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giovedì 26 novembre 2009

TERME: QUALE FUTURO?


Il circolo del Partito Democratico organizza per sabato 28 novembre un Incontro – dibattito sul tema “ Terme, quale futuro ?” che si terrà presso il salone dell’hotel Antica Casa Diana in piazza Emio Lussu. L’iniziativa, che è rivolta agli iscritti, ai votanti alle elezioni primarie per eleggere il segretario nazionale ed il segretario regionale, ai simpatizzanti e ai cittadini interessati, tende a rendere pubblica la posizione del P.D. sulle vicende in corso nell’area termale.
Preoccupa infatti la chiusura dell’albergo comunale e la perdita dei posti di lavoro e dell’indotto di alcune piccole imprese locali dovuta al modo in cui l’amministrazione comunale non è riuscita a guidare il passaggio da un gestore all’altro della struttura.
Il partito presenterà le proprie proposte per lo sviluppo del termalismo.

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mercoledì 25 novembre 2009

RAGIONAMENTI NON INSULTI E QUERELE


L’area di sinistra del Partito Democratico di Sardara ha creato un blog, un sito internet, chiamato Novas di Sardara, per rendere noti a iscritti, simpatizzanti ed in generale agli interessati, fatti, opinioni e posizioni politiche su problemi che riguardano il paese.


Il blog ha pubblicato i documenti di una variante al PUC, approvata a maggioranza in Consiglio comunale, che rende edificabile i terreni tra la SS 131 e l’albergo termale per realizzarvi la cosiddetta “cittadella termale”, costituita da residenze e da strutture di servizio, come può essere un supermarket. Di questa operazione critichiamo l’approvazione senza aver dato informazione alla popolazione, la localizzazione di attività commerciali o di servizio, che possono essere realizzate altrove, per esempio lungo la vecchia 131, e la costruzione di residenze private destinabili ad albergo diffuso, che la legge regionale consente di realizzare invece solo nel centro storico. Siamo inoltre contrari ad attribuire le vere volumetrie edificabili al momento dell’approvazione dei Piani Attuativi, dopo che gli investitori avranno già acquistato i terreni, perché questo danneggerebbe gli attuali proprietari e potrebbe favorire eventuali speculazioni.
Queste prese di posizione politiche hanno provocato le ire degli amministratori. Hanno così incaricato l’assessore al bilancio di riempirci di insulti sulla Gazzetta del Medio Campidano facendoci anche una lezioncina sulle leggi di contabilità pubblica. Successivamente la giunta comunale ha deliberato di pagare con i soldi dei sardaresi un avvocato per diffidare e per imporre a Novas il silenzio, quasi a voler introdurre nel paese una sorta di censura.
Lasciamo volentieri gli insulti a chi appartengono così come le presuntuose lezioncine sulle norme di contabilità forse utili agli stessi amministratori. Le questioni politiche ci sembrano più serie, numerose e consistenti.
Da tre anni e mezzo chi amministra dispone di circa cinque miliardi delle vecchie lire, destinati a interventi di valorizzazione dell’area termale e del castello di Monreale, ancora in gran parte da utilizzare. Sono arrivati senza alcun vincolo e potevano essere usati per recuperare l’ex bottiglieria, valorizzare il castello o persino per intervenire nell’albergo termale magari con un progetto predisposto da un bravo professionista. Invece si è persa la bussola, si è arrivati a chiudere l’albergo e a farci lavori improvvisati. Si sta inoltre deliberando di garantire un mutuo che dovrebbe essere assunto dall’attuale gestore dell’albergo . Nel frattempo i lavoratori sono ancora a casa, piccoli imprenditori fornitori dell’albergo hanno perso un cliente, lavorano invece gli avvocati in cause pendenti in vari tribunali della Repubblica.
E’ compito dell’Amministrazione Comunale informare i sardaresi che quelle aree diventando edificabili aumentano di valore. Chi le vuole vendere deve sapere che il loro prezzo potrà aumentare ancora quando il Comune, approvando i Piani Attuativi, stabilirà le volumetrie e che cosa effettivamente si potrà realizzare. E’ comprensibile che sorga interesse per acquistare questi terreni, ma il rapporto tra acquirente e venditore deve essere basato su un identico livello di conoscenza.
E’ un dovere di chi amministra vigilare affinché chi presta la propria opera in lavori finanziati dal Comune presso l’albergo termale riceva regolarmente un trattamento sindacale nella remunerazione, nella contribuzione previdenziale e nell’assicurazione contro gli infortuni.
Di fronte agli insulti, alle intimidazioni e agli atteggiamenti minacciosi proponiamo ancora problemi seri da chiarire ed eventualmente da risolvere perché sono gli amministratori che hanno il compito di decidere o di vigilare. I polveroni sollevati ad arte danneggiano troppi sardaresi così come gli atteggiamenti intolleranti ed autoritari. Il paese ha bisogno di democrazia piena e responsabile e di una libertà senza censure. Per questo continueremo ad esprimere opinioni, a rendere pubblica la nostra posizione politica e a dare informazioni.
Sardara, 23.11. 2009
Novas di Sardara - Via Umberto, 2

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Politica e partecipazione: il ruolo dei Circoli nel PD Sardo


Mi sono avvicinata alla politica da poco, ma ho respirato la politica fin da bambina.


Mio Padre era un operaio e militante del vecchio PCI, non faceva parte di un Direttivo e non ha mai ricoperto ruoli politici, ma partecipava assiduamente alle riunioni del Circolo del nostro paese e quando tornava a casa, dopo la strigliata giornaliera di mia Madre perché in sezione ci passava troppo tempo, ci sedevamo tutti a tavola e ci raccontava di quello che succedeva, delle discussioni spesso accese, delle opinioni dei vari esponenti e di quello che si proponeva per il paese. Erano per me, come per tanti miei compaesani, fatti appartenenti alla quotidianità, espressione naturale di una società che si preoccupava di quello che succedeva intorno, di una politica che nasceva dal basso e dalle reali esigenze della popolazione, fatta di concretezza, di piccoli passi messi uno dopo l’altro per raggiungere un obiettivo comune.
I circoli erano allora veri punti di ritrovo per i cittadini, luoghi dove tutta la popolazione era chiamata a proporre un programma di governo, un punto di riferimento per il paese e per la società.
Non era tutto un idillio, ma una differenza sostanziale c’era: la politica entrava nelle case, e le case entravano nel Partito.
Sono passati molti anni da allora, sono cambiate tante cose.
Il PCI non esiste più, la società è mutata profondamente, la crisi dell’economia e la mancata innovazione hanno fatto andare via dalla Sardegna molti giovani che non si sono voluti arrendere ad una vita di disoccupazione e precarietà, un ingiusto destino a cui sono stati condannati da una classe dirigente che spesso non ha saputo porre l’interesse collettivo davanti all’interessi di pochi, che non ha saputo ascoltare, non ha saputo dare risposte concrete, inaugurare un nuovo corso politico, rappresentare un cambiamento forte, radicale, duraturo.
Molte cose sono cambiate, ma il Circolo nel mio paese c’è ancora, è sempre lì, al suo stesso posto. Ora a sventolare non c’è più la bandiera del PCI, ma quella del PD. Alcuni dei partecipanti assidui sono andati via, altri si sono persi per strada nelle varie vicende di trasformazione del Partito, altri ancora hanno smesso di sperare, hanno smesso di credere che la Politica e il Partito Democratico potessero dare una risposta concreta alla crisi, al malessere che ormai dura da troppo tempo. Mancano all’appello molti dei trentenni come me, mancano i giovani, mancano i figli di una generazione che ha creduto nella Politica, ma che dalla Politica non ha ricevuto risposte, che dalla Politica è stata tradita. Una generazione che ha smesso di affidare al Partito e alla Sinistra la propria voce, le aspettative, le speranze.
Tutti i giorni assistiamo alle ingiustizie e ai soprusi, agli attacchi inferti alla società, alle istituzioni, alla democrazia, assistiamo ad un progredire della corruzione, del crimine, dell’individualismo più efferato. Tutti noi ci facciamo un’opinione in merito a quello che succede. Spesso è un’opinione forte, ma altrettanto spesso nasce da sola, non è condivisa, non ha un punto di riferimento.
E allora qual è il ruolo che la Politica, la Sinistra e il Partito Democratico devono avere in tutto questo? Come recuperare l’enorme divario che si è creato tra noi e la gente? Come fare a riguadagnare la fiducia di chi ci sta intorno, la fiducia del Popolo da cui, storicamente, è nato il nostro Partito?
Si fa tanto parlare di quello che noi potremmo fare per la Società, troppo poco, invece, di quello che la Società e la Gente potrebbero fare per noi. Troppe volte il nostro Partito, in questi due anni di vita, si è arenato in discussioni sterili al suo interno, troppo spesso ha perso il contatto con la realtà circostante, ha smesso di parlare con i cittadini, ha smesso di ascoltare le loro motivazioni, le loro necessità. I Circoli sono presenti, ma hanno perso la loro funzione di catalizzatori di opinioni, di coinvolgimento, di partecipazione. Non c’è più un ritrovo per parlare delle azioni da cui partire per risollevare la Società, risollevare la Sardegna. Non c’è più il legame di un tempo tra il Partito e la popolazione.
All’indomani dell’incredibile esperienza di partecipazione che le Primarie hanno rappresentato per il nostro Partito, della forza e dell’incoraggiamento dei 3.500.000 di cittadini Italiani e 107.000 Sardi che il 25 ottobre ci hanno accordato la loro fiducia e hanno raccolto il nostro invito a camminare assieme a noi, tanto deve essere ancora fatto. Nostro dovere deve essere non disperdere ma consolidare questo straordinario risultato.
Perché, nonostante il calore e l’affetto che abbiamo sentiti quel giorno siano ancora vivi, la nostra speranza, il nostro impegno, la nostra voglia di contribuire al cambiamento hanno una voce che suona il più delle volte sorda alle persone a cui ci rivolgiamo.
E allora lottiamo per un Partito che viva in mezzo alla gente e che dalla forza della gente venga nutrito, che ritorni alla militanza vera, che riporti la politica nelle strade e nelle piazze.
Il nostro Partito può e deve tornare ad ascoltare, a farsi interprete dei deboli e ad agire per risolvere i problemi; può e deve far nascere un programma politico e un’alternativa concreta da esigenze reali.
Per raggiungere questi obiettivi tre sono le parole da cui partire.
1) ASCOLTO, da anteporre alla parola. Ascolto di tutti, per capire quello che la gente vuole, per ricreare un legame con la Società, per ritornare a essere interprete dei suoi bisogni.
2) PARTECIPAZIONE, per smettere di imporre dall’alto le nostre opinioni ad una base che non ci ascolta e non ci comprende più, per avvicinarci alla gente con umiltà chiedendole di partecipare e di renderci partecipi dei loro bisogni, delle loro aspettative, delle loro speranze.
3) COINVOLGIMENTO, perchè il nostro è un Partito nuovo, ma con una storia che non deve e non può dimenticare. Perché un Partito non è un contenitore vuoto, ma un insieme di persone accomunate da militanza, impegno,obiettivi.
Molti di noi iscritti al PD condividiamo la ferma convinzione che, in un processo che porti al raggiungimento di questi obiettivi, siano i Circoli a potere e a dovere rappresentare il cambiamento. Perchè solo organismi strettamente a contatto con il territorio possono rimediare alla mancanza di coinvolgimento e di partecipazione che sono alla base della crisi ideologica e civile che stiamo vivendo.
I Circoli devono essere presenza attiva e viva nei quartieri, nei paesi e nelle città, devono fare in modo che la politica si possa di nuovo toccare con mano, devono toglierle di dosso quella patina di astrattezza e di sfiducia che la permea e la avvolge.
I Circoli devono prima parlare tra di loro, diventando una vera Rete che opera e porta il Partito in ogni angolo del territorio, e poi parlare alla gente e, attraverso un interscambio costante, raccogliere indicazioni e direttive da riportare al centro del Partito.
Siamo noi i primi a dover innescare il cambiamento, promuovendo temi, gruppi di discussione, una programmazione partecipata da tutti. Facciamo in modo che ogni suggerimento che ci viene fatto venga metabolizzato e fatto diventare una proposta concreta, andiamo in giro per la Sardegna a raccogliere la voce e la testimonianza di coloro che vogliamo avere l’onore di rappresentare.
Per fare questo, usiamo tutti i mezzi che abbiamo a disposizione, fisici e virtuali: i presidi territoriali in primis e certamente i volantini, ma ugualmente la tecnologia - internet, i blog e le newsletter, i social network, e, in cima a tutti, il SIPA (Sistema Informativo per la Partecipazione)- possono aiutarci a far rinascere e a mantenere vivo il legame con la gente.
E’ da questo che dobbiamo partire, cominciando a parlare e a coinvolgere le 107.000 persone che alle Primarie del 25 ottobre ci hanno confermato il loro appoggio e che ci chiedono di tornare ad avere un ruolo preponderante in questo difficile scenario che stiamo vivendo.
Per riguadagnare la loro fiducia, dimostriamo di essere una vera alternativa, riappropriamoci della nostra storia, della nostra capacità di far partire dal basso ogni nostra decisione e motivazione.
Torniamo a essere un Partito dove i personalismi e l’individualismo sono al margine, un Partito fatto non per i nomi, ma per la collettività.
Rivendichiamo il nostro legame con il Popolo.
Roberta Atzori

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Provincia del Medio Campidano: situazione attuale e prospettive


Venerdì, nei locali del Monte Granatico di Sanluri, si è tenuto un importante incontro promosso dalle Associazioni Sindacali C.G.I.L. , C.I.S.L. e U.I.L. per discutere dei problemi del lavoro, di economia e di politiche locali per lo sviluppo nella Provincia del Medio Campidano.


Oltre ai dirigenti territoriali e regionali del sindacato erano presenti il Presidente della Provincia Fulvio Tocco, alcuni assessori provinciali del Medio Campidano, i Sindaci, i Consiglieri regionali ed i parlamentari del territorio, il Vescovo di Ales-Terralba, il Direttore regionale dell’I.N.P.S. oltre ad una numerosa platea di lavoratori e di cittadini.
Assemblee come quella di venerdì si sono svolte in tutte le province della Sardegna in preparazione dell’assemblea regionale conclusiva che i sindacati terranno a Cagliari il 30 novembre, nella quale si farà la sintesi di quanto emerso nelle assemblee provinciali e da cui dovranno scaturire le proposte da portare al confronto con il Presidente e la Giunta regionale.
La relazione introduttiva del segretario provinciale della C.G.I.L. ha ricordato tutti i punti di debolezza del territorio, a cominciare dalla quasi scomparsa del tessuto industriale, con la chiusura della Scaini, l’azzeramento di tutto il comparto tessile del Villacidrese (Filati industriali, SNIA, ecc.), la chiusura della fonderia di San Gavino, il ridimensionamento della Keller, unica realtà industriale ancora in piedi, il settore estrattivo da tempo inesistente, un’agricoltura che patisce i mali di sempre, rimasta in larga parte marginale ed assistita, e che non riesce a produrre ricchezza e occupazione. Il fenomeno dell’emigrazione sempre attuale ed in preoccupante crescita, seppure si tratta di un’emigrazione stagionale e rivolta principalmente all’interno della penisola.
Uno scenario da cui nasce un’ inarrestabile emorragia di manodopera che è ben lontana dall’essere riassorbita dal settore commerciale e dal terziario, mentre sono sempre più numerosi i lavoratori disoccupati, quelli iscritti nelle liste di mobilità ed in cassa integrazione a zero ore.
Sulla questione degli ammortizzatori sociali, il direttore dell’I.N.P.S. è stato il più autorevole testimone della dimensione della mancanza di lavoro ed ha voluto efficacemente tradurre tale fenomeno in cifre riferendo alcuni dati, tra i quali quello del numero delle domande di disoccupazione ordinaria nel 2009 che, con le indennità di mobilità (cioè espulsi dall’azienda e in godimento di una indennità per un breve periodo) e di cassa integrazione (cioè lavoratori sospesi dal lavoro ma ancora dipendenti dalla propria azienda) sono circa 1700, oltre alle circa 2600 indennità di disoccupazione con i requisiti ridotti, cioè quelle previste per i lavoratori stagionali che abbiano lavorato almeno 78 giornate nell’anno.
La relazione ha messo in evidenza anche i punti di forza, o meglio, le potenzialità del territorio sulle quali vale la pena di investire. Tra queste le ampie aree di territorio da valorizzare dal punto di vista delle colture specializzate, quasi 50 chilometri di bellissime coste da valorizzare turisticamente, tutte in territorio di Arbus, e poi archeologia, beni culturali, agroalimentare e termalismo. A proposito di quest’ultimo settore, la relatrice ha fatto cenno alle potenzialità che sono ancora presenti a Sardara ed ha parlato di due stabilimenti termali. Peccato per questa inesattezza, certo non voluta, ma noi sardaresi sappiamo che anche il termalismo nostrano soffre la sua piccola crisi e che la chiusura dello stabilimento termale del Comune (causato da gravi errori amministrativi dell’attuale Amministrazione comunale), ha determinato la perdita di ben 25 posti di lavoro, si spera solo temporaneamente.
La partecipazione congiunta delle forze sociali con i rappresentanti politici e delle Istituzioni ha dato luogo ad una discussione ad ampio raggio che ha messo in risalto alcuni segnali positivi ma soprattutto segnali che inducono alla preoccupazione per il fututro, quali ad esempio una tendenza alla contrazione del numero degli abitanti (che ad oggi sono poco più di 100.000), una altissima disoccupazione giovanile (quasi il 40%) ed una disoccupazione femminile di quasi il 50%.
Più interventi hanno richiamato alla necessità delle stare tutti uniti, il mondo del lavoro, la politica, le Istituzioni e altrettanti hanno ricordato uno dei mali che spesso ci affligge e cioè il campanilismo, la tentazione di dimostrare che si è più bravi o più virtuosi, atteggiamento che è causa della incapacità di guardare all’insieme, di programmare insieme il futuro. E ciò con danno di tutti.
Una delle proposte più concrete è quella portata all’attenzione dei presenti da parte del Presidente della Provincia Fulvio Tocco, che nel ricordare il progetto già in parte attuato dall’Amministrazione che Egli presiede, ‘Vivere la campagna’, ha voluto sottolineare che la cooperazione è il modo migliore per portare a compimento progetti di interesse economico e sociale che possono avere ricadute sull’intero tessuto economico del territorio. E’ stata l’occasione per ricordare che il progetto ‘vivere la campagna’ prevede l’incentivazione ai produttori agricoli per la coltivazione di determinate colture, in particolare le leguminose, la cui produzione dovrebbe in larga misura rifornire gli stessi mercati e gli allevatori locali, che normalmente si approvvigionano dai mercati nazionali e internazionali. Insomma il tentativo di creare un circuito economico tutto sardo (consumo in Sardegna ciò che produco in Sardegna). Un esempio da imitare.
Insomma, in un quadro che non induce all’ottimismo, si intravede una chiara e forte volontà di impegno da parte di tutti, politica, istituzioni e del mondo del lavoro che fa ben sperare per il futuro. E questo è già un risultato.
r.m.

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domenica 22 novembre 2009

M E D A U ‘E P A D E N T I

Quasi tutte le favolette hanno per protagonisti i nostri amici animali. I tre porci di quella che segue sono stati accolti (cumenti ‘e mellus bestias), dopo un lungo vagare, nell’ospitale “coibi” di Bissenti, che ripagano nel modo che vedrete. Purtroppo capita anche con gli umani, che invece di ringraziare per l’ospitalità, spargono nella comunità ospitante larghissime manciate di zizzania. Non è però che finiscano appesi ai ganci di Ciccheddu. Anzi.

Scarica qui il testo.

http://www.novasdisardara.it/medau%20de%20padenti%202.pdf

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SCOLA E TERRITÒRIU - TRES


Sàbudu su 7 de donniasantu in Carbònia s’est fatu unu cumbènniu de importu mannu intitulau De s’istória furara a s’istória coment’e protagonistas.


Su bellu acontèssiu, bòfiu de Mario Puddu e apariciau impari a s'assòtziu s' Àndala de Carbònia teniat cumenti de reladoris a Puddu etotu, docenti e linguista autori de ditzionàrius e grammàtigas de sardu, Salvatore Cubeddu, sociòlogu e Federico Francioni, stòricu. Is reladoris faint parti de sa Fondazione Sardegna, sa pròpia fundatzioni chi at agiudau a apariciai s'àteru cumbènniu de importu mannu fatu de pagu in Ollolai: sotto l’albero di Ospitone http://www.sardegnademocratica.it/webtv/
Puddu cun sa relata Su “buco nero” de s’iscola italiana, at ammostau s'arresurtau de s'anàlisi fata asuba de unus cantu cursus de stòria in adotzioni in tres scolas mesanas, mèdias, de s'ìsula, unu de custus est su de Sàrdara, NOI SIAMO LA STORIA - Mondadori, e un'àteru testu umperau in d-unu ginnàsiu de Carbònia.
Sa relata s'at ammostau ca in custus libbrus (ma podeus de seguru nai in totu is libbrus de scola), sa storia nosta no est contada. Calincunu fueddu, ma no sempri, asuba de sa civiltadi de is nuraxis e pratigamenti nudda àteru. Candu aparessit su fueddu Sardegna est giai sempri in funtzioni de sa stòria de is àterus e bortas meda contant po fintzas fàulas mannas. Sa prus eclatanti est cussa chi narat ca in s'edadi de is Judex, Giudici-re, sa Sardìnnia fiat genovesa e pisana, trastochendi aici unus 400 annus de stòria prus che dìnnia. Civiltadi chi iat prodùsiu prendas che sa Carta de Logu, lei de is prus modernas de s'Europa de su tempus, unu tempus anca Marianu IV, Judex e babbu de Lionora de Arborea, iat afranchiu, affrancato, po lei totu is serbidoris-mesu scraus candu bona parti de s'Europa fut ancora imboddiada in su scuriori de su feudalèsimu.
Cubeddu invècias cun sa relata Lo studio della storia nella formazione della coscienza di un popolo at fueddau de s'importu po unu pòpulu su connosci sa stòria cosa sua e spricau poita est chi sa nosta no dd'agataus in scola. Una relata chi si fait cumprendi cosas medas e chi si fait sucai su feli: su pigai cuscièntzia de certas chistionis podit essi unu pagheddu cumenti de nci arrui de suncunas spollaus, in s'ierru, aintru de unu corropu de àcua frida che sa nii.
Sa relata de Francioni A tempos de Giommaria Angioy est apitzus de custu grandu personàgiu de s'acabbu de su 1700 e primus annus de su 1800, chi a unu certu tretu de sa furriada de is sardus contras a savojas e feudatàrius iat ghiau, condotto, is sardus. Una furriada chi at connotu una partecipatzioni populari chi no tenit cunfrontu in nisciuna àtera parti de Itàlia avedali. Agataus in scola calincunu acinnu a custus tempus de grandu importu po is sardus? Provai a biri bosàterus etotu me is libbrus chi seguramenti teneis ancora in domu. Sa chistioni est: funt is stòricus inniorantis ca no scint o ddu est calincuna àtera arrexoni?
A merì s’est spoddiau su dibbàtidu: leaders indipendentistas e àterus aproliaus po circai de biri is cosas de un'àtera prospetiva. Chi un’ataciada, una crìtica, dda depu fai est po su tropu tempus lassau a is polìtigus ca ant furau tempus meda a s’arrexonada.
Podeis ascurtai e biri siat is relatas che is interbentus in custu giassu:
http://hbsulcis.com/istoria_furara/pag/video.html
Chi eis a tenni sa passièntzia de biri custus vìdeus de interessu stravanau, provai a arrespundi a sa domanda innoi asuta.
Si parrit normali chi sa scola sigat a cuai a fillus nostus sa stòria insoru?
De unu pagheddu de tempus in sa scola de Sàrdara aintru de su consillu de istitutu, MÀSSIMU òrganu collegiali de custa istitutzioni, babbus e mammas funt domandendi, cunfromma a is leis de statu e regioni de acostai a su programma ministeriali de stòria cussu de sa terra nosta. Is leis giai ddu previdint.
Abetendi chi si ndi scidit sa Regioni Sarda, de sempri dormida asuba de custas chistionis, seus me i manus de cuscièntzia de sa classi docenti de Sàrdara. Spetat a maistus e professoris a detzidi chi est cosa de profetu sighiri a cuai a fillus nostus sa stòria insoru (e lìngua e cultura prus in generali). Tocat a issus a detzidi chi est unu beni o unu mali po fillus nostus a ddus agiudai a pigai cuscièntzia de su chi funt o sighiri a ddus fai castiai sceti a su mundu e a sa cultura de is àterus sighendi a ddis fai pensai ca babbus e abus insoru no ant prodùsiu una cultura dìnnia de sa scola.
Tocat a sa scola a nai chi est importanti chi fillus nostus potzant nai cun bantu: seu Sardu! O cun d-unu pagheddu de bregùngia e a faci in terra: purtroppo sono sardo! E cumprendi is implicatzionis mannas in tèrminis sòtziu-econòmicus po su benidori insoru.
Po immoi sa scola at scritu me is finalidadis educativas de su POF: privilegiare percorsi che valorizzino la storia, la lingua e la cultura della Sardegna al fine di fornire una piena consapevolezza del proprio codice identitario. Est giai calincuna cosa chi si fait castiai cun ogus de speru. Eus a biri chi at a preni de cuntènnius, contenuti, custus printzìpius o chi invècias ant a abarrai sceti fueddus mortus e scavuaus in d-unu arrogu de paperi a fai cumpangia a sa cuscièntzia de is sardus cuada in su scuriori de s'innioràntzia.
Apu a fai sciri cumenti at a acabbai sa chistioni.
SCUOLA E TERRITORIO - TRE
Sabato 7 novembre a Carbonia si è svolto un importante convegno dal titolo De s’istória furara a s’istória coment’e protagonistas. L’evento voluto da Mario Puddu e organizzato assieme all’associazione s’Àndala di Carbonia aveva come relatori lo stesso Puddu, docente e linguista, autore di dizionari e grammatiche di lingua sarda, Salvatore Cubeddu, sociologo e Federico Francioni, storico. I relatori fanno parte della Fondazione Sardegna, la stessa fondazione che ha aiutato ad organizzare l’altro importante e recente convegno svoltosi a Ollolai sotto l’albero di Ospitone http://www.sardegnademocratica.it/webtv/
Puddu con la relazione Su “buco nero” de s’iscola italiana, ha mostrato il risultato dell’analisi fatta su diversi corsi di storia in adozione in tre scuole medie dell’isola, uno di questi è quello di Sàrdara, NOI SIAMO LA STORIA – Mondadori, e un altro testo impiegato in un ginnasio di Carbonia.
La relazione ha mostrato che in questi libri (ma possiamo certamente dire in tutti i libri di scuola), la nostra storia non è raccontata. Qualche parola, ma non sempre, sulla civiltà dei nuraghi e praticamente nulla altro. Quando appare la parola Sardegna è quasi sempre in funzione della storia degli altri e spesso si raccontano perfino grosse bugie. Secondo la più eclatante di queste ultime nell’età dei Giudici-re, la Sardegna sarebbe stata genovese e pisana, falsificando così circa 400 anni di storia più che degna. Civiltà che produsse gioielli come la Carta de Logu, corpo di leggi dei più moderni d’Europa del tempo; un tempo dove Mariano IV, Judex e padre di Eleonora d’Arborea affrancò per legge tutti i servi quando buona parte dell’Europa era ancora avvolta nell’oscurità del feudalesimo.
Cubeddu invece con la sua relazione Lo studio della storia nella formazione della coscienza di un popolo ha parlato dell’importanza della conoscenza della propria storia per un popolo e spiegato perché la nostra non la troviamo a scuola. Una relazione che ci fa capire molte cose suscitandoci un moto di rabbia: prendere coscienza di certe questioni può essere un po’ come cadere all’improvviso, d’inverno, nudi, dentro un gorgo d’acqua gelida.
La relazione di Francioni A tempos de Giommaria Angioy è su questo grande personaggio della fine del 1700 e dei primi anni del 1800, che ad un certo punto della rivolta contro savoja e feudatari condusse il popolo sardo. Una rivolta che quanto a partecipazione popolare non trova nessun confronto in nessuna altra parte dell’Italia del tempo. Troviamo nella scuola qualche cenno su questo periodo di grande importanza per i sardi? Provate a verificare voi stessi nei libri che certamente avete ancora a casa. La questione è: sono gli storici ignoranti perché non sanno, oppure vi qualche altra ragione?
Di pomeriggio si è svolto il dibattito: leaders indipendentisti e altri intervenuti giunti per cercare di vedere le cose secondo altre prospettive. Se una critica la devo muovere è per il troppo tempo lasciato ai politici che hanno rubato troppo tempo al dibattito.
Potete ascoltare e vedere sia le relazioni che gli interventi in questo sito
http://hbsulcis.com/istoria_furara/pag/video.html
Se avrete la pazienza di vedere questi video di enorme interesse, provate a rispondere alla sottostante domanda.
Vi sembra normale che la scuola continui a nascondere ai nostri figli la loro storia?
Da qualche tempo nella scuola di Sardara all’interno del consiglio di istituto, Massimo organo collegiale di questa istituzione, papà e mamme stanno chiedendo in conformità alle leggi di stato e regione di avvicinare al programma ministeriale di storia quello della nostra terra. Le leggi lo consentono già.
http://www.sardegnademocratica.it/j/x/105?s=4&v=9&c=418&va=x&id=8793&b=
In attesa che si svegli la Regione Sardegna, da sempre latitante su queste problematiche, siamo nelle mani della coscienza della classe docente di Sardara. Spetta a maestri e professori decidere se è utile continuare a nascondere ai nostri figli la loro storia (lingua e cultura sarda più in generale). E’ loro compito decidere se è un bene o un male per i nostri figli aiutarli a prendere coscienza di ciò che sono o continuare a farli guardare esclusivamente al mondo e alla cultura altrui, continuando a far loro credere che i loro padri e antenati non hanno prodotto una cultura degna della scuola.
Spetta alla scuola dire se è importante che nostri figli possano dire con orgoglio; seu Sardu! Oppure con un poco di vergogna e occhi puntati a terra: purtroppo sono sardo! E capire le enormi implicazioni in termini socio-economici per il loro futuro.
Per il momento la scuola ha scritto nelle finalità educative del POF: privilegiare percorsi che valorizzino la storia, la lingua e la cultura della Sardegna al fine di fornire una piena consapevolezza del proprio codice identitario. E’ già qualcosa e fa ben sperare. Staremo a vedere se essa riempirà di contenuti questi principi o se invece rimarranno solo lettera morta, buttata su un pezzo di carta a far compagnia alla coscienza dei sardi nascosta nell’oscurità dell’ignoranza.
Farò sapere come andrà a finire.
Giampaolo Pisu

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venerdì 13 novembre 2009

VERDE A SARDARA

Recentemente un servizio sul quotidiano La Repubblica sull’estensione delle superfici boschive dell’Italia, relativa ai dati del 2005, pone al 1° posto la Sardegna con una superficie 1.213.250 ettari. Sardara, riferendoci alle superfici boscate all’esterno del centro abitato, è uno dei territori più verdi del campidano con il Monreale, S.Maria acquas, Strovina e Arriu.

Ma anche nel centro abitato possiamo dire che il verde presente a Sardara è straordinario:

Via Oristano, lunga circa 1 km., è uno splendido viale con circa 170 alberi di cercis o alberi di giuda, che in Aprile durante la fioritura assumono un delicato colore rosa-lilla. Lungo la stessa via vi è una piazzetta con altri alberi di olivo, ficus, leccio, olmi, palme e celtis australis. Alla fine della via, sulla sinistra verso Oristano vi è il piazzale dell’albergo Monreale con i giardini di olivi e macchia mediterranea.

Via Cagliari, lunga circa 800 m., con circa 100 alberi di tiglio e altri di oleandro fino allo sbocco della vecchia 131. Lungo la via vi è la piazza Giovanni XXIII° con una decina di celtis (bagolari detti spaccasassi) e la piazzetta del cineteatro con uno splendido leccio centenario.

Viale dei Platani, lungo circa 800 m., con 130 alberi che sorgono sui lati della strada creando una specie di galleria verde che da una particolare sensazione di fresco.

Via Campania, lunga circa 350 m. è più breve delle altre ma con un notevole numero di lecci, circa 60 su ambo i lati della strada. Altri alberi nei giardini delle scuole elementari, medie e nei parcheggi della coop. In fondo alla strada sorge il nuovo campo sportivo nel cui parcheggio vi sono numerosi alberi di celtis, pioppi e cipressi che coprono tutta la circonferenza del campo sportivo.

Piazza E.Lussu e i giardini di Villa Diana con olivi, palme, celtis, allori, acacie, ficus, e l’albero del pepe rosa nel giardino di Casa Diana. La piazza del comune con i maestosi ficus e le bellissime palme, oltre ad altre vie e piazze minori con una somma notevole di alberi.

Considerevole è il parco di Via Tirso che con un’estensione di circa 2 ettari comprende innumerevoli essenze mediterranee e pioppi, acacie, carrubi, melograni, querce, ficus, tamerici, olivi, tigli, olmi ecc. Un grande polmone verde all’interno del centro abitato, che pochi comuni possono vantare.

Considerando poi i giardini privati, è notevolissimo il numero di alberi ornamentali e da frutto, fra cui spiccano i limoni (praticamente un albero di limone in ogni giardino) e poi nespoli, albicocchi, meli, peri, susini, diffusi anche nelle campagne con tantissimi olivi e fichi.

Degni di particolare attenzione sono alcuni alberi centenari che sorgono in giardini privati del centro, come ad esempio, è l’olivastro di Via Pintor, la palma di Via Oristano, il leccio di Via S.Gregorio ecc.

Di particolare pregio è anche il parco di Arriu che dista poche centinaia di metri dall’abitato. Otto ettari di verde composto da varie essenze di macchia mediterranea spontanee, un bosco di lecci e rovere di notevole età fra i quali vi era anche l’albero più vecchio di Sardara e che purtroppo si è seccato da pochi anni. Completa l’area una vasta coltivazione di olivi, fra i quali diversi esemplari secolari.

Nell’area termale, oltre al boschetto di eucalipti, vi sono una pineta e un lecceto frutto di un rimboschimento effettuato negli anni “90 e che ora hanno un aspetto rigoglioso. Anche in quest’area vi sono giardini privati dove sorgono, fra gli altri, eucalipti e pini centenari.

Questo grandissimo patrimonio di alberi, che si è moltiplicato negli anni, testimonia il profondo amore che i cittadini e gli amministratori di Sardara hanno sempre avuto per l’ambiente. Naturalmente, per mantenere e incrementare questo patrimonio verde, occorrono cure e impegno costanti.

Attualmente purtroppo si nota una certa disattenzione dell’ amministrazione. In particolare: anche perché sono stati tagliati alberi che non sono stati sostituiti (ma era necessario tagliarli?)

. Il taglio di esemplari adulti, oltre al danno ambientale, è una perdita insostituibile fatta in spregio di anni di lavoro, perdita di un ricordo e di un punto di riferimento che caratterizzava una determinata zona prendendo a volte il nome dell’albero o degli alberi. Le potature drastiche che sono state effettuate in questi anni hanno causato la morte di diversi esemplari adulti che non sono stati sostituiti (mancano nei viali e nelle piazze circa trenta alberi) Non vengono effettuate nuove piantumazioni (a parte il completamento dei progetti dell’amministrazione precedente). Infine il numero degli addetti a tale servizio è insufficiente e, nonostante venga profuso un grande impegno si deve effettuare il lavoro sempre in emergenza.

Sardara li 13.11.2009

Livio Melis

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giovedì 12 novembre 2009

IL CASTELLO VISTO DAL CARTA RASPI


A partire da sud-ovest, uno di fronte all’altro, il castello di Arquentu e quello di Monreale, erano posti come due ciclopi a guardia del confine campidanese del Giudicato di Arborea, in grado di resistere a lungo, per la posizione e il complesso delle fortificazioni, a qualunque assalto, e il nemico non avrebbe mai potuto lasciarseli alle spalle senza correre serio pericolo.


Da Monreale, altri undici castelli erano disseminati a zig zag da sud a nord: quelli di Marmilla, Uras , Barumele, Pardu Casteddu, Margunulis, Senis, Laconi, Medusa, Giratala, Ghilarza.
Dai ruderi rimasti, possiamo giudicare il castello di Monreale tra i più potenti della Sardegna: Anziché essere accentrata in breve spazio - dando alla possibilità all’assaltatore di spingersi, senza ostacoli, fino alla sommità - la zona di difesa si presenta molto ampia, degradante fino a mezza costa, dove si svolgeva una prima cinta, tutto intorno al colle, con le cortine rafforzate da robuste torri, alcune delle quali sono ancora in piedi. La seconda cinta chiudeva sul vertice il cassero, la torre maestra e forse altre torri laterali.
Se per la maggior parte degli altri castelli valse la regola comune, allora in uso, di edificare su breve spazio per rendere più robuste le opere e più facile la difesa, nella costruzione di questo castello, sfruttando la conformazione e la posizione del colle, prevalse – sulla consueta strategia difensiva – l’opportunità di accentrare , in un punto avanzato del Giudicato, un buon nerbo di truppe da dislocarsi prontamente a seconda della necessità.
D’altra parte era noto che se un breve spazio di terreno fortificato poteva essere difeso da pochi soldati, bastava pure un modesto esercito per assediarlo; mentre per cingere di regolare assedio il castello di Monreale, sarebbe stata necessaria un’armata che non possedevano i Giudici di Cagliari prima, poi i pisani e in seguito gli aragonesi.
R. Carta Raspi: Castelli Medioevali in Sardegna.

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lunedì 9 novembre 2009

SALVIAMO L’OSPEDALE DEL MEDIO CAMPIDANO


Recentemente è sorto un Comitato denominato “Salviamo l’ Ospedale del Medio Campidano” che nei comuni della provincia ha avviato la raccolta di firme sulla seguente petizione popolare.


Il Piano Sanitario Regionale, dopo aver preso atto che la Provincia del Medio Campidano era l’ultima in Sardegna quanto a dotazione di posti letto ospedalieri e qualità delle infrastrutture sanitarie e in considerazione della vetustà del presidio ospedaliero di San Gavino, ormai inadeguato ai bisogni assistenziali della popolazione, stabiliva la realizzazione di un nuovo ospedale da 250 posti letto, moderno ed efficiente.
Il Comitato “ Salviamo l’Ospedale del Medio Campidano” considera le proposte provenienti dall’attuale Assessorato Regionale della Sanità non rispondenti alle esigenze del Territorio e non rispettose dei bisogni di salute dei suoi abitanti.
La riduzione dei posti letto da 250 a 200 sacrificherebbe ancora una volta la nostra Provincia, ultima in Sardegna.
La riduzione dell’investimento da 93 a 35 milioni di euro porterebbe a realizzare una piccola struttura insufficiente a garantire le esigenze sanitarie presenti e future.
Pertanto il Comitato e i cittadini firmatari
RIFIUTANO
qualunque soluzione volta a ridurre quanto conquistato da questo territorio
CHIEDONO
il rispetto degli impegni assunti nella precedente legislatura regionale e
INVITANO
tutte le istituzioni, forze politiche e sociali, associazioni della provincia alla mobilitazione per il rispetto degli impegni assunti.

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Vent'anni fa'. Tra vecchi e nuovi muri.


Ci sono avvenimenti che si leggono nei libri di storia e sembrano lontani e ininfluenti. Ci sono invece ricordi nitidi, legati all'infanzia, che invece hanno cambiato il mondo.


Avevo poco più di otto anni quando il muro di Berlino venne abbattuto. Pochi per capire in modo esaustivo avvenimenti, nomi, persone. Abbastanza per intuire che qualcosa stava finendo e qualche altra si apriva.
Oggi un po' mi spaventa pensare che un fatto accaduto vent'anni fa sia così nitido nella mia mente.
Ricordo il tg, ricordo il giornale, ricordo tutto ciò che accadde anche negli anni successivi.
Certo, la percezione di un bambino di otto anni stava tutto nel fatto che i libri di scuola cambiarono le cartine geografiche, che l'Unione Sovietica cambiava nome e colori nello sport. Ma si percepiva comunque qualcosa di grande.
La caduta del muro diede inizio ad un domino impazzito, con le tavolette che cadevano l'una sull'altra. Dalla Germania alla Polonia, dalla Bulgaria alla Romania, dalla Jugoslavia alla Russia.
Finiva un modo di percepire il mondo e la storia. Si aprivano una serie di pagine bianche che potevano essere riempite dai cittadini degli Stati finalmente indipendenti.
Non ovunque la transizione democratica avvenne in maniera pacifica. Gli altri ricordi da bambino sono i carri armati in Russia, il corpo di Ceausescu, i missili su Sarajevo.
Ma la notte del 9 novembre 1989 crollava un sistema che Est e Ovest avevano tenuto in vita per tenersi in vita essi stessi.
Mi piace sempre pensare a come i normali cittadini vivono i grandi avvenimenti storici. È vero la libertà, la fine del comunismo, l'unificazione delle Germanie. Ma forse i cittadini tedeschi dell'Est percepirono veramente la caduta del muro quando poterono scegliere tra due o più automobili, tra due o più quotidiani. Il segno tangibile del cambiamento furono le centinaia di migliaia di antenne paraboliche acquistare degli ex cittadini dell'Est per vedere i programmi dell'Ovest.
Tra le tante letture e i tanti film visti e non visti sul tema, vorrei segnalarne due, che in questi giorni sarebbe bello prendere in mano. Entrambi curiosamente riprendono il nome di colui che in qualche modo diede inizio, forse anche inconsapevolmente (la buona fede non si nega mai a nessuno), a quasi un secolo di visioni rivoluzionarie e divisioni mondiali.
“Buonanotte, Signor Lenin” è un libro di Tiziano Terzani. Giornalista, inviato per quotidiani italiani e stranieri, si ritrova nel 1991 a girare per le repubbliche dell'Impero sovietico, dove cominciano a nascere i nazionalismi e le spinte centrifughe che porteranno a conflitti non ancora risolti.
“Goodbye Lenin” è un film del 2003 di Wolfgang Becker, che racconta in maniera buffa e surreale la transizione verso la democrazia nella ex DDR.
Vent'anni sono tanti. Le ex repubbliche dell'Est si sono aperte al mercato e stanno entrando nell'Unione Europea. Il comunismo sovietico non esiste più. Non ci sono (almeno così ci dicono) testate nucleari pronte al lancio.
Vent'anni però sono stati pochi. Si continuano a costruire muri. Si continua a negare libertà. Sono spariti vecchi “nemici” e ne sono spuntati fuori altri. Il mondo è sempre in guerra con se stesso.
Roberto Ibba

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SCUOLA DI FORMAZIONE


L’ Associazione CostruireFuturo organizza una scuola di formazione politica e amministrativa che si prefigge di raggiungere importanti obiettivi: chiarire aspetti della pubblica amministrazione che spesso appaiono oscuri, recuperare il senso civico di ognuno di noi, avvicinare i giovani alla politica, preparare gli amministratori di domani.


Alla luce dell’analisi dello spaccato attuale della società, del grave distacco che esiste tra le istituzioni e la popolazione, del rischio sempre più concreto di un impoverimento generale delle ideologie e della partecipazione politica c’è la convinzione che solo attraverso la formazione e il coinvolgimento attivo dei cittadini sia possibile abbattere questo muro e riportare la politica per le strade dei paesi e delle città.
La Scuola, articolata in quindici moduli formativi di due ore ciascuno programmati a cadenza quindicinale, tratterà l’analisi di temi indispensabili a comprendere termini e modalità dell’amministrazione di un Ente locale.
Le lezioni saranno organizzate secondo il seguente programma:
- Il sindaco, la giunta, il consiglio comunale, gli uffici. La partecipazione dei cittadini;
- Le entrate e le spese. Le politiche di bilancio;
- Lo sviluppo locale e la promozione del territorio;
- Utilizzo del territorio e dell’ambiente: la pianificazione urbanistica;
- Sviluppo agricolo e politiche pubbliche;
- Le PMI motore per la crescita del territorio;
- Le politiche socio assistenziali;
- La questione giovanile: le politiche per i giovani e per la scuola;
- Amministrazione e Etica;
- La comunicazione pubblica e i processi partecipativi;
- L’uguaglianza di genere nelle politiche del Comune;
- Il ruolo delle Province. Compiti e Funzionamento. Le politiche della Provincia del Medio Campidano;
- L’amministrazione comunale: testimonianze e casi di successo
Le lezioni verranno curate e tenute da esperti nelle tematiche trattate, tra i quali docenti universitari, esperti di settore, amministratori che si sono distinti per il loro operato.
Nel corso delle lezioni verrà fornito agli studenti materiale didattico e dispense di approfondimento. Al termine dei corsi verrà consegnato un attestato di partecipazione.
Le lezioni si terranno presso la sede dell’Associazione CostruireFuturo, sita in via Umberto I a Sardara, e avranno inizio il 20 novembre 2009.
La partecipazione ai corsi è gratuita e aperta ad un numero massimo di 35 partecipanti. Precedenza verrà data all’iscrizione dei giovani fino ai 30 anni.

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Il Catello di Monreale descritto da un parroco.


“Il castello di Monreale sorge su di una collina conica che si eleva a metri 287 sul mare, al centro del Campidano fra Cagliari e Oristano; è in territorio di Sardara e si ritiene che in origine il suo nome fosse quello di “Castello di Sardara”.


Tutta la fortezza ha una circonferenza di m. 650, con mura larghe m.1,20 e 1,80 e un’area di mq. 24.000. Ha la forma di un quadrilatero a lati disuguali; il lato prospiciente S. Gavino è lungo m. 200 con 4 torri e una porta, la quale restò intatta sino alla seconda metà del secolo scorso; in seguito le pietre dell’arco vennero asportate da un signore di S. Gavino. Il lato che guarda verso Sardara è lungo m. 260, con due torri , due angoli rientranti e due salienti. Il lato di ponente è lungo m. 120, con due torri. Il lato minore ha un angolo rientrante ed una porta in direzione nord-ovest, detta “genna Menga”, ora completamente distrutta.
Nella parte più alta della fortezza si eleva il castello, a forma rettangolare, comprendente una superficie di m. 240. I muri esterni si conservano ancora all’altezza primitiva; non si vedono tracce di finestre o feritoie; le stanze prendevano la luce da un cortile interno nel cui mezzo eravi una cisterna e l’ingresso alla galleria per l’uscita segreta.
Nel vasto piazzale della fortezza si scorgono, alti un metro, i muri delle caserme; qua e là vedonsi delle garitte che dovevano servire alle sentinelle.
Fuori della fortezza, dirimpetto a Sardara, sullo spianato a nord-est, in prossimità della “genna Menga”, sorgeva il “Borgo di Castello”, di cui rimangono solo le basse fondamenta della chiesetta dedicata a S. Michele. Prima di arrivare alla strada romana, si vedono le tracce di una chiesetta dedicata a S. Severa. Anche qui, probabilmente vi era un altro agglomerato di casse, creato dagli ordini religiosi per la coltivazione della zona e poi abbandonato nel periodo delle lotte tra Arborea e Aragona; gli abitanti potrebbero essersi rifugiati a S Gavino, dove poi sorse un’altra chiesetta dedicata parimenti a S. Severa.
Il Monreale era certamente una fortezza di prim’ordine, soprattutto per il punto strategico in cui sorgeva; dall’alto colle dominante il vasto Campidano, si controllava la strada romana in tutta la sua estensione; si scorgevano i castelli di Cagliari, di Siliqua, di Arquentu, di Oristano, di Lasplassas e di Sanluri, con i relativi paesi e le strade delle campagne circostanti; si vedono in lontananza le montagne e i paesi del golfo di Cagliari fino a capo S. Marco; le montagne e i paesi di Uras, Mogoro e Morgongiori; le alture di Ales ove sorgeva il castello di Barumele e l’altopiano della Giara; a levante e a ovest i due mari battuti dalle navi amiche, da quelle pirate e dalle flotte nemiche”
Luigi Mocci, parroco di Sardara. Nuovo Cammino, 1961.

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Un paese ignaro…


Voci sempre più insistenti in paese raccontano di un interesse crescente per i terreni che l’Amministrazione Comunale ha reso edificabili tra le Terme e il centro abitato, un’area enorme di 170 ettari, ora classificata ‘zona G’.


Si parla di cittadini sollecitati a vendere i propri terreni a prezzi non certo corrispondenti al loro valore reale, ora che su di essi si possono costruire case e villette, e di compratori porta a porta che non vedono l’ora di diventare proprietari dei terreni che ricadono (ma c’era bisogno di dirlo?) proprio nelle aree rese edificabili dal Comune.
Intanto che le voci corrono, gli amministratori comunali, paladini della ‘trasparenza’, che fanno? Sono preoccupati? Hanno qualcosa da dire in proposito? Per ora, con l’astuzia volpesca di sempre, continuano in quella strategia dell’informazione che si sviluppa su due distinti binari.
Da un lato ‘informano’ i cittadini, come hanno fatto da poco sulla questione dell’albergo termale (in una assemblea pubblica al Cineteatro), che tutto ciò che non riescono a fare è colpa degli amministratori che li hanno preceduti, anche se poi non spiegano (e come potrebbero?) una cosa che invece comincia ad essere chiara a tutti, e cioè: come mai chi li ha preceduti ha progettato, finanziato, costruito e dato in gestione l’albergo termale, mentre loro, gli attuali amministratori, non hanno saputo fare di meglio che…chiuderlo? Ci aspettiamo una risposta. Per il momento essi godono, e questa è una vera fortuna, di una stampa a dir poco ‘amica’, molto impegnata a magnificare quelle che non sono altro che doverose e scontate attività di ordinaria amministrazione.
Dall’altro lato, a fronte di scelte politiche, amministrative e gestionali a dir poco imbarazzanti, se sollecitati a qualche spiegazione tacciono o minimizzano…Ad esempio, sfugge a qualunque ragionevole e razionale (da un punto di vista amministrativo) motivazione, la ragione per cui si è ampliato in modo così abnorme le aree edificabili tra le Terme ed il paese. Non è stato spiegato perché, nè al paese e neppure, in modo convincente, al Consiglio Comunale.
Nel centro urbano ci sono centinaia di case inutilizzate, in vendita e sfitte, oltre a decine di aree edificabili e, allo stesso tempo, la popolazione residente risulta in lieve flessione. Bastano queste poche considerazioni per escludere l’esigenza di nuove abitazioni. In gergo tecnico si direbbe che non esiste a Sardara alcuna ‘tensione abitativa’. Nell’area termale, invece, il vecchio Piano Urbanistico già prevedeva ampie zone destinate alla ricettività alberghiera e turistica. Perché non si utilizzano quelle?
Insomma, appare evidente che non esisteva e non esiste alcuna necessità di cementificare una parte così ampia di territorio.
Di conseguenza sorge spontaneo un dubbio che è, anche questo, argomento che appassiona i sardaresi: le aree rese edificabili, che ora aumenteranno enormemente di valore, di chi sono? Chi sono i proprietari?
C’è una qualche relazione tra quanto dichiarato dal nuovo gestore dell’albergo termale, il Sig. Denughes “…arriveranno altri alberghi e altre opere…” e riportato nell’Unione Sarda del 27 ottobre? Sarà lui a costruire altri alberghi e altre opere nella nuova zona di espansione? E con chi? Sui terreni di chi? Esistono già dei soci ‘sardaresi’? Esistono progetti e/o programmi dell’Amministrazione che riguardano, per il futuro, anche il Sig. Denughes?
Con tutte le imprese edili e artigiane presenti a Sardara e le professionalità ed esperienze presenti ‘in loco’, forse è il caso di guardare prima di tutto in casa nostra, ci pare. E poi, c’è da credere che il nuovo gestore, se vorrà contribuire allo sviluppo del paese (non bisogna escludere nessuno), dovrà convincere i sardaresi, da subito, nel dare prova delle sue capacità imprenditoriali prima di tutto con la gestione dell’albergo….
Intanto, voci non smentite che corrono anch’esse libere nel paese, preoccupano anche i più ottimisti.
Si racconta dei lavori di manutenzione straordinaria in corso nell’albergo termale gestiti in modo molto poco…trasparente…
Si dice di numerosi operai (venti, venticinque?) che prestano la loro opera ormai da mesi senza sapere da chi dipendono, se dal Comune, dal gestore o da chissà quale imprenditore privato, se sono coperti da assicurazione contro gli infortuni e se per loro vengono pagati i contributi previdenziali e assistenziali. Non vorremmo essere di fronte ad un imponente fenomeno di lavoro nero all’ombra di una pubblica amministrazione. Non sarebbe ammissibile e sarebbe un pessimo inizio. Ma anche solo davanti al dubbio, qualunque amministrazione sa di avere il compito di effettuare le opportune verifiche e i controlli di Legge, anche sulle imprese di appalto.
Comunque stiano le cose, e di fronte a così tanti dubbi, è certo il caso di far conoscere alla pubblica opinione se il Comune ha assunto direttamente e quali procedure abbia adottato per selezionare il personale…oppure se i lavori sono stati affidati in appalto e, in questo caso, se il Comune ha effettuato i controlli sul rispetto delle Leggi in materia di assunzioni…
E, non per essere troppo curiosi ma, ci si chiede, come è possibile affidare 7/800.000 euro di lavori pubblici senza una gara di evidenza pubblica? Non per altro, ma proprio perché la gara, oltre che essere un obbligo di Legge, è lo strumento per risparmiare molti soldi pubblici.
Dopo quest’ultimo appunto, qualcuno si starà certo chiedendo: ma non erano i vecchi amministratori che sperperavano, regalavano i soldi al gestore, nascondevano le informazioni? Boh.
E ancora, in paese ci si chiede: con la cacciata del vecchio gestore, con l’albergo chiuso, gli amministratori e l’attuale gestore completamente assorbiti dai lavori nell’albergo, chi si sta occupando delle manutenzioni dell’area termale, dell’anfiteatro, dell’asse pedonale, delle aree verdi, ecc., delle lavorazioni stagionali per la pineta, il boschetto dei lecci e delle querce…?
Però, questi sardaresi, come sono curiosi…lasciassero fare, penserà qualche amministratore (attuale)…
Invece è meglio per tutti che le risposte arrivino e che ci tolgano ogni dubbio residuo, affinchè le voci che si rincorrono nel paese cessino per sempre. Vogliamo essere rassicurati. Non si lasci il paese ignaro.
Intanto ogni sardarese che vuole bene al proprio paese si augura che l’albergo riapra al più presto, (a prescindere dal colore politico di chi amministra) perché urge che almeno i lavoratori che erano occupati prima della chiusura dell’albergo ritrovino il lavoro e la serenità. E perché serve anche quel poco di indotto che prima ricadeva nel paese, come gli acquisti di beni di consumo, forniture, presenza di visitatori nel paese, ecc.
E infine perché tutti vogliamo che le Terme abbiano nuovamente una prospettiva seria e credibile.
m.r.

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Manutenzione viabilità Terme S.M. Acquas / strada provinciale Sardara-San Gavino.

Oggetto:
interrogazione ai sensi dell’art.11 commi 3 e 4.b del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale: manutenzione viabilità Terme S.M. Acquas / strada provinciale Sardara-San Gavino.


Premesso che
nel territorio comunale insiste un tratto di viabilità di proprietà del CBSM (Consorzio Bonifica Sardegna Meridionale) che collega le Terme di S.M. Acquas con la strada provinciale Sardara-San Gavino;
la medesima è utilizzata da numerosi agricoltori e allevatori per raggiungere la propria azienda, oltre ai tanti proprietari di fondi agricoli che insistono su quell’area;
la strada in questione è inoltre percorsa da centinaia di automobili che raggiungono l’area termale percorrendo la provinciale Sardara-San Gavino;
allo stato nessuno si è finora occupato della manutenzione della strada sopraccitata;
Considerato che
la strada in diversi tratti risulta impercorribile, si presenta infatti dissestata e piena di buche e sono ormai in tanti che hanno già subito e altri continuano a subire quotidianamente danni ai propri veicoli;
numerosi cittadini hanno inoltrato formale richiesta al CBSM (Consorzio Bonifica Sardegna Meridionale) affinchè procedesse agli interventi di manutenzione;
tutto ciò premesso e considerato
I Consiglieri Comunali del Partito Democratico, Andrea Caddeo, Giuseppe Garau e Renato Atzori
Chiedono di interrogare il Sindaco per conoscere
se il Sindaco è a conoscenza di quanto sopra esposto;
quali iniziative intenda eventualmente assumere per dare soluzione alla questione qui rappresentata.
Si richiede, per la presente Interrogazione, risposta orale e che la stessa, ai sensi del punto 4.b) dell’art.11 del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale, venga iscritta all’ordine del giorno della prima seduta del Consiglio.
Sardara, lì 04/11/2009
Andrea Caddeo
Giuseppe Garau
Renato Atzori

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lunedì 2 novembre 2009

PAROLE VAGANTI


Martedì sera a Villa Diana è giunta a conclusione la bella iniziativa, ideata e diretta dalle dottoresse Maddalena Manunza e Luisanna Berri, patrocinata dal Comune e dalla Provincia del Medio Campidano.


“Parole Vaganti” è il titolo. Molto appropriato ed efficace perché fotografa alla perfezione l’iniziativa. In tempi di karaoke, grandi fratelli, balletti e sculettamenti vari, sorprende non poco sentirsi proporre un’attività con valenza culturale, Grandi nomi, artisti affermati, professionisti? Ma no! Prendi alcuni sardaresi amanti della poesia e della lettura, portali in un angolo suggestivo del paese ( che certamente non mancano) e invitali a declamare le loro poesie o a leggere brani d’autori a loro cari e il gioco è fatto. L’appuntamento è fissato per la giornata del martedì e si comincia con Alfio Serri che recita, nel prato del cortile della scuola di via Manzoni, alcune poesie tratte dal suo libro “ Is pensamentus mius”. Motivi di riflessione , ma anche di ilarità quando declama il pezzo in cui vengono passati al setaccio i soprannomi dei sardaresi.
Il martedì successivo è la volta di due giovani: Betty Vaccaio e Valentina Musa. La location, si dice così di questi tempi, è altamente suggestiva. La chiesetta di Santa Anastasia ti avvolge nella sua magica atmosfera; la presenza della statua di struggente bellezza di Cristo morto, adagiato nella sua lettiga, ti predispone a pensieri profondi. E Betty li asseconda man mano che svolge i suoi ragionamenti seduta ai suoi piedi sullo scalino dell’altare. Valentina un po’ schiva incarica Michela Garau di leggere le sue belle poesie. Completa la serata un’autrice “ straniera”di cui non ricordo il nome ( me ne scuso).
Il terzo incontro ha un’alta valenza sociale. Ci si reca tutti insieme al Centro Anziani. Gli ospiti, purtroppo, non è che abbiano molte occasioni di relazione con l’esterno. Azzeccato anche il tema: i proverbi sardi e sardaresi in particolare. Grande partecipazione: i vecchi per una sera si sentono protagonisti. Un gesto di attenzione nei loro confronti, momenti di incontro che devono moltiplicarsi. Una bella cosa veramente.
Come detto si conclude martedì 27 in Villa Diana: Maria Vittoria Onnis, che ama Grazia Deledda, sceglie alcuni brani del romanzo cenere. Li legge con passione e trasporto, trasmette ai presenti la voglia di prendere o riprendere in mano l’opera della grande scrittrice sarda. L’operatrice della ludoteca ci regala una sorpresa molto gradita: l’esibizione di Silvia e Marco Tuveri che recitano una composizione inventata da loro.
Che dire ancora se non un grazie a Maddalena e Luisanna per questa lodevolissima iniziativa: Ad maiora.
Luigi Melis

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«Babbo…mi hai tradito?». Ovvero: le colpe di una generazione colpita.


Generazione di fenomeni, come cantavano gli Stadio. Generazione Mille euro, come il libro di Incorvaia e Rimassa portato sul grande schermo da Massimo Vernier. Oppure Generazione Tradita come scrive Federico Pace su Repubblica?


Fenomeni forse si, visto che in media abbiamo un livello di istruzione più alto dei nostri genitori. Abbiamo competenze, ci siamo laureati, usiamo internet e siamo sempre raggiungibili.
Mille euro tutti insieme a fine mese, la maggior parte dei miei coetanei non li ha mai visti. Forse perché con i contratti a progetto ti pagano a Babbo Morto. Forse perché la somma dei tre contratti a progetto registrati alla gestione separata Inps, mille euro non li mette assieme. Forse perché al terzo tirocinio e al quarto stage post laurea ti accorgi che gira e rigira hai fatto fotocopie, risposto al telefono, portato i pasticcini il giorno dei saluti, ma quella chiamata sul cellulare da parte del tuo vecchio tutor di tirocinio, che ti aveva promesso l’assunzione, non è mai arrivata.
Traditi. Si, pure quello. Forse. Ma traditi da chi? Dalla Generazione 68 dei nostri padri? Anche. Quello che il Sessantotto aveva promesso, poi non è stato in grado di mantenerlo per la generazione successiva. Ci hanno dato Bim Bum Bam, il Nintendo poi la Playstation, lo Statuto dei lavoratori che però non copre i co.co.pro., e tanti altri diritti. È vero che i nostri padri sono scesi in piazza per conquistarli questi diritti. E ora che l’operaio ha il figlio dottore? Il dottore se lo deve tenere in casa, prestargli la macchina per uscire e a volte pure la paghetta settimanale. Che triste il confronto tra le buste paga del 1969 e del 2009. Un giovane operaio appena assunto prendeva quanto bastava per fare dei progetti di vita, certo non da sultano, ma sicuramente aveva speranza. Oggi la speranza ce l’hanno rubata.
Siamo la generazione che ha più cultura rispetto alle precedenti ma rischia di avere l’inversione della crescita: prima chi era bravo e studiava poteva ambire alla mobilità sociale; ora studi e sei bravo ma prendi meno di quanto tuo padre prendeva quaranta anni fa.
Ma in fondo è anche la generazione tradita che ha tradito se stessa. L’ha fatto quando ha delegato ad altri la partecipazione politica. Quando ha regalato la rappresentanza dei propri interessi ad una classe dirigente radical chic fatta di figli di papà che a diciotto anni occupavano l’università, avevano la barba lunga e ascoltavano gli Inti Illimani e ora a cinquant’anni vestono in giacca e cravatta e si fanno chiamare onorevoli. Quando abbagliata dalle ragazzine di Non è la Rai ha capito che la strada più semplice per fare soldi era apparire in tv. Ma che società è quella che organizza il gioco dei pacchi per le giovani coppie che si devono sposare? O che si inventa un gioco che come premio consegna una rendita ventennale?
Non possiamo scambiare il nostro futuro con un gratta e vinci. Non possiamo appaltare la nostra vita alla Sisal. Non possiamo delegare le scelte della politica a chi la politica la faceva nel Sessantotto. Io voglio farmi una famiglia con il mio lavoro. E se mai diventerò ricco sarà perché sono stato bravo. Voglio dire la mia sulla scuola e l’università, ma anche sul lavoro l’industria, l’ambiente, e pure sulle pensioni. Non voglio essere relegato nel settore “politiche giovanili”.
Diceva bene un vecchio e caro compagno di Cagliari: non andate in piazza a protestare solo per la liberta di informazione, scendete in piazza arrabbiati perché siete laureati e non avete lavoro.
Il riscatto dal tradimento passa per la riappropriazione degli spazi che ci siamo lasciati sfuggire: la politica, i partiti, il sindacato, l’università, la scuola. È soprattutto il nostro livello culturale che ci deve imporre di scattare in avanti, di abbandonare un sistema culturale basato sull’apparire e sulla truffa. Occorre una nuova etica del lavoro e della partecipazione. Magari senza troppa ideologia, con buoni ideali, e tanto impegno.
Roberto Ibba

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