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mercoledì 25 novembre 2009

Politica e partecipazione: il ruolo dei Circoli nel PD Sardo


Mi sono avvicinata alla politica da poco, ma ho respirato la politica fin da bambina.


Mio Padre era un operaio e militante del vecchio PCI, non faceva parte di un Direttivo e non ha mai ricoperto ruoli politici, ma partecipava assiduamente alle riunioni del Circolo del nostro paese e quando tornava a casa, dopo la strigliata giornaliera di mia Madre perché in sezione ci passava troppo tempo, ci sedevamo tutti a tavola e ci raccontava di quello che succedeva, delle discussioni spesso accese, delle opinioni dei vari esponenti e di quello che si proponeva per il paese. Erano per me, come per tanti miei compaesani, fatti appartenenti alla quotidianità, espressione naturale di una società che si preoccupava di quello che succedeva intorno, di una politica che nasceva dal basso e dalle reali esigenze della popolazione, fatta di concretezza, di piccoli passi messi uno dopo l’altro per raggiungere un obiettivo comune.
I circoli erano allora veri punti di ritrovo per i cittadini, luoghi dove tutta la popolazione era chiamata a proporre un programma di governo, un punto di riferimento per il paese e per la società.
Non era tutto un idillio, ma una differenza sostanziale c’era: la politica entrava nelle case, e le case entravano nel Partito.
Sono passati molti anni da allora, sono cambiate tante cose.
Il PCI non esiste più, la società è mutata profondamente, la crisi dell’economia e la mancata innovazione hanno fatto andare via dalla Sardegna molti giovani che non si sono voluti arrendere ad una vita di disoccupazione e precarietà, un ingiusto destino a cui sono stati condannati da una classe dirigente che spesso non ha saputo porre l’interesse collettivo davanti all’interessi di pochi, che non ha saputo ascoltare, non ha saputo dare risposte concrete, inaugurare un nuovo corso politico, rappresentare un cambiamento forte, radicale, duraturo.
Molte cose sono cambiate, ma il Circolo nel mio paese c’è ancora, è sempre lì, al suo stesso posto. Ora a sventolare non c’è più la bandiera del PCI, ma quella del PD. Alcuni dei partecipanti assidui sono andati via, altri si sono persi per strada nelle varie vicende di trasformazione del Partito, altri ancora hanno smesso di sperare, hanno smesso di credere che la Politica e il Partito Democratico potessero dare una risposta concreta alla crisi, al malessere che ormai dura da troppo tempo. Mancano all’appello molti dei trentenni come me, mancano i giovani, mancano i figli di una generazione che ha creduto nella Politica, ma che dalla Politica non ha ricevuto risposte, che dalla Politica è stata tradita. Una generazione che ha smesso di affidare al Partito e alla Sinistra la propria voce, le aspettative, le speranze.
Tutti i giorni assistiamo alle ingiustizie e ai soprusi, agli attacchi inferti alla società, alle istituzioni, alla democrazia, assistiamo ad un progredire della corruzione, del crimine, dell’individualismo più efferato. Tutti noi ci facciamo un’opinione in merito a quello che succede. Spesso è un’opinione forte, ma altrettanto spesso nasce da sola, non è condivisa, non ha un punto di riferimento.
E allora qual è il ruolo che la Politica, la Sinistra e il Partito Democratico devono avere in tutto questo? Come recuperare l’enorme divario che si è creato tra noi e la gente? Come fare a riguadagnare la fiducia di chi ci sta intorno, la fiducia del Popolo da cui, storicamente, è nato il nostro Partito?
Si fa tanto parlare di quello che noi potremmo fare per la Società, troppo poco, invece, di quello che la Società e la Gente potrebbero fare per noi. Troppe volte il nostro Partito, in questi due anni di vita, si è arenato in discussioni sterili al suo interno, troppo spesso ha perso il contatto con la realtà circostante, ha smesso di parlare con i cittadini, ha smesso di ascoltare le loro motivazioni, le loro necessità. I Circoli sono presenti, ma hanno perso la loro funzione di catalizzatori di opinioni, di coinvolgimento, di partecipazione. Non c’è più un ritrovo per parlare delle azioni da cui partire per risollevare la Società, risollevare la Sardegna. Non c’è più il legame di un tempo tra il Partito e la popolazione.
All’indomani dell’incredibile esperienza di partecipazione che le Primarie hanno rappresentato per il nostro Partito, della forza e dell’incoraggiamento dei 3.500.000 di cittadini Italiani e 107.000 Sardi che il 25 ottobre ci hanno accordato la loro fiducia e hanno raccolto il nostro invito a camminare assieme a noi, tanto deve essere ancora fatto. Nostro dovere deve essere non disperdere ma consolidare questo straordinario risultato.
Perché, nonostante il calore e l’affetto che abbiamo sentiti quel giorno siano ancora vivi, la nostra speranza, il nostro impegno, la nostra voglia di contribuire al cambiamento hanno una voce che suona il più delle volte sorda alle persone a cui ci rivolgiamo.
E allora lottiamo per un Partito che viva in mezzo alla gente e che dalla forza della gente venga nutrito, che ritorni alla militanza vera, che riporti la politica nelle strade e nelle piazze.
Il nostro Partito può e deve tornare ad ascoltare, a farsi interprete dei deboli e ad agire per risolvere i problemi; può e deve far nascere un programma politico e un’alternativa concreta da esigenze reali.
Per raggiungere questi obiettivi tre sono le parole da cui partire.
1) ASCOLTO, da anteporre alla parola. Ascolto di tutti, per capire quello che la gente vuole, per ricreare un legame con la Società, per ritornare a essere interprete dei suoi bisogni.
2) PARTECIPAZIONE, per smettere di imporre dall’alto le nostre opinioni ad una base che non ci ascolta e non ci comprende più, per avvicinarci alla gente con umiltà chiedendole di partecipare e di renderci partecipi dei loro bisogni, delle loro aspettative, delle loro speranze.
3) COINVOLGIMENTO, perchè il nostro è un Partito nuovo, ma con una storia che non deve e non può dimenticare. Perché un Partito non è un contenitore vuoto, ma un insieme di persone accomunate da militanza, impegno,obiettivi.
Molti di noi iscritti al PD condividiamo la ferma convinzione che, in un processo che porti al raggiungimento di questi obiettivi, siano i Circoli a potere e a dovere rappresentare il cambiamento. Perchè solo organismi strettamente a contatto con il territorio possono rimediare alla mancanza di coinvolgimento e di partecipazione che sono alla base della crisi ideologica e civile che stiamo vivendo.
I Circoli devono essere presenza attiva e viva nei quartieri, nei paesi e nelle città, devono fare in modo che la politica si possa di nuovo toccare con mano, devono toglierle di dosso quella patina di astrattezza e di sfiducia che la permea e la avvolge.
I Circoli devono prima parlare tra di loro, diventando una vera Rete che opera e porta il Partito in ogni angolo del territorio, e poi parlare alla gente e, attraverso un interscambio costante, raccogliere indicazioni e direttive da riportare al centro del Partito.
Siamo noi i primi a dover innescare il cambiamento, promuovendo temi, gruppi di discussione, una programmazione partecipata da tutti. Facciamo in modo che ogni suggerimento che ci viene fatto venga metabolizzato e fatto diventare una proposta concreta, andiamo in giro per la Sardegna a raccogliere la voce e la testimonianza di coloro che vogliamo avere l’onore di rappresentare.
Per fare questo, usiamo tutti i mezzi che abbiamo a disposizione, fisici e virtuali: i presidi territoriali in primis e certamente i volantini, ma ugualmente la tecnologia - internet, i blog e le newsletter, i social network, e, in cima a tutti, il SIPA (Sistema Informativo per la Partecipazione)- possono aiutarci a far rinascere e a mantenere vivo il legame con la gente.
E’ da questo che dobbiamo partire, cominciando a parlare e a coinvolgere le 107.000 persone che alle Primarie del 25 ottobre ci hanno confermato il loro appoggio e che ci chiedono di tornare ad avere un ruolo preponderante in questo difficile scenario che stiamo vivendo.
Per riguadagnare la loro fiducia, dimostriamo di essere una vera alternativa, riappropriamoci della nostra storia, della nostra capacità di far partire dal basso ogni nostra decisione e motivazione.
Torniamo a essere un Partito dove i personalismi e l’individualismo sono al margine, un Partito fatto non per i nomi, ma per la collettività.
Rivendichiamo il nostro legame con il Popolo.
Roberta Atzori

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