché prima si sottoscrive una cosa poi se ne fa un’altra? Perché accollarsi dei costi che sulla base del contratto sono a carico del gestore?
I diversi contenziosi aperti, i toni urlati e gli articoli di stampa di questi ultimi anni non hanno fatto che peggiorare l’immagine turistica del paese. Tanta propaganda nasconde la leggerezza politica con cui vengono affrontate tematiche cruciali per il futuro del paese.
Nell’ultimo Consiglio Comunale la maggioranza ha provveduto allo stralcio dal Piano Urbanistico Comunale delle modifiche riguardanti la zona termale e quella artigianale. Lo ha fatto dopo una sonora bocciatura della Regione e della Provincia. Il Piano infatti non è stato sottoposto a valutazione ambientale strategica e a compatibilità idraulica e geologica geotecnica. Il metodo e le procedure adottate erano affrettate e totalmente improvvisate. La buona fede si presume.
Preoccupa l’idea della maggioranza di far costruire la cosiddetta “Cittadella Termale”, con un aumento considerevole delle volumetrie, favorendo una sorta di turismo residenziale lungo la provinciale, con la costruzione e l’apertura di eventuali supermarket e rischiando di alimentare una sorta di pericolosa speculazione edilizia. Ma si vogliono i turisti a Sardara o i sardaresi che fanno la spesa alle Terme?
Di fronte ad un modo di amministrare così fallimentare il PD, i Comunisti Italiani, i Socialisti e l'UDC concordano sulla necessità di costruire un'alternativa politica ed amministrativa che renda possibile un nuovo e fecondo periodo di governo e che restituisca al paese una prospettiva per il futuro.
Sardara 20 dicembre 2009. P.D. – Comunisti Italiani – SDI – UDC.

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IL CONTRATTO DI GESTIONE DELL’ALBERGO TERMALE

Pubblichiamo il contratto di gestione dell’albergo termale a cui fa riferimento il documento sottoscritto da P.D. Comunisti Italiani, SDI e UDC. Chi ha interesse potrà così farsi un’idea più precisa e diretta sugli obblighi assunti dal nuovo gestore relativi alle manutenzioni ordinarie e straordinarie della struttura. Si richiamano in particolare gli articoli 7 – 8 – 9, che attribuiscono in modo inequivocabile questa responsabilità.
http://www.novasdisardara.it/gestione%20albergo%20termale%20_disciplina%20condizioni_.pdf



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Progetti verdi e bastian contrari

Il già precario tessuto industriale della provincia del Medio Campidano è andato, purtroppo, del tutto sfaldandosi.

Il patrimonio archeologico-storico-culturale (per fortuna abbastanza ricco) non è certamente in grado di assicurare sviluppo per l’intera popolazione della provincia. Sviluppo che non si riesce a raggiungere neanche se ai beni culturali affianchiamo le straordinarie ricchezze ambientali, le bellezze paesaggistiche e naturalistiche che pur possediamo in larga misura. Voglio dire che Barumini, la Giara, le Terme di Sardara, l’archeologia mineraria, il Linas, Scivu e Piscinas possono dare una mano, anche qualificata, ma non risolvere il problema dell’occupazione, e quindi l’economia, degli abitanti di questo non vasto territorio. Terrritorio che fin dall’antichità ha avuto una grande vocazione agricola: il Basso Campidano, la Marmilla con la Trexenta sono stati a lungo il granaio sia dei Punici che dei Romani. Purtroppo il settore agricolo attraversa una forte crisi non solo nella nostra zona, ma in tutta la Sardegna. Eppure qualcosa c’è. Abbiamo addirittura delle eccellenze: lo zafferano di San Gavino e Turri, l’olivicoltura di Villacidro e Gonnosfanadiga, le mandorle a Baressa e dintorni. Ma soprattutto il comparto carcioficolo del triangolo Nuraminis, Samassi, Serramanna. Ma non basta, non basta proprio. E infatti cosciente di questo il presidente della provincia Fulvio Tocco e la sua maggioranza ( o ciò che ne resta ) sulla provincia verde continuano a puntare.
Tempo fa, mi sembra all’inizio di ottobre, un bando pubblico annunciava un incontro del presidente della provincia con gli agricoltori. Incuriosito mi avvicino a Villa Diana. Si parla di accorpamento di terreni, della necessità di frenare l’esodo dalla campagna, della convenienza non solo economica di rivitalizzare la presenza umana nei campi. I disastri che periodicamente si verificano nei nostri territori sono dovuti molto spesso all’abbandono di quelle opere, anche minime ma costanti, che venivano assicurate dai nostri contadini. Insomma la presenza umana non solo come freno allo spopolamento delle campagne ma anche al degrado dei nostri paesi. Per raggiungere almeno in parte questi obiettivi si è pensato di mettere in campo il progetto " Vivere la campagna ". Tra le cose interessanti sentite in quel convegno mi piace segnalarne una per la sua semplicità ed efficacia. Da parte della provincia si è deciso di concedere un incentivo di 210 euro per ettaro ( fino ad un massimo di 4 ettari nel presente anno agrario ) agli operatori agricoli che si fossero impegnati nella semina di leguminose da granella. L’obiettivo è quello di utilizzare quei terreni che altrimenti resterebbero incolti, creando reddito seppure non molto consistente. La cosa diventa ancora più interessante quando un tecnico spiega che la coltivazione delle leguminose avrebbe arricchito il terreno di sostanze azotate preparando i campi per la semina del grano nella successiva annata agraria. In fondo si ripropone ciò che la saggezza dei nostri contadini praticava fino a pochi decenni fa: l’alternanza di grano e fave rendeva quasi del tutto inutile il ricorso al concime "molto salato" del Consorzio Agrario, rendendo un pessimo servizio alle industrie chimiche. Se poi il coltivatore stringe un patto virtuoso con l’allevatore, il vantaggio lievita ancora. Mettiamo che il commerciante acquisti dal contadino per 4 euro un quintale di granella per l’ alimentazione animale. Con tutta probabilità lo rivenderà al pastore a 10 euro. Saltando questo passaggio i due contraenti potrebbero avere, stabilendo il prezzo di vendita e di acquisto in 7 euro, ambedue un guadagno di 3 euro a quintale: un 60 % tolto alla speculazione. Non è poco. Tutto molto semplice e lineare. - Ma andrà veramente così ? - mi chiedevo in quel
giorno di ottobre, certamente non per unirmi ai contrari per partito preso presenti al convegno, fossero essi amministratori o raccontatori interessati delle nostre vicende. Oggi siamo a dicembre inoltrato, ma già a metà novembre vedevo molti terreni seminati e rullati. Che il favino da semina avesse avuto successo? Non ho dati statistici certi (perché ancora non ci sono), ma se il mio occhio di assiduo frequentatore delle campagne non mi inganna, dovrebbero essere parecchie decine gli ettari coltivati a leguminose da granella, intestati anche a vetusti capostipiti o , purtroppo, a giovanissimi eredi. Con buona pace dei bastian contrari di varia estrazione.
Luigi Melis

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I giovani, il lavoro, la politica.


Curiosando qua e là su NOVAS mi sono trovato a leggere per la seconda volta l’articolo del mio giovane amico Roberto Ibba “babbo…mi hai tradito?” e stavolta decido di dire la mia, seppure con qualche ritardo, su un argomento di così grande e, per certi aspetti, drammatica attualità.


Di quello scritto ho apprezzato il linguaggio chiaro, la rappresentazione efficace dei problemi del mondo dei giovani, oltre agli ammirevoli propositi e lo slancio tipicamente giovanile di chi si vuole impegnare per un futuro migliore con la consapevolezza che nessuno ti regala niente, neppure la ‘generazione dei padri’.
Quelle sue riflessioni mi sono sembrate già note, come se stessi ascoltando l’eco lontano di miei antichi pensieri. E non solo miei, ma di tanti giovani (ora ex giovani) che hanno scrutato il proprio orizzonte cercando di indovinare cosa vi fosse oltre il visibile.
E, in effetti, pensieri simili ricordo di averli fatti anch’io quando, negli anni ’70, dovetti emigrare all’estero per fare le prime esperienze di lavoro.
Deve averli fatti anche mio padre quando, per fuggire dall’estrema povertà della Sardegna degli anni ’50, emigrò verso la Francia più ricca e industriale.
Qualcosa del genere deve aver pensato mio nonno che, dopo aver combattuto sull’altopiano di Asiago durante la prima guerra mondiale anch’egli, negli anni ’30, andò a lavorare in Francia in una miniera di carbone.
Di mio bisnonno non ho notizie, ma a lui potrebbe essergli stata preclusa perfino la possibilità di emigrare, oppure potrebbe essere stato uno dei tanti che si metteva in marcia per raggiungere (a piedi) le miniere di Buggerru, Serbariu, Monteponi, per tornare a casa dopo mesi o anni...o mai più…
Quei giovani non si limitarono ad apprendere nuove arti e mestieri, ed ebbero modo di acquisire qualcosa di ben più importante, fino ad allora vagheggiata ma ancora ignota ai più, ossia una nuova coscienza di classe. Poterono sperimentare la forza dell’organizzazione di Sindacati e Partiti e scoprirono che con essi si potevano conquistare e difendere i diritti fondamentali del lavoro, ottenere delle tutele in caso di malattia, di disoccupazione, di infortunio, di vecchiaia, e che si poteva lottare per i diritti civili. In questo modo essi capirono che anche gli ultimi, quelli che erano i lavoratori diseredati e senza voce, potevano contribuire alla edificazione di un mondo migliore.
E’ innegabile che il sacrificio e le lotte di quei giovani abbiano contribuito in modo decisivo a consegnare ai giovani di oggi una società migliore, con innumerevoli problemi ancora irrisolti, ma certamente più prospera ed in grado di offrire più opportunità a tutti, perché maggiore è la ricchezza, il grado di istruzione dei cittadini, migliore è la sanità pubblica, più solide le istituzioni democratiche.
Ieri e oggi. Tempi e realtà molto diverse, non c’è dubbio.
E’ sufficiente considerare le diverse congiunture economiche tra i due dopo-guerra, di espansione, e quella odierna, di recessione, al diverso livello culturale e di conoscenza, per considerare ogni paragone tra i giovani di ieri e quelli di oggi perlomeno azzardato. Ma vale la pena di provarci.
La prima impressione è che i giovani, oggi, sottovalutino le proprie reali capacità e potenzialità atte a modificare una realtà che non gli piace, quella società nella quale trovano enormi difficoltà ad affermarsi, sia nel mondo del lavoro che della politica, ma non solo. Spazi che essi potrebbero conquistarsi con un impegno diretto e incisivo.
Perché accade? Forse perché, data l’epoca in cui essi sono nati e vivono, mancano di termini di confronto, appunto, ‘vissuti’?
Provo a spiegarmi meglio. I giovani di ieri hanno potuto confrontare, perché li hanno vissuti entrambi, periodi di reale povertà e di quasi-assenza di diritti con una nuova epoca più prospera e più libera ed hanno potuto constatare il mutare delle proprie condizioni di vita e di lavoro grazie ad un loro impegno diretto. La società cambiava con loro e grazie a loro in modo palpabile, concreto, essi si sentivano giustamente protagonisti di quei cambiamenti ed avevano la certezza, le prove, che una società più giusta si potesse realizzare.
La più alta espressione di quell’impegno e di quei cambiamenti fu incarnata da uomini di grande levatura morale che dedicarono la propria vita per migliorare le condizioni del lavoro e dei lavoratori, prima che i termini comunismo e socialismo perdessero del tutto il significato delle origini che era di emancipazione, di giustizia sociale, di una società di uguali. Uguali almeno nelle opportunità e nei diritti.
Uno di questi uomini, uno dei tanti, è recentemente scomparso: Gino Giugni, socialista, padre di quella carta dei diritti, lo Statuto dei Lavoratori, che ha significato, forse, l’apice delle conquiste legislative in materia lavoristica. Erano norme che vietavano di licenziare se non per giusta causa o per un giustificato motivo, ed erano tempi in cui le assunzioni con un contratto a tempo determinato erano un’eccezione mentre quelle con un contratto a tempo indeterminato erano la regola.
Quello fu il risultato di anni di grande fermento civile e sociale ricordati come ‘autunno caldo’…Anni di contestazione giovanile, di partecipazione, di spontaneità, di straordinaria presa di coscienza il cui motore pulsante erano appunto i giovani studenti. Erano gli anni ’70.
Erano anni, come ha ricordato Roberto, in cui anche i giovani operai potevano programmare il proprio futuro, costruirsi la casa, formare una famiglia, crescere dei figli.
Dunque, per tornare ai giovani di oggi, essi hanno letto e studiato molto, conoscono la storia dei padri e dei nonni, ma sono lontani dal possedere la loro stessa tensione ideale e le stesse motivazioni. Inoltre possiedono una scala di valori necessariamente diversa da quella di ieri, anche se non sempre chiara e definita. Perciò non è secondario interrogarsi, tra le altre cose, sul come è composta la scala dei valori oggi e con quale ordine di priorità. Prima il denaro? La fama? Il potere? La famiglia? L’amicizia? Un lavoro stabile e gratificante? L’impegno sociale e politico? Non è chiaro.
L’impressione, abbastanza netta, è che non convinca più l’idea che l’impegno, il sacrificio e la partecipazione siano valori positivi primari e che essi possano effettivamente cambiare la realtà delle cose.
Ecco, una ‘colpa’ dei padri (se si può definire colpa), forse troppo protettivi e apprensivi, potrebbe essere proprio quella di non aver saputo trasmettere i valori dell’autodeterminazione del proprio futuro ai figli, forse troppo coccolati? E’ possibile.
Ogni tanto si ascolta qualche commentatore porre la questione come una contrapposizione tra generazioni, con argomentazioni che lasciano il dubbio di un uso strumentale di certe opinioni, volte più che altro a distogliere l’opinione pubblica da altri problemi, così da far credere che i padri abbiano ‘consumato’ anche il futuro dei propri figli, lasciando in eredità debiti, un sistema pensionistico penalizzante per le future generazioni, ecc. Tutti fatti che, di per sé, dovrebbero giustificare i sacrifici che vengono richiesti alle nuove generazioni in termini di una riduzione generalizzata dei diritti. Si tratta quasi sempre di un modo distorto, ingannevole e troppo semplicistico di rappresentare la realtà, e perciò da rifiutare.
Tuttavia Roberto non usa la parola ‘tradimento’ a casaccio e credo anch’io che essa abbia un senso compiuto in questo contesto. E non a caso egli cita gli ‘antichi’ compagni che facevano la rivoluzione e che oggi vestono in doppio petto senza il più pallido ricordo delle tante battaglie combattute.
Anche questa è un’impressione che abbiamo avuto in tanti e che in tanti è rimasta, me compreso, e cioè che forse troppo in fretta e acriticamente essi hanno finito per abbracciare le teorie neoliberiste, con un riformismo alla rovescia, accettando nei fatti una involuzione dei diritti dei lavoratori, con tutte le conseguenze nefaste per un’intera generazione. Una revisione, e questa è storia recente, messa in cantiere anche da uomini di centro-sinistra come Tiziano Treu, Marco Biagi, Massimo d’Antona, Pietro Ichino e lo stesso Gino Giugni dei tempi più recenti.
Teorie che si sono affermate con il pretesto della competitività, della globalizzazione, delle moderne tecnologie e come conseguenza di una evoluzione sociale che pretendeva una nuova organizzazione del lavoro ed esigeva il riformismo. Ma c’è riformismo e riformismo. E nel nostro Paese esistono enormi spazi ancora da conquistare in campo legislativo per attenuare le ripercussioni sulla disoccupazione, sulla precarietà, sui diritti, sui giovani.
E lo dimostra il fatto che altri Paesi hanno saputo fare meglio di altri, accompagnando alla flessibilità adeguate forme di tutela e severe norme di repressione degli abusi.
Un esempio tra i tanti, per rendere l’idea. In Francia si fanno gli stage post-laurea come in Italia ma la Legge prevede un compenso minimo di 380 euro mensili, l’obbligo dei versamenti contributivi e, in ogni caso, per periodi definiti e limitati di durata dopo la laurea.
Da noi è tutta un’altra storia e i giovani laureati lo sanno bene, purtroppo.
E infatti l’Italia è uno dei Paesi in cui si è teorizzata, e messa in pratica, la flessibilità più estrema, resa possibile da Leggi cui il centro-sinistra non è del tutto estraneo, norme che hanno permesso che oggi avvengano distorsioni ed abusi, più spesso nei confronti dei giovani.
Sembra essere prevalsa la logica che vuole i diritti di chi lavora (i salari, l’orario di lavoro, le modalità di assunzione e di svolgimento del rapporto di lavoro) al secondo posto dopo la produttività, la competizione, il fatturato. Non più la persona ‘al centro’.. non più al primo posto la qualità del lavoro, la sicurezza, la salute, il tempo libero, in una parola la vita delle persone…
Si, perché il lavoro ha, dovrebbe avere, una sua ‘sacralità’, nel senso che oltre al reddito che ci permette di vivere dignitosamente, ci fa sentire utili al consorzio umano, dà un senso alla nostra esistenza e la rende più libera. A me piace ancora pensare al lavoro come è nella concezione umanistica, per la quale ‘il lavoro ‘è il principale mezzo con cui l’essere umano diventa se stesso’, come anche di una certa concezione cristiana (perché no?) che mette il lavoro al centro della vita individuale come segno della predilezione divina.
Questo nuovo ‘credo’, questo cambiamento di orizzonte ha implicazioni enormi e contiene, nel senso che ne è la causa, i problemi lamentati dai giovani di oggi, travolti dalla precarietà e da un grande senso di insicurezza. E c’è da chiedersi quanti siano rimasti, oggi, a credere che i lavoratori non sono più meri utensili in carne e ossa, come li definì Aristotele, e come li vuole oggi il capitalismo contemporaneo. Così come ci si è scordati dell’immenso valore etico, morale e politico di una società che si sforza di realizzare la condizione di ‘piena occupazione’.
A causa delle politiche del lavoro messe in atto (o inattuate, dipende dai punti di vista), l’Italia sembra incapace di ‘creare lavoro’ mentre si dimostra ancora capace di produrre ricchezza. Il nostro Paese riesce a spendere solo il 23% delle risorse comunitarie destinabili alla creazione di nuovi posti di lavoro anche per colpa di una macchina statale poco efficiente, comprese le Regioni, le Province ed i Comuni, ed è fanalino di coda quando si parla delle norme a protezione contro la disoccupazione involontaria, i cosiddetti ammortizzatori sociali.
Sono tutti temi che meritano ben altro spazio e approfondimento ma, intanto, ci pongono qualche interrogativo che, almeno per quanto mi riguarda, contiene risposta e proposta, e cioè ...
Quanti di quelli spazi lasciati liberi da politiche sociali incomplete o fatte male, possono essere riempiti da proposte nuove e moderne con le idee dei giovani di oggi? Meglio, sono essi capaci di contribuire all’affermazione di politiche idonee a modificare questa società così imperfetta?
Sono ovviamente convinto di si, perché i giovani di oggi sono colti e preparati, conoscono il mondo e sono consapevoli dei problemi della nostra epoca.
Alcuni di essi, tra questi Roberto Ibba, mi pare, si sono già rimboccati le maniche, ed è quanto basta, per adesso, per guardare al futuro di tutti noi con un po’ più di fiducia.
Roberto Montisci

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giovedì 17 dicembre 2009

O M A G G I O A N U O R O

Continuano le escursioni cultural-ricreative organizzate dal Circolo Arci di Sardara. Dopo la visita, interessantissima, alla miniera di Serbariu, è stata la volta della città di Nuoro.


Prima tappa Museo del Costume. Se non tutti, almeno i più significativi e rappresentativi costumi della nostra isola, sono presenti in quello spazio piuttosto angusto per contenere tanta magnificenza. Un’orgia di tessuti, colori, ori che incantano e affascinano anche chi, come noi, è abituato alle sfilate folcloristiche, suggestive e coinvolgenti, che però non consentono di focalizzare i particolari, come invece è possibile nelle sale di un museo. I tanti "continentali" che si accalcano nelle sfilate di Sant’ Efisio e della Cavalcata, sanno che a Nuoro c’è il Museo del Costume?
La casa natale di Grazia Deledda non è molto distante. Una palazzina su tre livelli molto ben tenuta, che denota la sicura agiatezza degli antichi proprietari. Fa un certo effetto aggirarsi in quelle stanze che videro affaccendarsi la grande scrittrice premio Nobel per la letteratura. Molti pensieri corrono per la mente nell’osservare lo studiolo, non certamente sfarzoso, dove la scrittrice trascorse chissà quante ore a rimuginare i suoi capolavori. Più sontuoso lo studio romano della scrittrice diventata ormai celebre, che si può ammirare in un ambiente al piano terra. Piuttosto spartana anche la camera da letto. Una sedia, un tavolino con sopra penna e calamaio, al centro della stanza; addossato ad una parete un mobiletto-libreria, accanto un baule da viaggio per i libri. Nella parete di fronte un armadio guardaroba non particolarmente elaborato. Di fronte alla porta d’ingresso, in un angolo, la "toeletta" col suo bravo asciugamano, il catino e il grosso boccale in ferro smaltato, lo specchio. Dalla parte opposta con la testiera a motivi floreali, come usava intorno ad un secolo fa, in ferro e lamierino, il letto. Mi fermo un attimo a riflettere. Vedo la nostra, insonne, rigirarsi senza posa in cerca della forma migliore per fissare, per sempre, i suoi pensieri e lasciarli ai posteri. Efis di Canne al vento, Cosima, Marianna Sirca, Elias Portolu pur essendo stati scritti dopo il trasferimento a Roma, probabilmente hanno avuto la gestazione in quelle notti tormentate. Siccome non si vive di solo spirito, ecco la cucina con al centro "su foxibi" sovrastato da "sa taba" con i formaggi. Ma ecco soprattutto la dispensa, alloggiata nella IV Sala. Sempre chiusa a chiave, scrive la Deledda, custodiva le provviste per l’intera "comunità". Un enorme "caisteddu" con il grano per la confezione del pane bianco per la famiglia; un altro con l’orzo per quello destinato alla servitù e ai lavoranti stagionali. E poi fave, ceci, fagioli, piselli, lenticchie, mandorle, castagne, noci e nocciole. Dalle canne, legate alle travi del soffitto, pendono grappoli d’uva, corone di fichi secchi, pere, mele. Su di un tavolo, abbastanza grande per contenere tanto ben di Dio, fanno bella mostra di sé "mustebas", pancette arrotolate e una gran quantità di "crentexabis" (grandi rettangoli di lardo salato) che costituivano, assieme a patate e cipolle, il companatico per gran parte dell’anno dell’intera servitù. Salsicce, "granduas", le parti migliori della pancetta debitamente pepate per la conservazione (assieme a "is mustebas"), avevano probabilmente altra destinazione. Si è fatto tardi, non c’è tempo nemmeno per una fugace visita alla chiesetta della Solitudine: ci attendono ad Orgosolo per il pranzo sociale.
Nell’angolo degli arrosti, assieme ai proprietari, un volto noto: Graziano Mesina. Ci dà il benvenuto, resta a pranzo con noi. Il caso ha voluto, essendomi attardato con il gestore, che l’unico posto ancora libero, in fondo al tavolo, fosse quello di fronte a Mesina. Una sana diffidenza
reciproca rende guardinga la conversazione. Si sta sul leggero: la bontà del prosciutto, il buon vino di Orgosolo, le meravigliose bianche pareti rocciose del Supramonte che si stagliano nel riquadro della finestra di fronte a noi. Chiedo di un nostro compaesano da sempre residente ad Orgosolo. "No, non lo conosco. Cosa vuoi, sono mancato 40 anni e più dal paese". "Lunghi !" dico. "Lunghissimi. Penso di aver pagato il mio debito con la società". Il ghiaccio è rotto. Affiorano probabili letture dei duri anni di carcere: "Hanno sempre approfittato di noi, puntando sulla nostra scarsa capacità di unione, di fare blocco unico. Ci hanno sempre sfruttato, tutti: governanti, chiesa e tutti quelli che detengono un qualche potere. Capito ! "Capito. Ma non so, e non chiedo, se parlasse di noi sardi o di noi classi subalterne in generale. "Sono tempi brutti -continua- soprattutto per i giovani. Per loro ci sono poche prospettive, non c’è sicurezza. Ho paura che sarà sempre peggio. Il fatto è che sono stati abituati ad avere molto con poco impegno. I genitori li hanno viziati e adesso è dura rimetterli in carreggiata". – "Spetta a noi adulti, alle persone come te che su di loro hanno un certo ascendente, fare i convincenti maestri" intervengo. "Io ci provo. Sai quante mamme vengono a lamentarsi e a chiedermi di intervenire sui loro figlioli quando combinano, piuttosto frequentemente, delle fesserie? Intervengo, ci parlo a quattr’occhi, spiego, consiglio … e se non basta minaccio di passare alle vie di fatto . Capito ! Io non ho paura di affrontare situazioni difficili". Qui il pedagogo cede il passo all’antico balente . " Forse sono loro ad avere paura. I giovani sono molto insicuri " dico . " Hai ragione. I giovani sono molto paurosi. Mi capita spesso di accompagnare comitive nel Supramonte, e noto chiaramente che preferiscono restare in gruppo, hanno paura di allontanarsi, di camminare da soli in mezzo alla natura. Hanno coraggio solo nel branco, non riescono a sopportare la solitudine. Nel 1956, anno della grande nevicata, sono rimasto isolato in montagna, da solo, per oltre un mese. Avevo 14 anni. Io so che cosa è la solitudine. Ci devi convivere. Altrimenti impazzisci. Ma quella è un’altra solitudine". Di proposito ho evitato di parlare di politica: la curiosità era tanta, ma forse è stato meglio.
Luigi Melis

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martedì 15 dicembre 2009

La Provincia del Medio Campidano all'Artigiano in Fiera

La Provincia del Medio Campidano ha offerto ai protagonisti dell'economia locale, aziende del settore agroalimentare ed artigianale, di partecipare ad una delle prinicipali appuntiamenti fieristici del settore organizzati in Italia, L'Artigiano in Fiera, che si è svolta a Milano presso il centro fieristico di Rho – Pero, dal 5 al 13 dicembre ultimo scorso.

L'appuntamento ha rappresentato una nuova vetrina, un'occasione significativa per 10 realtà imprenditoriali del territorio provinciale presenti all'interno dello stand espositivo allestito dalla Provincia.
La Fiera, aperta al pubblico, ha numeri impressionanti: 140.000 metri quadrati di superficie espositiva, con oltre 100 Paesi rappresentati, conta circa 30.000 operatori specializzati e 3 mila espositori. Anche quest’anno sono attese almeno 3 milioni di presenze.
La Provincia del Medio Campidano, unica presente fra quelle sarde, ha così dato la possibilità alle imprese del territorio di promuovere e vendere le produzioni locali e di confrontarsi in un mercato nazionale ed internazionale.
All’iniziativa, promossa dall’Amministrazione Provinciale, con uno specifico avviso pubblico, hanno manifestato l’adesione a partecipare dieci operatori dell’agroalimentare con produzioni di formaggi, miele, olive da mensa, olio, spezie e zafferano, sott’oli ecc.
Uno spazio è stato riservato alla coltelleria artigianale ed artistica.
La partecipazione a L’Artigiano in Fiera ha consentito di raggiungere un doppio risultato, infatti da un lato ha permesso ai piccoli produttori locali di essere presenti in una piazza importante come quella meneghina, dall’altro i prodotti, sempre accompagnati dal materiale promozionale della Provincia, sono diventati un veicolo per far conoscere il territorio del Medio Campidano nel mercato lombardo, il più importante anche per le realtà turistiche provinciali per numero di arrivi e presenze dei turisti italiani.
O.T.

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domenica 13 dicembre 2009

LITIGIOSITA’ E INSOFFERENZA AL CONFRONTO

L’Amministrazione comunale ha rinunciato alla “Cittadella termale”, che è stata bocciata dalla Regione sarda e dalla Provincia del Medio Campidano.


Il piano che la conteneva era stato predisposto senza tener conto delle norme che impongono il rispetto del Piano Paesaggistico Regionale, del Piano di Assetto Idrogeologico e la Valutazione Ambientale Strategica. Il Consiglio comunale ha approvato un nuovo Piano Urbanistico Comunale abbandonando l’ampliamento dell’area termale. Non aver affidato la progettazione a tecnici competenti in campo urbanistico, l’ aver voluto far da soli senza ascoltare e consultare nessuno sono all’origine del pasticcio.
Nel frattempo un certo numero di cittadini è stato sollecitato a sottoscrivere un compromesso di vendita di terreni da intermediari d’affari che si obbligavano ad acquistarli, per sé o per terze persone, in cambio dell’impegno a consentire la presentazione di piani e di progetti in Comune e a stipulare l’atto notarile, una volta ottenuta la concessione edilizia.
Di questa “Cittadella termale” il Comune non ha mai dato informazioni dettagliate limitandosi ad allargare l’area interessata a 174 ettari e rimandando la decisione su che cosa effettivamente realizzarvi e sulle volumetrie consentite al momento della definizione e dell’approvazione dei Piani Attuativi presentati dagli imprenditori.
Come si vede si è arrivati alla situazione attuale seguendo un modo di fare diverso da quello utilizzato in altre realtà, per esempio a Villanovaforru e nei comuni limitrofi, dove un gruppo imprenditoriale si è presentato di persona in Comune, alla Regione e poi pubblicamente proponendo, con le carte necessarie, di realizzare campi di golf, alberghi di qualità, ville, il riuso di abitazioni del centro storico, coinvolgendo le professionalità e le piccole imprese locali, senza le quali non ci può essere sviluppo.
A Sardara l’Amministrazione ha quindi sbagliato il modo di procedere decidendo tutto nell’isolamento e rifiutando il confronto. Ora si dovrebbe avere il coraggio di ripartire ex novo, presentando pubblicamente gli imprenditori veri, se ci sono, e il piano industriale per le attività economiche da impiantare. Questo permetterebbe a chi vuole di conoscere ed anche a noi di Novas e al Partito Democratico di dare un contributo costruttivo nel dibattito.
Qualche giorno fa gli amministratori, incapaci di affrontare a viso aperto un confronto, tramite un avvocato hanno notificato a Novas che i lavori in corso da sei mesi nell’hotel ex Eucalipti “sono eseguiti regolarmente e nell’assoluto rispetto della legislazione vigente nonché di quelle lavoristica e previdenziale”.
Quando dei lavoratori, persone in carne ed ossa con nome e cognome, lamentano diritti negati trovano la solidarietà di chi ha idee democratiche e di sinistra, la soluzione ai loro problemi devono però ottenerla da chi amministra, che avendo tutti gli strumenti per i controlli necessari farebbe bene ad ascoltare proteste e sollecitazioni.
Il ricorso ad avvocati, mai così frequente nella storia del Comune, dimostra litigiosità ed insofferenza al dialogo e al confronto. Suona persino come minaccia ed intimidazione tese, inutilmente, a scoraggiare e ad allontanare dalla politica e dall’impegno civico le persone ed i giovani in particolare. Tutto ciò costituisce un bel risultato per chi si è proposto come guida del paese, che farebbe bene a spendere tutti questi soldi dei sardaresi per creare occasioni di lavoro per chi non ce l’ha.
NOVAS
via Umberto, 2 - Sardara


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TERME DI SARDARA

Una recinzione in legno e un orrendo muretto sono le cose che ha fatto alle terme l’attuale Amministrazione comunale in 3 anni e mezzo.


L’Amministrazione uscente aveva lasciato in eredità circa 2 milioni e 500 mila euro e la disponibilità dell’acqua termale di cui il comune non disponeva da oltre 50 anni. Ebbene cosa si è fatto? Anzi cosa non si è fatto: nessun intervento per migliorare la struttura comunale né per l’area termale. Ma la cosa più grave è stata la condotta poco oculata con cui è stata gestita la fase di transizione (non entro nel merito della scelta di cambiare gestione), tra il gestore uscente e il nuovo gestore dell’albergo comunale per cui attualmente la struttura è chiusa. Ciò ha provocato la perdita di 27 posti di lavoro e stà procurando un grave danno all’economia di Sardara. Inoltre c’è una perdita di immagine e di una clientela che era ormai consolidata. E l’acqua termale? È inutilizzata, è stato chiuso anche quel piccolo rubinetto che ne dava un segno e c’è il rischio, quando l’acqua non viene utilizzata, che ne venga revocata la concessione, come è previsto dalla
Legge mineraria a cui vengono assoggettate le acque termali.
Quando riaprirà la struttura? Se, a quanto mi risulta , il vecchio gestore ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, prevedo tempi ancora lunghi. Tutto questo non si coniuga con l’impegno preso dagli attuali amministratori nei programmi elettorali di creare sviluppo soprattutto alle terme. Chi si aspettava un rilancio è rimasto deluso.
Non se l’abbiano a male gli attuali amministratori ma chi amministra è sempre sotto esame e purtroppo per superare gli esami non bastano una recinzione, un muretto, 200 m. di strada e qualche rotonda. Io mi accontenterei che in quest’anno e mezzo che manca alle nuove elezioni non si facciano errori che potrebbero compromettere in modo irreversibile Sardara e le terme. Se esistono dei progetti tendenti creare sviluppo alle terme con la costruzione di una cosiddetta cittadella termale. Se si tratta di villette e supermercati o di albergo diffuso non sono d’accordo perché così, oltre al consumo di territorio, si allontanerebbe Sardara dalla terme mentre Sardara deve essere parte integrante del sistema. Per i supermercati c’è l’area di fronte alla vecchia 131, per l’albergo diffuso c’è il centro storico. Ma allora alle terme cosa si può fare? Promuovere strutture termali che sfruttino il bene dell’acqua. Strutture sportive e di svago per chi soggiorna alle terme e a Sardara. Restauro e valorizzazione delle strutture esistenti. Scavi e restauri archeologici. Cura e ampliamento dei parchi. Piste ciclabili e pedonali per collegare le terme al paese. Ricupero e riutilizzo dell’acqua termale. Oggi si dice e si può dire quel che si vuole su giornali, gazzette e convegni ma la realtà è lì davanti agli occhi di tutti: l’albergo chiuso da 6 mesi e squallore dappertutto.
Livio Melis

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venerdì 11 dicembre 2009

AL VIA A SARDARA LA SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA

Conclusasi la raccolta delle iscrizioni e la selezione dei candidati, venerdì 4 dicembre alle 18.00, in via Umberto n.2 a Sardara, avrà luogo la conferenza inaugurale della Scuola di Formazione Politica organizzata dall’Associazione CostruireFuturo.


La Scuola coinvolgerà Sardaresi e giovani delle zone limitrofe lungo un percorso che ha l’obiettivo di chiarire aspetti della pubblica amministrazione che spesso appaiono oscuri, recuperare il senso civico di ognuno di noi, avvicinare i giovani alla politica, preparare gli amministratori di domani.
Le lezioni saranno curate e tenute da docenti universitari, esperti di settore, amministratori che si sono distinti per il loro operato.
L’incontro inaugurale, dal titolo “La questione giovanile: le politiche per i giovani e per la scuola”, sarà tenuto da Gian Mario Migliaccio, docente presso la facoltà di Medicina e Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Cagliari
e tecnico Coni Sardegna.
La partecipazione, oltre che agli studenti della Scuola, è aperta a tutti i cittadini, sardaresi e non.

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SARDARA DEVE GUARDARE AVANTI

Nell’ultimo mese a Sardara si sono tenute due assemblee pubbliche aventi entrambe come tema le vicende in corso nell’area termale: i motivi che hanno portato alla chiusura dell’Hotel ex Eucalipti, la perdita dei posti di lavoro, i numerosi problemi che il paese ha dovuto affrontare e che sono derivati dal passaggio da una gestione all’altra.


Penso che, ad oggi, questi argomenti siano già stati ampiamente trattati, con toni più o meno consoni.
Basta rivangare il passato. Ora è necessario andare avanti, nell’interesse del paese e dei suoi abitanti. E’ necessario pensare a Sardara e lavorare per un futuro legato alle Terme, mettere sul tavolo proposte concrete per il rilancio del paese e per combattere lo spopolamento, prevenire la morte delle aziende presenti sul territorio e supportare la nascita di nuove attività imprenditoriali.
E’ necessario proporre soluzioni per combattere il disagio giovanile e per la qualificazione professionale dei Sardaresi disoccupati e precari, in modo che possano trovare naturale collocazione nel polo termale che ci auspichiamo nasca presto nel pieno rispetto e nella salvaguardia dell’identità di Sardara e dei Sardaresi.
Non dobbiamo però cadere nell’inganno di pensare che lo sviluppo termale possa ridursi alla presenza di uno o più Hotel sul territorio appaltati a privati. E’ necessario che tutti ci mettiamo in discussione e ammettiamo che, seppure la sua costruzione ha rappresentato per Sardara un grosso passo in avanti e l’inaugurazione di un nuovo corso di sviluppo, sinora la presenza dell’Hotel ex Eucalipti non ha portato a Sardara e ai Sardaresi quella ricaduta economica e quello sviluppo reale che tutti ci aspettavamo e che sappiamo essere possibile.
L’Hotel è importante e deve essere di traino per lo sviluppo dell’area, ma non è sufficiente a garantire la sussistenza dell’economia del territorio. Allo stesso modo, per permettere uno sviluppo che sia anche sostenibile, aprire ulteriori strutture ricettive nell’area termale non può e non deve essere la risposta alla crisi. Sulla base di questo, appare grave che, ad oggi, non esista ancora un progetto di sviluppo integrato per il paese chiaro e definito che vada aldilà della presenza di un Hotel nell’area termale. Preoccupa che non si faccia il minimo accenno ad un utilizzo programmato e coerente delle strutture annesse all’Hotel, come il Centro Congressi, il Bar e il Parco, indispensabili per il rilancio dell’area e in grado di avviare settori produttivi, come quello del turismo congressuale, che da solo basterebbe a dare un’impennata all’economia del paese. Sardara deve investire su quelle che sono le sue ricchezze, preservare l’identità dei luoghi e raggiungere l’eccellenza nel settore turistico. Le attività produttive su cui si basa l’economia locale devono essere integrate in un percorso di filiera e messe nelle condizioni di poter operare all’interno di un sistema economico che ruota attorno alle Terme.
Per definire un piano di sviluppo concreto e realizzabile è necessario partire da quella che è la base del tessuto socio-economico attuale: Sardara si basa ad oggi principalmente su esercizi commerciali, ricettivi e su microimprese del settore edile, ma tanto si può fare per agevolare la nascita di nuove attività nei servizi turistici in stretta connessione con l’area termale. Se si vuole realmente investire sul termalismo è necessario, però, preparare il terreno: mancano certamente le infrastrutture, ma soprattutto le competenze professionali in grado di permettere il concretizzarsi di un progetto di sviluppo, e le istituzioni (amministrazione comunale e provinciale) dovrebbero farsi promotori di corsi di formazione per la creazione di forza lavoro competente nel settore turistico-termale, perchè i giovani sardaresi devono essere messi nelle condizioni di lavorare nella futura cittadella termale e di dare il proprio contributo attraverso professioni legate sicuramente al settore alberghiero, ma anche ad un Centro congressi funzionante e avviato (società di organizzazione eventi, catering e ristorazione di qualità, ma anche hostess, interpreti, accompagnatori), e all’offerta di servizi turistici di eccellenza (tour operator, agenzie di viaggi, transfer e guide escursionistiche, attività legate all’estetica e al benessere, ecc.).
La formazione è la risposta concreta per la lotta alla disoccupazione, il rafforzamento delle attività produttive già presenti nel territorio e il supporto alla creazione di nuove attività imprenditoriali.
Investire sulla formazione significa anche e soprattutto agire per la prevenzione e la lotta al disagio giovanile, abbattendo un problema che Sardara sempre più sta affrontando negli ultimi anni e che sta diventando un vero e proprio dramma.
Ma è importante ricordare che non ci può essere sviluppo senza condivisione, perciò il processo di rinascita del territorio deve obbligatoriamente essere partecipato da tutti i Sardaresi. Ogni cittadino deve poter dire cosa si aspetta dall’area termale e contribuire alla delineazione di un futuro che lo riguarda in prima persona. Vedo questa possibilità realizzarsi attraverso l’avvio di un dibattito all’interno del quale maggioranza e opposizione sono presenti, ma stavolta come spettatori e auditori e dove i protagonisti sono, invece, i cittadini, un dibattito dal quale fare emergere proposte che dovranno poi essere sintetizzate e trasformate in un documento programmatico da cui partire per la delineazione di un piano di marketing strategico del territorio.
Per avere senso e avviare un vero processo di condivisione e sviluppo, i giovani devono necessariamente avere parte attiva all’interno di questo dibattito: il futuro è loro, e dalle loro esigenze ogni programmazione dovrà assolutamente partire per avere radici solide.
Roberta Atzori

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mercoledì 9 dicembre 2009

Quale futuro per l’ Area Termale?

L’assemblea di sabato 28.12.2009 organizzata dal Circolo locale del Partito Democratico è nata da una sostanziale preoccupazione relativa al futuro dell’area termale ma legata più complessivamente allo sviluppo del paese.


Si è strutturata in un clima di accesa contrapposizione, di violenze verbali, di diffide, che da un po’ di tempo a questa parte travalicano la normale dialettica politica, rischiando di assumere delle pericolose derive autoritarie.
Alle intimidazioni abbiamo voluto rispondere continuando ad esprimere opinioni e posizioni politiche in netto dissenso all’approccio giustizialista impresso dall’attuale Maggioranza.
A distanza ormai di quasi sei mesi dalla chiusura dello stabilimento termale e con i lavoratori a casa e senza stipendio, appare ormai innegabile che questa amministrazione non è riuscita a governare il passaggio tra una gestione e l’altra.
Quello che secondo la Giunta doveva essere un percorso indolore si sta dimostrando al contrario una strada molto problematica.
Ultimo in ordine di tempo è il ricorso presentato dalla precedente gestione al Consiglio di Stato che dovrebbe indurre alla massima prudenza e che potrebbe di fatto allungare ulteriormente i tempi di riapertura, con delle ripercussioni di difficile risoluzione se il giudice si esprimesse a favore del ricorrente.
Incurante di ciò, con recente deliberazione del Consiglio Comunale, l’amministrazione si è fatta garante di un mutuo assunto dall’attuale gestore della struttura alberghiera.
I soldi verranno decurtati dall’affitto su base decennale (circa €. 86.000 annui per dieci anni) per un importo complessivo superiore agli €. 800.000.
E’ curioso constatare come l’attuale maggioranza agisca in netta contraddizione rispetto a quanto espresso negli anni precedenti quando dai banchi dell’allora minoranza si parlava di vere e proprie regalie elargite nei confronti della precedente gestione.
Fino a ieri si criticava, da oggi e per i prossimi anni si procede nella stessa direzione.
Se poi la nuova gestione non dovesse onorare agli impegni assunti sarebbe il Comune e quindi i Sardaresi a doversi accollare gli oneri del mutuo.
Sempre con deliberazione del Consiglio Comunale si è provveduto inoltre allo stralcio della variante al P.U.C. n°7, relativa sostanzialmente alle area P.I.P. e all’Area Termale.
Lo ha fatto dopo una sonora bocciatura della Regione e della Provincia che hanno evidenziato importanti lacune sugli elaborati presentatigli.
Il Piano infatti tra le altre cose non è stato sottoposto a VAS e PAI ovvero a valutazione ambientale strategica e compatibilità idraulica e geologica geotecnica.
Come da noi già precedentemente esplicitato, il metodo e le procedure adottate si son rivelate affrettate e totalmente improvvisate.
Inoltre l’obbiettivo sostanziale legato alla Variante al P.U.C. n°7 era e rimane quello di costituire la cosidetta “Cittadella Termale” che con un aumento considerevole delle volumetrie (passaggio da zona F a zona G) potrebbe risultare funzionale ad operazioni di speculazione edilizia.
Tutte queste considerazioni delineano pertanto un quadro molto preoccupante.
Riteniamo pertanto che uno sviluppo sia possibile solo se l’acqua termale riacquisterà la priorità rispetto alle future scelte politiche.
E’ infatti l’acqua termale e lo sfruttamento della stessa a costituire la peculiarità e il bene imprescindibile da cui ripartire.
La concessione mineraria ottenuta nel 2004 grazie alla scoperta di nuove sorgenti termali in località “Piscina Quaddus” ci consente di avere acqua a sufficienza a che possano sorgere altri stabilimenti termali.
E’ pertanto compito della politica creare i presupposti tali da consentire ai privati di poter investire.
Alla luce di siffatte riflessioni la nostra proposta è quella di istituire un concorso internazionale di idee aperto ai migliori professionisti con l’obbiettivo finale di premiare il progetto che rispecchi maggiormente i canoni di sviluppo complessivo dell’area termale.
Solo ripartendo da un progetto serio e articolato si potrà infatti guardare nuovamente con rinnovata fiducia allo sviluppo del paese.
Andrea Caddeo

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IL NO DI REGIONE E PROVINCIA

Pubblichiamo la lettera della Regione sarda e quella della Provincia del Medio Campidano che hanno bocciato in modo inesorabile il Piano Urbanistico Comunale, che conteneva consistenti modifiche rispetto a quello preesistente, tra cui la cosiddetta “ Cittadella Termale”. Chi avrà la curiosità di leggere potrà notare che pressoché tutte le scelte dell’Amministrazione comunale sono state censurate e che le critiche sviluppate su Novas sono state confermate.

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CANCELLATA LA CITTADELLA TERMALE

Pubblichiamo la relazione con cui il Consiglio comunale ha riapprovato il PUC in modo che ognuno possa farsi una propria idea sulla vicenda della cittadella termale.
Si potrà così vedere come si rinuncia alla cittadella termale, all’ampliamento della zona artigianale e alla riduzione del perimetro del centro storico. Tutto ciò è dovuto alla bocciatura del PUC da parte della Regione e della Provincia del Medio Campidano. L’Amministrazione comunale infatti ha elaborato il PUC senza tener minimamente conto delle norme vigenti, in particolare del Piano Paesaggistico Regionale, del Piano Assetto Idrogeologico e delle leggi che impongono la Valutazione Ambientale Strategica. In più non si è dotata delle consulenze professionali indispensabili per affrontare problemi così delicati. Si tratta, a ben vedere, di un modo di procedere abbastanza stravagante.
In allegato i documenti relativi alla Variante n.7 al PUC

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TERME: PROPOSTA P.D.

Sabato scorso presso la sala dell’hotel Antica Casa Diana si è tenuto l’incontro dibattito organizzato dal Circolo del Partito Democratico sul tema “Terme, quale sviluppo?”. All’iniziativa hanno partecipato anche rappresentanti dei Comunisti Italiani, dello Sdi e dell’Udc, oltre a numerosi iscritti e cittadini.


Comune a tutti è stata la preoccupazione per come stanno andando le cose nel compendio termale, dove l’albergo comunale è chiuso da ormai sei mesi, i lavoratori sono a casa, gli interventi di manutenzione procedono in modo caotico. Si è venuto a sapere inoltre che l’Amministrazione comunale ha deciso di rinunciare alla cosiddetta cittadella termale in seguito alla bocciatura della variante al PUC, che la contiene, ad opera della Regione e della Provincia del Medio Campidano. La notizia, fornita dai consiglieri comunali presenti, è stata accolta con sollievo perché il progetto era mal concepito e rischiava di compromettere il futuro della stazione termale. Si configurava più come un investimento immobiliare speculativo che come uno strumento di valorizzazione delle acque termali a fini terapeuti e turistici.
Di fronte al fallimento del progetto della destra il Partito Democratico ha voluto presentare al confronto aperto e costruttivo la propria proposta consistente nel lancio di un CONCORSO INTERNAZIONALE DI IDEE. Si tratta di promuovere un bando di concorso prevedendo un premio ai primi tre studi di progettazione tra quelli che presenteranno progetti di sviluppo che dovranno essere valutati da una giuria formata da specialisti di alto profilo professionale. Le proposte dovrebbero essere formulate seguendo come linee guida la valorizzazione a scopi curativi e termali delle acque, la previsione di spazi per iniziative in questo campo da parte dell’imprenditoria privata, la presentazione di architetture di qualità, capaci di esercitare attrattiva, lo studio di attrezzature per il territorio col verde, con impianti per il tempo libero e per lo sport, con la tutela dell’ambiente e del patrimonio storico culturale, che siano in grado di supportare le imprese e di promuovere il territorio.
I progetti diventerebbero proprietà del Comune, che dovrebbe presentarli ai cittadini sentendone il gradimento. Ciò consentirebbe una discussione democratica a conclusione della quale il Consiglio comunale potrebbe assumere le sue decisioni chiedendo alla Regione il sostegno finanziario.
L’idea, contenuta nella relazione introduttiva, è stata condivisa dagli interventi ed ora è consegnata alla riflessione delle forze politiche. Tra i suoi pregi c’è il fatto che non rappresenta una proposta chiusa e preconfezionata, ma è aperta e dinamica, tale cioè da accogliere idee e suggerimenti. Le scelte definitive sarebbero assunte solo alla conclusione di una lunga e impegnativa discussione democratica.
Le forze politiche presenti hanno inoltre concordato di aprire un tavolo programmatico che discuta a partire dall’emergenza delle questioni termali, ma che sia in grado di toccare i problemi più importanti della vita del paese per arrivare a concordare sulle sue prospettive politiche e amministrative.
r.

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Chi dovrà pagare i lavori di manutenzione alle Terme?

Ancora una volta le Terme sono state al centro del dibattito nell’ultimo Consiglio Comunale: la maggioranza ha infatti inserito fra i punti all’ordine del giorno il rilascio di una polizza fidejussoria a favore del nuovo gestore termale, la “Salute & Benessere Casteldoria Terme spa”.


Per farla breve il Comune di Sardara diventerà garante di un mutuo di € 400.000 acceso dal gestore e finalizzato alla ristrutturazione dell’albergo termale di proprietà comunale contraddicendo, a nostro avviso, quanto sottoscritto nel contratto che disciplina le nuove condizioni normative di gestione dell’albergo. Ma andiamo per ordine.
Lo scorso 9 ottobre è stato stipulato il nuovo contratto tra il Comune e la società che ha vinto la gara d’appalto. All’articolo 7 “le parti si danno reciprocamente atto che la gestione avrà ad oggetto gli immobili, gli arredi e le attrezzature nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano attualmente, che il Concessionario dichiara di ben conoscere e di accettare senza riserva alcuna”.
Successivamente la Giunta comunale con delibera n. 209 del 16/11/2009 approva un progetto presentato dal nuovo gestore per la realizzazione di opere di ordinaria e straordinaria manutenzione nella struttura ricettiva per una spesa netta di € 481.931,40.
Su chi dovranno gravare questi costi? Dalla lettura del contratto si evincerebbe che le manutenzioni sono poste a carico del gestore. Le cose vanno però diversamente in Consiglio Comunale: secondo la maggioranza le rate del mutuo acceso dal gestore dovranno essere decurtate dal canone dovuto al comune. Che tradotto significa che il comune incassa meno soldi rispetto a quanto pattuito, accollandosi di fatto il costo delle opere di manutenzione da realizzare nella struttura termale.
Ma le novità non finiscono qui. La Giunta con successiva delibera n. 216 del 16/11/2009 ha approvato un ulteriore programma di spese pari ad € 400.000 per attrezzature, mobili e arredi da destinare all’albergo. Anche in questo caso il nuovo gestore provvederà ad accendere un mutuo per finanziare l’acquisto delle suddette attrezzature. Chi pagherà? Ancora una volta il Comune si vedrà decurtare dal canone annuo un importo di € 46.349,16 per la durata di 10 anni.
E’ evidente che quanto sottoscritto nel contratto si discosta da quanto deliberato in Giunta prima e in Consiglio comunale poi. Perché prima si sottoscrive una cosa, poi se ne fa un’altra?
Dov’è andata a finire la trasparenza tanto sbandierata in campagna elettorale?
Peppe Garau
gruppo consiliare del Partito Democratico

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martedì 1 dicembre 2009

Animali da compagnia e bambini.



Gli animali da compagnia rivestono un ruolo importante nello sviluppo dei bambini.


Molte volte i genitori portano a casa un animale allo scopo di insegnare ai figli a prendersi cura di un essere vivente (nutrirlo, pulirlo ecc.). Questo è una cosa importantissima così come lo è il tipo di legame che si instaura tra bambino e animale che in prima analisi potrebbe sembrare di semplice affetto o di compagnia nel gioco ma in realtà si tratta di un forte attaccamento. In etologia l’attaccamento di un individuo verso un altro ha la funzione biologica di protezione nei confronti di pericoli fisici e psicologici infondendo, di conseguenza, sicurezza e tranquillità. L‘attaccamento nella relazione conferisce al bambino sicurezza del proprio valore, ne promuove la crescita cognitiva, l’autostima e l’indipendenza.
Esistono 3 tipi di attaccamento:
1) Attacamento comportamentale: consiste nella quantità di tempo e nel tipo di attività che caratterizza il rapporto con l‘animale da compagnia, ad es. “ti prendi cura del tuo animale?”
2) Attaccamento affettivo: dipende dall’interesse provato per l’animale;
3) Attaccamento cognitivo: è dato dall’idea che il bambino si fa dell’animale e del suo rapporto con lui ad es. il bambino pensa che il suo animale lo capisca quando è felice o triste.
Gli animali sono intimi amici dei bambini, fonte di affetto incondizionato e di lealtà e, in alcuni momenti, possono rappresentare un facile sbocco per l’espressione dei propri sentimenti. La sicurezza che infondono può incoraggiare il comportamento esplorativo, soprattutto nei bambini timidi. Un animale può infondere al bambino fiducia facendolo sentire importante, aumentarne l’autostima, e facilitare le relazioni con altri bambini.
Solo molto recentemente si è pensato che gli animali abbiano un ruolo nel sostegno sociale degli individui, siano essi bambini, adulti in difficoltà o persone sole. Il ruolo degli animali è noto a tutti, la letteratura i giornali e le TV riferiscono di tantissimi episodi in cui le persone traggono dei vantaggi dal contatto con gli animali. Quando i bambini sono tristi, arrabbiati o preoccupati i loro animali sono per loro un punto di riferimento che, grazie ad un affetto smisurato e incondizionato, sono in grado di far diminuire nei loro padroncini lo stress e le ansie. Nei momenti di difficoltà i bambini cercano nei loro animali l’intimità, la confidenza e il conforto.
I bambini sono capaci di condividere con il loro animale sentimenti privati e segreti considerandoli come dei confidenti e raccontando loro cose di cui non parlano con fratelli ed amici. Diversi studi ad esempio dimostrano che questo attaccamento agli animali sia positivamente correlato al concetto di sé (non a tutte le età) alla cooperazione e alla competenza sociale alla funzione sociale emozionale, all’attenzione per l’ambiente e alle preoccupazioni per gli altri (solidarietà).
Nei bambini con “relazioni umane difficili” spesso gli animali da compagnia possono svolgere un ruolo importante. Questi bambini rivolgono ai loro animali cure e attenzioni in modo da soddisfare in parte le proprie necessità di intimità e amore.
Non dobbiamo dimenticarci che quanto detto finora per il bambino vale anche per l’animale da compagnia. I cani e i gatti entrano spesso in simbiosi con i proprietari, vivono per loro, per renderli felici e soddisfarli.
La decisione di portare un animale a casa, magari in occasione delle feste natalizie, viene spesso presa troppo alla leggera, senza riflettere sulla responsabilità che questa scelta comporta.
Portare a casa un animale da compagnia significa regalare alla vostra famiglia un’esperienza magnifica, indimenticabile e unica ma fatelo solo se avete riflettuto in modo consapevole sui doveri che vi aspettano.
Simona Caddeo

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BOCCIATA LA CITTADELLA TERMALE


La Regione sarda e la Provincia del Medio Campidano hanno bocciato la variante al PUC contenente il progetto di cittadella termale elaborato nel segreto della sala della giunta comunale.


La notizia si è appresa nell’ultima riunione del Consiglio comunale quando la maggioranza ha voluto stralciare dal PUC, che dovrà essere riscritto, tutto quanto era stato inserito attorno al compendio termale e come ampliamento dell’area artigianale. Ciò è avvenuto perché non è stata realizzata la cosiddetta Valutazione Ambientale Strategica né è stato considerato l’obbligo di adeguarsi al Piano Ambientale Idrogeologico, cioè non sono state rispettate le leggi che impongono di verificare in anticipo i pericoli e i problemi per l’ambiente, per gli edifici da costruire e per le persone.
L’Amministrazione comunale con lo stralcio in pratica coglie l’occasione per rinunciare all’idea di
un secondo centro abitato esteso non per 170 ettari, come ci è stato arrogantemente ribattuto, ma, come risulta dalle carte del Comune, per 174 ettari.
La notizia è positiva. Si chiude così una vicenda poco trasparente e su cui è stata data poca informazione anche da una stampa locale strabica. Viene scongiurato un danno grave all’ambiente, che rischiava di pregiudicare la valorizzazione dell’acqua termale e lo sviluppo del termalismo.
Novas darà maggiori informazioni sulla vicenda e svilupperà una discussione su cosa fare adesso per il bene del paese.
Novas

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LA VISITA DI UN TURISTA FRANCESE


Ho visitato le vaste rovine del castello di Sardara, chiamato Monreale. I suoi merli e le sue torrette dominano orgogliosamente la collina scoscesa alla quale ha dato il nome.


Questo antico maniero dei giudici d’ Arborea, uno dei meno rovinati e dei più storici della Sardegna, fu soggiorno dell’infante donna Teresa, nel 1324, allorché suo marito don Alfonso d’Aragona, assediava Cagliari di cui s’impadronì: e nel 1409, servì di rifugio al visconte Amerigo di Narbona, pretendente al giudicato d’Arborea, dopo la disfatta che subì da don Mariano il Giovane.
Sardara deve la sua fama soprattutto alle acque termali, che per quanto siano le più frequentate della Sardegna. mancano di uno stabilimento. Questi bagni sono formati da due specie di grotte oscure e molto sporche, nelle quali ho trovato i bagnanti , uomini e donne, quasi pigiati gli uni agli altri, coricati su materassucci che questa povera gente aveva recati seco. I ricchi si fanno portare a casa loro a Sardara, o in casa delle persone dove alloggiano, l’acqua che loro occorre e che conserva ancora tutto il calore, benché ci voglia, a cavallo, una mezz’ora e più di cammino.
Pare che Sardara sia stata l’antica Acquae Neapolitanae indicata da Tolomeo. A ponente si trovava un’altra città romana, chiamata Aqcuae Neapolitanae, menzionata dall’Itinerario di Antonino.
Gli antichi, che hanno valutato la virtù delle acque minerali della Sardegna sono giunti ad attribuire loro proprietà favolose, quali quella di colpire di cecità i ladri e gli spergiuri allorché dovevano subire la prova di bagnarsene gli occhi.
Antoine Claude Valery. 1837

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BANDIERA E CROCE


La decisione della Svizzera di impedire la costruzione di altri minareti sul suo territorio, ha suscitato nella opinione pubblica e tra gli addetti ai lavori politici e religiosi, una appassionata discussione.


Il cattolicissimo onorevole Castelli, ministro della cattolicissima Lega nord, non si lascia sfuggire l’occasione e, per marcare la sua presenza e quella della sua parte politica, propone di inserire l’immagine del crocifisso nella nostra bandiera, simbolo dell’unità nazionale. E’ bene ricordare che autorevoli rappresentanti della Lega, non smentiti dai vertici di quel partito, non molto tempo fa proposero al popolo della Padania di travestire gli “ingombranti” immigrati extracomunitari da leprotti e … bum bum bum sparargli con il fucile. Il difensore della chiesa, dei cattolici e del cattolicesimo on. Berlusconi non fece una piega. Sempre non molto tempo fa il capo dei capi Umberto Bossi disse a pieni polmoni che il tricolore lo avrebbe usato per pulirsi il c. ! Il presidente del Consiglio garante dello Stato e dei suoi simboli, bandiera compresa, non fece ancora una piega. La chiesa, i cattolici e le persone di buon senso in genere dovrebbero cominciare a preoccuparsi seriamente, perché se questi signori mettono in atto i loro propositi, l’immagine del supremo sacrificio del figlio dell’uomo immaginate dove andrebbe a finire.
Luigi Melis

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PER IL NUOVO OSPEDALE SI FIRMA PRESSO IL CIRCOLO ARCI.


Il Comitato “Salviamo l’ospedale del Medio Campidano”, composto da Enti Locali, Organizzazioni Sindacali, associazioni di vario tipo sta proseguendo nella raccolta delle firme dei cittadini nei vari comuni della provincia ed ha ormai superato le seimila adesioni.


Cresce quindi la mobilitazione delle nostre popolazioni in difesa di un presidio sanitario, indispensabile per accrescere il benessere del territorio, il cui futuro è minacciato dalle scelte dell’attuale giunta regionale.
La giunta Soru infatti aveva predisposto un progetto per realizzare un nuovo ospedale di 250 posti letto con un finanziamento di 93 milioni di euro. La giunta Cappellacci ha deciso di ridimensionare il progetto portando i posti letto a 200 ed riducendo il finanziamento a 35 milioni di euro. In questo modo si vuole ridurre i servizi offerti e diminuire l’efficienza della struttura ospedaliera.
Le somme risparmiate ed i posti letto recuperati verrebbero attribuiti all’area urbana di Cagliari accontentando le pretese dei baroni ospedalieri.
Si tratta quindi di un disegno inaccettabile per la popolazione del Medio Campidano, che vedrebbe calpestati diritti fondamentali , prima riconosciuti, ed un numero di posti letto e di servizi proporzionati all’entità della popolazione, in linea col resto dei sardi.
Bisogna quindi mobilitarsi firmando la petizione. A Sardara è possibile farlo recandosi presso i locali del circolo Arci in via Umberto 1°

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