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venerdì 30 ottobre 2009

IL DOVERE DELLA TRASPARENZA

Con una variante al Piano Urbanistico Comunale è stata resa edificabile un’area di 1.700.000 metri quadrati tra Sardara e Santa Maria Acquas.

Questa trasformazione ha modificato il valore di mercato dei terreni, che naturalmente è lievitato. Il prezzo preciso lo stabilirà il rapporto tra la domanda e l’offerta, cioè tra chi vuole comprare e chi deciderà di vendere. Il prezzo finale sarà influenzato anche da quanto si potrà costruire, cioè dal numero di metri cubi che gli strumenti urbanistici comunali consentiranno di realizzare.

Nel paese serpeggiano già notizie, forse non del tutto controllate, secondo cui ci sarebbero già soggetti interessati ad acquistare e tra chi starebbe sollecitando i proprietari a vendere ci sarebbe persino qualche amministratore comunale. E’ evidente che, seppure fossimo di fronte a sole voci, tutto questo costituisce un problema alquanto delicato, che merita un chiarimento formale da parte degli amministratori.

L’Amministrazione comunale ha modificato il piano Urbanistico Comunale praticamente in segreto, senza illustrarlo alle forze politiche e sociali, senza consultare i tecnici del settore, senza informare la popolazione, strozzando la discussione in Consiglio comunale , senza darne notizia attraverso la stampa.
Siamo quindi in una situazione per cui chi vuole acquistare conosce bene la modificazione di destinazione d’uso dei terreni, chi vende non ha informazioni sufficienti e certe e non può apprezzare adeguatamente il nuovo valore delle proprie aree edificabili

C’è inoltre dell’altro. Il Comune ha reso edificabile i terreni, ma non ha attribuito la volumetria che sarà possibile realizzare. Ha deliberato di farlo successivamente con i cosiddetti Piani Attuativi, con la possibilità che ciò avvenga quando i nuovi proprietari avranno già acquisito i terreni e quando si potrà concordare con loro che cosa effettivamente fare e con quali volumetrie. E’ evidente che anche per questo a chi dovesse vendere adesso mancano tutte le informazioni necessarie per stabilire un giusto prezzo. Come è altrettanto chiaro che chi acquista in queste condizioni vedrà in futuro aumentare di molto il valore dei terreni. Addirittura potrà mettersi nelle condizioni di stabilire direttamente l’ammontare del guadagno avendo in mano gli strumenti per far pressione sul Comune per avere approvato il Piano Attuativo ed i progetti.

Come si vede si rischia una vera e propria speculazione a danno dei proprietari e scempi edilizi incontrollabili. Il solo fatto che tutto ciò possa avvenire pone al Sindaco una precisa responsabilità, quella di dare informazioni esaurienti sulle decisioni già assunte e sulle possibili conseguenze per i proprietari de terreni e per il territorio.
Sui possibili acquirenti ed intermediari e sulla presenza o meno tra questi di amministratori comunali, data la delicatezza dei problemi, gli amministratori non possono esimersi dall’intervenire per fugare dubbi e preoccupazioni e per eliminare alla radice i possibili conflitti tra l’interesse pubblico e quello privato.In queste cose la trasparenza è un dovere imprescindibile.
R.C.

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Le primarie del 25 ottobre

Domenica quasi 3 milioni di elettori e simpatizzanti del Partito Democratico hanno votato per scegliere il segretario nazionale e quello regionale. Sappiamo tutti come è andata. Pier Luigi Bersani è il nuovo segretario nazionale e Silvio Lai il segretario regionale.

Hanno vinto loro, ma ha vinto prima di tutto il P.D., perché queste primarie hanno dimostrato che è sempre viva una grande aspettativa nei confronti di questo Partito, nonostante le delusioni finora avute dal popolo del centro-sinistra. E poi ha vinto, si è affermato definitivamente il metodo delle elezioni primarie quale miglior modo possibile (e democratico) per la scelta dei dirigenti e dei rappresentanti nelle istituzioni del Partito.
Il gradimento del metodo delle primarie da parte degli elettori e dei simpatizzanti è un dato incontestabile che ci fa dire che queste rappresentano ormai un fatto consolidato e importante per la vita democratica del P.D., questo è il messaggio degli elettori che chiedono un partito davvero nuovo che sentono non ancora sufficientemente ‘amalgamato’ a causa della diversa provenienza di culture politiche in esso presenti.
E’ pur vero che qualche perplessità è sorta soprattutto in merito all’elezione dei dirigenti del Partito che, si è sostenuto, andrebbero eletti soltanto dagli iscritti, con l’esclusione di qualsiasi condizionamento esterno.
Tuttavia, bisogna ammettere che, stavolta, il voto delle primarie ha sostanzialmente confermato il voto degli iscritti, segno che il tesseramento è stato fatto seriamente (chi non si ricorda dei ‘signori delle tessere’ dei vecchi partiti?).
Altro risvolto positivo di queste elezioni primarie è che sia il segretario nazionale che quello regionale sono stati eletti al primo turno, evitandoci così una seconda fase di confronto ed i riposizionamenti delle varie componenti del partito, cosa che non avrebbe fatto bene al Partito Democratico.
Ha vinto nettamente Bersani, anche se nessuno dimentica che sia Franceschini che Marino rappresentano delle forti istanze presenti nel P.D. Ma il nuovo segretario, ha oggi la forza ed è legittimato ad indicare ‘la strada’ al P.D., una forza che gli deriva, appunto, dal consenso dell’elettorato delle primarie.
E quale sarà la strada già lo sappiamo: la difesa del Lavoro (con la elle maiuscola) in tutte le sue molteplici forme, insieme alla difesa della legalità e della Costituzione Repubblicana. Ma il Lavoro al centro di tutto perché è nel mondo del lavoro che sono riposte le speranze di riscatto del nostro Paese ed è a questo mondo che noi chiediamo il consenso per dare voce e per rendere manifesta la volontà di quanti vogliono battersi per realizzare l’alternativa politica alla destra oggi dominante.
Nel P.D. oggi possono convivere anime e idee politiche diverse, ma non si può non cominciare a pensare ad un sistema di alleanze che rafforzi l’area del centro-sinistra, a cominciare dai partiti collocati alla sinistra del P.D., anche perché con un distacco di 15 punti dei voti (le ultime politiche) rispetto al centro-destra, pensare di vincere da soli (la cosiddetta vocazione maggioritaria) è, almeno per ora, una pia illusione.
Ebbene, se oggi il P.D. può imboccare con decisione un certo percorso politico e se il suo segretario ha forza ed autorevolezza ciò lo si deve proprio alle primarie.
Ma se è vero che le primarie funzionano deve essere altrettanto vero che il partito, a tutti i livelli, lo vorrà utilizzare d’ora in poi oltre che per la scelta dei propri dirigenti anche, e soprattutto per scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni, che si tratti di Comuni, di Province, ecc.
L’istanza di partecipazione dei nostri elettori, d’altronde, è chiaramente contenuta nel messaggio che gli elettori del 25 ottobre hanno consegnato alle urne.
r.m.

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mercoledì 28 ottobre 2009

TERMAE NEAPOLITANAE


Nell’accogliente sala congressi dell’Antica Casa Diana Momo Zucca, professore di Antichità Romane presso l’Università di Sassari, la sera di venerdì 23 ottobre ha tenuta desta, per oltre un’ora, l’attenzione del numeroso pubblico accorso per sentirlo parlare sul tema “Le Aquae Neapolitanae nel quadro del termalismo romano della Sardegna ”. E’ stato un piacere seguirlo nel suo excursus storico che ha analizzato e confermato la grande importanza delle Terme di Santa Mariaquas.


La frequentazione del sito fin dal periodo nuragico e pre-nuragico è stata confermata dagli scavi della dottoressa Usai della sovrintendenza di Cagliari. Frequentazione che è poi continuata nel periodo fenicio-punico. Ma il maggior splendore lo raggiunse quando la Sardegna venne conquistata dai Romani. E i Romani, appassionati costruttori di terme, non si lasciarono sfuggire l’occasione quando, arrivati a Sardara, si resero conto della grande ricchezza rappresentata dalle sorgenti di acqua calda. E infatti, in breve tempo, vi costruirono le Termae Neapolitanae, importanti quanto le Hypsitanae di Fordongianus, l’antica Forum Traiani. A noi sono giunti pochi resti dell’antico complesso delle Terme Romane, resti che furono inglobati alla fine dell’ottocento, quando il progetto Birocchi-Asproni portò alla costruzione di quello che noi oggi chiamiamo Bagno Romano.
Le antiche terme romane furono sfruttate anche in periodo medioevale, tanto è vero che la corte degli Arborea frequentò .le nostre terme ed un giudice addirittura vi concluse i suoi giorni.
Ma l’esposizione appassionata ed appassionante del professor Zucca si è soffermata soprattutto sul periodo romano quando le Termae Neapolitanae erano un centro importantissimo ed uno snodo viario di grande interesse. Tenuto conto delle distanze del percorso viario tra Caralis e Turris Libisonis (Portotorres), nel nostro territorio doveva cadere un punto di sosta. E siccome per le fermate dei grandi dignitari dovevano esserci locali idonei alla loro importanza, si suppone che nel sito dovevano essere presenti costruzioni di una certa imponenza. Se si pensa che a nord-ovest (se non ho capito male) e ad una certa distanza dal bagno romano sono state trovate tracce di una notevole costruzione quadrata, è facile intuire l’ampiezza dell’antico insediamento romano. Il professore non lo dice esplicitamente, ma lascia chiaramente intendere che sotto i nostri piedi si nascondono i resti di un complesso che non ha nulla da invidiare a quello di Forum Traiani. Forse sarebbe ora che la comunità sardarese incominciasse a pensare che sarebbe bene rimetterli in luce.
Luigi Melis

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martedì 27 ottobre 2009

UNA GRANDE PROVA DI DEMOCRAZIA


Domenica sono andati a votare tre milioni di italiani, ai seggi hanno trovato cinquantamila volontari e vi hanno lasciato almeno due euro a testa per finanziare l’attività politica del loro partito. In un momento non certo facile per il Partito Democratico tutto ciò rappresenta un successo che inorgoglisce e costituisce una grande prova di democrazia.


Il Partito Democratico può contare su una base elettorale matura e responsabile, che ha voluto stimolare e infondere nuova fiducia ai suoi dirigenti.
Segretario sarà Pierluigi Bersani, che è già all’opera per costruire un partito più legato ai ceti popolari, ai lavoratori, siano questi subordinati, precari o piccoli e medi imprenditori. Come ha spesso sostenuto intende promuovere una solida alleanza di centro sinistra, fondata su un programma chiaro e condiviso, e realizzare una forte opposizione, che sia una convincente alternativa di governo alla destra.
A Sardara la partecipazione è stata alta, in crescita rispetto alle precedenti primarie, ed ha raggiunto i 288 votanti. Per l’elezione del segretario nazionale Bersani ha ricevuto 224 voti; Franceschini 22 e Marino 19. Per la scelta del segretario regionale Lai ha conquistato 127 voti, Diana 118 e Barracciu 30.
Dal voto esce un partito più forte, rappresentativo, in cui è in crescita la partecipazione attiva, specialmente femminile e giovanile, che sta recuperando la sua base popolare e la tradizionale presenza della sinistra riformista. Tutto ciò costituisce un riconoscimento per un gruppo dirigente rinnovato e rappresenta un viatico per il lavoro politico da promuovere per la crescita del paese, per le prossime elezioni provinciali e per il rinnovo dell’amministrazione comunale.
Con le primarie aperte al voto degli elettori si conclude un iter piuttosto lungo che ha visto anche il pronunciamento dei soli iscritti e prima ancora il congresso per l’elezione degli organismi dirigenti del circolo cittadino. Questi appuntamenti hanno tenuto il partito impegnato al suo interno, ora si apre una fase nuova di impegno politico per costruire una forte e coesa coalizione di centro sinistra accogliendo la disponibilità già manifestata dalle altre forze che si collocano in quest’area.
In secondo luogo è indispensabile affrontare con crescente determinazione i molti problemi del paese sia per aggiornare la piattaforma programmatica per il suo sviluppo, sia per rendere più stringente il confronto con un’ amministrazione comunale priva di bussola, che sta compiendo troppe scelte sbagliate e che sta amministrando con troppi conflitti tra l’interesse pubblico e quelli privati.
E’ possibile aprire un grande cantiere di lavoro per rendere più forte il circolo dei democratici, per adeguare alla nuova realtà la sua elaborazione politica e programmatica, per rinnovare gradualmente e con equilibrio la sua dirigenza. Come si vede sono compiti non facili, ma resi necessari dall’espressione di fiducia e dalla chiara attribuzione di responsabilità avvenute con le primarie.

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SARDAREDDA


La Vergine SS. delle Acque è venerata precisamente ove sorgevano le Terme Romane, dette da Tolomeo “Aquae Neapolitanae” dalla non lontana Neapolis, città che direi greca più che fenicio-cartaginese, fabbricata là ove prima di tutti approdarono i Protosardi, al capo Frasca presso l’antico porto “Marcellinus”, oggi Marceddì.


Sei nuraghi, dei quali tre distrutti quando costruirono l’attuale stabilimento termale , circondavano quasi a protezione queste acque termali, sorgenti nel cratere di un vulcano spento , con una temperatura di 60° circa. Ciò fa ritenere che anche i Protosardi venerarono queste acque: per quanto il loro tempio , centro dei trenta nuraghi della regione, sorgesse a Sardara, col culto principale delle acque, non calde ma ritenute ugualmente curative. Da questo tempio, infatti, prendeva origine il “rio sacro” di Pabillonis, che era poi ingrossato dalle sorgenti termali.
Con l’avvento dei romani a Neapolis, le acque termali vennero valorizzate maggiormente , perché essi costruirono delle sontuose terme , delle quali sussistono ancora gli avanzi, a uso degli abitanti della vicina città e delle truppe. Vi crearono un centro di vita con botteghe, templi ecc.Tale centro divenne ben presto un borgo, cui naturalmente affluivano anche le genti delle tribù locali, sparse nei nuraghi circostanti. Questo centro di vita e di lavoro, che naturalmente si esprimeva nelle forme usuali della religione, non poté certamente sfuggire all’attenzione dei primi cristiani, tanto più che si trattava di una stazione termale e per di più vicinissima alle strade di maggior traffico e collegata ad una delle quattro arterie stradali longitudinali dell’isola, una delle quali la via di epoca romana, nota anche oggi col nome di “bia Roma” ( o de is nusceddaius) che congiungeva Usellus con Plumbeum e quella detta dei Greci, anche oggi “bia Aregus”, che partendo da Portus Marcellinus, si internava trasversalmente.
I cristiani ci propagarono ben presto il Vangelo, e con il trionfo del Cristianesimo all’epoca di Costantino si adoperarono per sostituire tutte le espressioni di fede pagana con altrettante di fede cristiana, particolarmente con il culto della Santa Vergine.
Il 1478, fatale per la fine della sarda indipendenza, segnò anche la fine del villaggio delle Terme, dal nome Sardaredda, cambiato dagli aragonesi in quello di Villa Abbas. Le battaglie continue che nei suoi pressi si combatterono tra Aragona e Arborea, e la malaria dovuta al fatto che la zona non più coltivata era divenuta una micidiale pozzanghera, costrinsero gli abitanti superstiti a stabilirsi nella vicina Sardara. Restarono le Terme e la chiesetta, questa rifatta in epoca dei Giudicati su altra precedente chiesa, come risulta dalle fondamenta di un’abside pisana rinvenuta durante i lavori di restauro eseguiti prima del 1923. Col risveglio religioso portato dal governo spagnolo al termine della guerra con Arborea, la chiesetta venne arricchita d’una bellissima statua che anche oggi è venerata nel santuario.
Un piccolo fatto doveva ancora turbare la zona delle Terme. I Saraceni, nella loro scorreria del 1584, sbarcarono nuovamente al capo Frasca, devastando, depredando e incendiando le campagne e le chiese di Terralba , di Arcidano e Pabillonis. I Sardaresi, a tale annunzio, corsero alle Terme tolsero dalla chiesetta la statua della Vergine e la nascosero tra gli sterpi nell’abside dei ruderi del bagno romano. Quanto vi rimase? Certo fino a quando il pericolo fu cessato.
Sotto il dominio Sabaudo, la devozione alla Vergine delle Acque ebbe un incremento specialmente dopo che il viceré nel 1751 e l’Intendente Generale del Regno nel 1770 riebbero nei fanghi delle Terme la salute: tanto che Re Carlo Emanuele IV nel 1779 espresse l’idea che nelle Terme sorgesse uno stabilimento per cure termali, a spese dello Stato.
Luigi Montisci.
1882- 1961. Sacerdote e insegnante.

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sabato 24 ottobre 2009

Le terme di Santa Mariquas nel periodo romano, ma guardando al futuro.


È stata una bella serata di cultura quella del 23 ottobre.


Il professor Raimondo Zucca, invitato dalle associazioni Costruirefuturo e Circolo Arci, per un'ora ha catturato l'attenzione del numeroso pubblico, nel racconto della storia termale sardarese e sarda durante il periodo romano.
Ha ripercorso gli studi fatti nel passato, a partire da quello del Taramelli, passando per gli studi europei e americani (Sardara è stato il primo sito sardo ad essere investito dalla ricerca di una missione archeologica straniera).
La stazione termale di Santa Mariaquas è una delle più citate nelle iscrizioni e nei documenti dell'antichità: segno di una importanza geografica, religiosa e forse anche economica.
Ne parla Tolomeo nel III secolo d.C., e diverse tracce si ritrovano anche nelle cronache medievali.
Il nome romano Aquae Neapolitane, deriva dalla città di Neapolis, sita nella parte meridionale del golfo di Oristano, la cui origine del nome resta ancora piena di dubbi. Si può supporre che questa città nuova fosse nata successivamente alla città vecchia di Othoca, sita in territorio di Santa Giusta.
L'importanza del sito termale dal punto geografico era data anche dalla posizione centrale rispetto al sistema viario romano.
Il territorio è dunque stato zona centrale ma anche zona di confine tra la zona di influenza di Neapolis e di Cagliari, e successivamente anche confine tra i Giudicati e tra le Diocesi.
Per la religiosità romana le acque termali erano generatrici di divinità: motivo per cui si può supporre che oltre alla zona termale vi fosse anche un tempio. Supposizione supportata maggiormente anche dal fatto che nel periodo cristiano vi sia stato edificato un santuario, oggi intitolato alla Madonna delle Acque.
Secondo il professor Zucca, la struttura termale che emerge, ristrutturata poi in epoca contemporanea, è solo una parte di tutto il complesso, che potrebbe estendersi per tutta l'area. Alcune idee di ricerca farebbero supporre, che data l'importanza del sito, vi potesse essere anche una Pretoria: un edificio di particolare pregio atto ad ospitare il governatore romano dell'Isola durante i suoi spostamenti.
Ecco dunque la proposta per il futuro: trovare le risorse necessarie per portare avanti una nuova campagna di scavo che potrebbe portare alla luce le tracce di un intero villaggio termale.
R.I.

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venerdì 23 ottobre 2009

Primarie del PD: che siano un’esperienza veramente Democratica.


Il 25 ottobre il Partito Democratico eleggerà attraverso la scelta di tutti gli elettori il suo nuovo segretario nazionale e i segretari regionali.


Si avvia dunque a conclusione una “lunga marcia” che dovrebbe portare a termine la costituzione del partito in tutti i suoi livelli. “Lunga marcia” piena di ostacoli come tutte le lunghe marce devono essere. Ostacoli fisiologici, certo. Ma anche ostacoli creati “ad arte”, come un regolamento congressuale che sembra concepito più per dare l’idea di confondere che di creare un percorso facile e comprensibile.
Parlo da semplice iscritto al Pd di Sardara, visto che non ricopro cariche “istituzionali”, e che non sono nell’assemblea cittadina del Pd (ho dato la disponibilità al segretario di collaborare con lui nella segreteria in un ruolo tecnico).
Non intervengo per sostenere qualche candidato in particolare. L’intero dibattito congressuale questa volta mi è sembrato vuoto. Parlando con i vecchi “compagni”, abituati a congressi anche accesi, si rifletteva sul fatto che la proposta politica sia stata sostituita dalla “personalizzazione”. Si vota un candidato segretario dietro al quale è difficile delineare una linea politica ben precisa.
Seguendo il dibattito sui giornali e sui social network lo scontro si è spostato dai temi alla persona. Per alcuni tratti è sembrato che il tutto si fosse trasformato in una “guerra tra bande” senza esclusione di colpi.
Riprendo la frase del mio intervento nell’assemblea precongressuale di luglio: non è il PD che voglio.
Nel dibattito congressuale tutti i candidati hanno pari dignità e tutte le posizioni sono sostenibili liberamente. La discussione deve essere portata su temi politici e non sulla “sfida all’OK Corral” tra sostenitori dell’uno o dell’altro candidato.
Personalmente conosco persone valide candidate in tutte le liste e che sostengono i diversi candidati. Permane però un dubbio: il sistema delle liste bloccate è stato considerato più adeguato per garantire la parità di genere e un’inutile stillicidio tra candidati alla ricerca di preferenze. Le liste bloccate avrebbero permesso di favorire il cambiamento (parola sempre cara nei discorsi di tutti) posizionando quelle che ipoteticamente sarebbero state le nuove classi dirigenti nelle prime posizioni delle liste.
Sfogliando tutte le liste si può amaramente constatare che solo in pochi casi questo è stato fatto. Le prime posizioni “eleggibili” sono appannaggio di chi già detiene cariche (parlamentari, consiglieri regionali e provinciali). È vero che si può sostenere l’utilità della loro presenza “in funzione” degli incarichi ricoperti, ma è anche vero che una parte della responsabilità delle recenti sconfitte elettorali e del calo di consensi del PD è dovuta anche “all’autoriproduzione per riciclo” di questa classe dirigente.
Concludo riprendendo un concetto importante che il segretario Andrea Caddeo ha inserito nella sua lettera per l’invito al voto: «Ci aspetta un cammino non facile ma nel contempo stimolante, in cui ognuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo fattivo volto al raggiungimento di un obiettivo comune».
Sono parole importanti e dense di significato che non devono essere di semplice circostanza. Parole in cui bisogna riconoscersi.
Perché il progetto del Pd non si può fermare dopo due anni. Il tempo delle rivoluzioni armate è passato con tutti i suoi danni. Ora è il tempo di una nuova e vera rivoluzione democratica per spazzare via un modello culturale e sociale che in maniera subdola ha permeato il Paese cambiandone profondamente l’antropologia e la struttura.
Ho creduto dal primo momento nel Partito Democratico. Anche quando in tanti avevano dubbi. Anche quando molti erano altrove e guardavano da altre parti.
E nonostante tutto continuo a crederci. E credo che tutti debbano avere cittadinanza all’interno del partito: dal primo all’ultimo iscritto. Dal primo all’ultimo elettore.
Andiamo a votare il 25 ottobre. Andiamo a votare per dare un contributo al raggiungimento di un obiettivo comune. Andiamo a votare in piena autonomia e libertà di scelta.
Buone primarie a tutti.
Roberto Ibba

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mercoledì 21 ottobre 2009

FORMA E SOSTANZA /2

Il 25 ottobre si tengono le primarie per eleggere il segretario nazionale e quello regionale del PD.

I candidati nazionali sono tre: Bersani, Franceschini, Marino. Io voto Marino.
Quelli regionali sono più numerosi. Io voto Barracciu
Voto Marino perché, pur non condividendo tutti i punti del suo programma, ha dichiarato guerra alle correnti di potere che stanno già dilaniando l’ancor giovane e nuovo partito.
Considero le correnti di potere, non quelle sacrosante e necessarie di pensiero, il cancro dei partiti autenticamente democratici. Di sinistra in particolare.
Cancro che si manifesta, nel caso di specie, come una benda insopportabile, che impedisce ai propri occhi di vedere la realtà delle cose.
Com’è successo a te, cara/o R: non vedi, ma certamente lo sai, che i candidati a segretario nazionale sono tre e non due.
Due come le correnti di potere organizzate nel circolo di Sardara che preferiscono nominare e non eleggere i componenti del circolo nella percentuale (???) del 60% e 40%.
Che differenza c’è, infatti, tra essere nominati ed essere eletti all’unanimità, per alzata di mano o per acclamazione, da un’assemblea di alcuni iscritti e su liste bloccate?
Niente. Peraltro la percentuale del 60% e 40% è stata poi smentita dalle elezioni (vere perché a scrutinio segreto) tenute il 25 settembre c.a.
Cara/o R. non volermene per questa puntualizzazione. Ha il solo scopo di sollecitare un dibattito vero e trasparente su questo giornale online.
E’ necessario, infatti, stabilire su quali fondamenta deve poggiare l’organizzazione del nascente PD per essere certi per chi vi opera e per chi dall’esterno ci osserva, che trattasi di soggetto politico veramente nuovo, aperto, che ha bisogno e si regge sull’ apporto di tutti coloro che si sentono e si comportano come autenticamente di sinistra. Con tutte le implicazioni, i diritti e i doveri del caso.
Alla prossima
SUMERI45

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CONVOCAZIONE ELEZIONI PRIMARIE DEL OTTOBRE


Care Democratiche, cari Democratici
domenica 25 ottobre si terranno le Elezioni Primarie per l’elezione del Segretario nazionale e regionale.


Come sapete potranno votare tutti gli elettori che del PD, anche i non iscritti, maggiori di 16 anni e residenti in Italia muniti di tessera elettorale e documento di identità.
E’ importante che tutti noi partecipiamo attivamente, perché anche a Sardara il PD dimostri di essere un Partito Democratico forte e credibile, capace di costituire il baricentro di un progetto ampio e duraturo per il futuro del nostro Paese.
Ci aspetta un cammino non facile ma nel contempo stimolante, in cui ognuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo fattivo volto al raggiungimento di un obiettivo comune.
Le elezioni si svolgeranno nell’aula consiliare di Villa Diana domenica 25 ottobre dalle ore 7 alle ore 20. E’ previsto un contributo di € 2 per partecipare alla votazione.
Un caro saluto
Il Segretario
ANDREA CADDEO

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sabato 17 ottobre 2009

OMAGGIO DEL CIRCOLO ARCI AL LAVORO IN MINIERA


L’escursione organizzata da Consiglio Direttivo del circolo 1° Maggio dell’Arci nell’ambito delle finalità statutarie ed in particolare delle iniziative a favore dei soci si è svolta regolarmente sabato 10 ottobre e sin qui niente di straordinario: ciò che ci ha indotto a presentare questo breve resoconto è il successo complessivo ottenuto dall’evento.


La visita guidata alla miniera di carbone di Serbariu si è rivelata di notevole sorpresa e interesse per gli aspetti umani, sociali ed economici che riguardavano circa 16.000 – 18.000 operai, e i loro famigliari; le prove documentali, ben raccolte e conservate hanno rappresentato fedelmente il lavoro che vi si svolgeva, le attrezzature e gli strumenti utilizzati nonché le disagevoli e pericolose condizioni del lavoro quotidiano. Il percorso in galleria, grazie alla ricostruzione accurata del luogo ed alla abilità della guida (suo nonno lavorò in quelle gallerie) ha testimoniato, più di un qualsiasi testo o filmato, la vita dei minatori che per circa 40 anni portarono nel territorio del Sulcis benessere, integrazione e cultura. Ai curatori del sito va un sentito ringraziamento sia per l’accoglienza che per la professionalità dimostrata.
Il resto della giornata ed in particolare il pranzo allestito a Sant’Antioco dal ristoratore, per altro nato e vissuto a Sardara, è da valutare eccellente sia per qualità che per abbondanza dei preparati. Dopo una breve visita a Sant’Antioco il percorso di rientro ha consentito una breve sosta ad Iglesias nei pressi del centro storico.
Infine una considerazione sul significato che l’escursione ha avuto per il circolo e per i soci partecipanti i quali hanno espresso piena soddisfazione per l’opportunità offerta e la unanime richiesta di ripetere esperienze simili; la presenza di alcune signore dimostra che tali iniziative possono essere dedicate anche alle famiglie e cosa altrettanto degna di nota è che, almeno per una giornata, si siano messi da parte i problemi del quotidiano.
In conclusione una giornata ben impegnata sotto tutti i punti di vista.
Eligio Piras

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COME BUTTARE I SOLDI


L’attuale amministrazione comunale ha progetti ambiziosi, ma pericolosi, per l’area termale.


Ha infatti approvato una variante al Piano Urbanistico Comunale per rendere edificabile ben 1.700.000 metri quadrati di terreno, dove vuole realizzare un nuovo centro abitato con abitazioni, un centro commerciale…. Un quartiere di questa Sardara 2 è previsto in un bassopiano attraversato da un canale di bonifica e dal rio Bruncu Lepiris e se fosse effettivamente realizzato diventerebbe quindi vittima di periodiche alluvioni con gravi rischi per le case e per le persone.
La giunta comunale sostiene che l’obiettivo è quello di creare lavoro ed effettivamente le Terme possono costituire un’importante occasione di sviluppo e di occupazione. Ma se non si fanno bene le cose si creano affari per pochi ed un impoverimento irreversibile del territorio. Bisogna quindi fare attenzione alle scelte e a come si realizzano gli interventi. Ed è qui che purtroppo insorgono preoccupazioni ogni giorno più gravi.
L’albergo termale è ormai chiuso dal 4 giugno ed è diventato un cantiere gestito senza trasparenza e al di fuori della legalità. Finora tutto è avvenuto senza alcuna decisione del Consiglio comunale, senza aver predisposto ed approvato un progetto, senza aver bandito una regolare gara d’appalto, senza controlli. E bisognerà vedere i risultati dei lavori in corso.
I risultati invece sono già visibili per un altro intervento appena realizzato: la sopraelevazione dei parapetti in pietra del canale Birocchi. Quest’opera con la parziale recinzione in legno del boschetto di eucalipti è stata affidata ad una impresa di Pirri, poi autorizzata con leggerezza a subappaltare i lavori senza accertare la professionalità e l’effettiva capacità tecnica dell’ impresa subentrante. L’intervento ha snaturato l’opera esistente progettata da un architetto molto noto, Aldo Lino, professore presso l’Università di Sassari, che aveva ripristinato e restaurato il canale, costruito agli inizi del ‘900, ideando una cortina di pietra, legno e verde che racchiudesse il cuore del sistema termale separandolo dalla campagna circostante. Invece di eseguire le necessarie manutenzioni del legno e di curare la pietra ed il verde si è consentito a maestranze incapaci di rovinare l’opera utilizzando pietrame di pezzatura differente, modificando la pendenza dei muretti e realizzando una tessitura della pietra diversa di quella preesistente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un’offesa ad un paese di muratori. Ma l’esito poteva essere anche peggiore se la Soprintendenza ai monumenti non avesse negato al sindaco la possibilità di realizzare un’inferriata lungo i due lati del canale.
Si tratta in definitiva di un’opera inutile sul piano funzionale, dato che il canale non ha mai rappresentato un serio pericolo, e per di più ha sfregiato un’opera che aveva un suo garbo ed una sua linearità. Tutto questo naturalmente ha avuto un costo. Il Comune ha infatti speso ben 250.000 euro. La realizzazione dell’opera è stata quindi un affare per le due imprese, ma costituisce un esempio concreto di come in Comune si possono buttare via i soldi.

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giovedì 15 ottobre 2009

PRIMARIE DEL 25 OTTOBRE


Domenica 25 ottobre si terranno le primarie per eleggere il segretario nazionale ed il segretario regionale del Partito Democratico.


Dopo il voto degli iscritti al partito, che ha visto prevalere Perluigi Bersani con il 55,13 % dei voti su Dario Franceschini col 36.95 %, saranno gli elettori del P.D. a scegliere definitivamente chi guiderà il partito.
Le primarie saranno così una grande prova di democrazia, di apertura alla società, un fatto politico di grande importanza, che mostra un’organizzazione ricca e plurale al suo interno, viva, partecipata.
La nascita del P.D. ha cambiato la situazione stimolando il sistema politico ad organizzarsi in modo bipolare, come fanno le altre grandi democrazie occidentali. Oggi il partito è chiamato a rinnovare e rafforzare se stesso, a riaprire il cantiere dell’Ulivo con i movimenti politici e civici disposti al dialogo, a lavorare per un quadro ampio di alleanze politiche. In particolare è necessario rivolgersi a tutta l’area del centro sinistra e contemporaneamente a quella parte dei ceti popolari che fino a qui hanno votato a destra.
Si tratta di costruire un partito che rappresenta con concretezza i ceti popolari sollevando la bandiera della tutela delle condizioni di lavoro dei subordinati e della sua conquista di un’occupazione da parte di chi la cerca, del sostegno alla piccola e media impresa e delle sue esigenze di crescita, della tutela della famiglia e delle politiche in suo favore, del sostegno alle nuove generazioni.
Si pensa di costruire un partito che lavora per correggere i suoi difetti, emersi soprattutto negli ultimi tempi, specie quelli che lo hanno allontanato dai ceti popolari.
Si vuole un partito che non sia di un uomo solo ma che viva come una comunità di protagonisti, che accetta una disciplina liberamente condivisa , che lavori su un rinnovamento fatto non per via di simboli, ma riconoscendo le nuove forze che sono in campo e aprendo loro la strada.
E’ necessario un partito plurale, ma non in forma di coabitazione per quanto amichevole; che sappia discutere a fondo, ma che poi sappia agire e realizzare concretamente le politiche in favore dei ceti produttivi e dei più deboli.
Queste sono alcune delle idee esposte da Bersani nella recente assemblea nazionale dei delegati eletti nelle primarie degli iscritti e rappresentano la base su cui costruire un partito nuovo, capace di affrontare e risolvere i grandi problemi della società contemporanea.
In Sardegna è opportuno seguire la medesima strada facendo uno sforzo comune per superare le divisioni che hanno penalizzato il partito negli ultimi tempi, facendoci perdere la guida della Regione e regalandola ad una destra immobile, attenta solo alle spartizioni di potere, che sta tradendo tutti gli impegni assunti con gli elettori.
Occorre uscire dalle divisioni tra soriani ed antisoriani. Renato Soru ha condotto un’azione giusta di modernizzazione della Sardegna ed ha rappresentato efficacemente l’isola a livello nazionale. Ha ottenuto risultati che si cercavano da decenni in molti campi come quello sanitario, della difesa dell’ambiente, delle entrate regionali, della riforma della Regione, della lotta al clientelismo. Oggi servirebbe una guida del partito in grado di non rinnegare quelle scelte giuste ed anzi di sospingerle ancora in avanti cercando contemporaneamente di recuperare l’unità del partito, senza la quale non cresce la nostra organizzazione, non si rafforza e non si cementa una salda alleanza di centro sinistra e quindi non si sconfigge la destra. Ed è questo che rappresenta la candidatura di Giampaolo Diana, capace di richiamare tutti e quindi anche gli altri due candidati alla segreteria regionale alla necessità di superare le divisioni, di costruire un partito coeso, forte adeguato ai tempi difficili della modernità.
R.

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Interrogazione per il funzionamento del Consiglio Com.le: disagi residenti nel PEEP Perda Sterria


Al Signor Sindaco
del Comune di
SARDARA
Oggetto: interrogazione ai sensi dell’art.11 commi 3 e 4.b del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale: disagi residenti nel PEEP Perda Sterria.


Premesso che
con precedente interrogazione venivano evidenziati i disagi degli abitanti (otto famiglie) nel PEEP Perda Sterria in relazione al completamento delle urbanizzazioni;
tali disagi sono aggravati in questo periodo dalle piogge che hanno causato il dissesto della strada che come noto non è provvista del manto stradale;
come risulta dalla documentazione fotografica allegata (n.3 foto) la sede stradale è invasa dalle erbacce e l’acqua piovana rende impraticabile la stessa in diversi punti;
l’assenza dell’illuminazione stradale, oltre al disagio, determina seri problemi legati alla sicurezza dei cittadini ed in particolare per i residenti;
Considerato che
a tutt’oggi poco o nulla è stato fatto per ridurre i suddetti disagi;
tutto ciò premesso e considerato
I Consiglieri Comunali del Partito Democratico, Andrea Caddeo, Giuseppe Garau e Renato Atzori
Chiedono di interrogare il Sindaco per conoscere
cosa intende fare l’amministrazione comunale per porre rimedio ai disagi sopra elencati;
quale tempistica si prevede per il completamento delle urbanizzazioni.
Si richiede, per la presente Interrogazione, risposta orale e che la stessa, ai sensi del punto 4.b) dell’art.11 del regolamento per il funzionamento del Consiglio comunale, venga iscritta all’ordine del giorno della prima seduta del Consiglio.
Sardara, lì 14/10/2009
Andrea Caddeo
Giuseppe Garau
Renato Atzori
http://www.novasdisardara.it/interrogazione%20peep%20perda%20sterria.pdf

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mercoledì 14 ottobre 2009

LE “AQUAE NEAPOLITANAE” NEL QUADRO DEL TERMALISMO ROMANO IN SARDEGNA”.

La conferenza con Raimondo Zucca, professore in Antichità Romane dell’Università di Sassari, prevista per venerdì 23 ottobre alle ore 18,30, si terrà presso la sala dell’hotel Antica Casa Diana, in Piazza Emilio Lussu.Il Centro di Aggregazione Sociale di via Oristano non è risultato disponibile per l’iniziativa.

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martedì 13 ottobre 2009

Riparte il progetto “Vivere la campagna” per la ripresa del settore agricolo.


Venerdì 9 ottobre, presso i locali di Villa Diana, si è tenuta la presentazione del programma sperimentale “Vivere la campagna”, lanciato dalla Provincia del Medio Campidano e ora giunto alla sua terza annualità.


Attraverso il progetto sperimentale “Vivere la campagna” l’Amministrazione Provinciale si prefigge l’obiettivo di avviare un vasto programma di tutela del suolo e di valorizzazione dell’ambiente pedologico nelle aree rurali dei comuni della Provincia attraverso la coltivazione delle leguminose riconosciute a livello universale come risorsa fondamentale per la sostenibilità degli agro-eco-sistemi del Medio Campidano.
L’azione dell’Amministrazione Provinciale si configura come concessione di un contributo diretto agli imprenditori singoli o associati con aziende aventi sede e terreni agricoli in uno dei Comuni della Provincia, entro i limiti e le forme previste dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti de minimis. Attraverso questo programma le aziende partecipanti al progetto potranno usufruire di un contributo fino a € 7.500,00 nell’arco di tre esercizi fiscali per la coltivazione ai fini eco ambientali di leguminose. Il nuovo bando per la concessione degli aiuti verrà pubblicato a breve nel sito della provincia del Medio Campidano, ma informazioni possono già essere reperite presso gli sportelli della sede in via Carlo Felice 167 a Sanluri.
R.A.

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TANTO PEGGIO TANTO MEGLIO


“Terme, arriva la Corte dei Conti”. E’ stato questo l’annuncio fatto con toni trionfalistici su L’Unione Sarda dall’ufficio stampa e propaganda del sindaco, che comunica che bisogna pagare 600 mila euro per espropri e che “ è giusto che emergano responsabilità individuali”, che chi lo ha preceduto deve essere colpito impietosamente dal giudice contabile.


L’assessore al bilancio, da parte sua, ci ha fatto sapere che nel pagare i 600 mila euro“ha fatto di tutto” per evitare un buco di Bilancio, ma non è riuscito a “fare un versamento in un’unica soluzione, per cui si faranno “rate di 78 mila euro”annue. A causa di tutto ciò gli amministratori hanno dovuto mandare tutto alla Corte dei Conti in modo che i responsabili siano puniti.
Non si capisce perché la Giunta comunale sembri gioire per simili vicende, né perché carichi di ulteriori debiti il Comune. Se non fosse accecata da odi personali avrebbe potuto risolvere facilmente il problema con le importanti risorse finanziarie tuttora disponibili per l’area termale.
Ha infatti trovato in eredità quasi 5 miliardi di vecchie lire. Di questa somma è stata spesa solo una piccola parte per recintare il boschetto di eucalipti e per sopraelevare il parapetto in pietra lungo il canale Birocchi, un’opera inutile e realizzata malissimo. Forse era più urgente pagare il debito evitando tutta questa macchinazione a carico delle persone.
Si trattava di una questione prioritaria per cui si potevano persino utilizzare gli interessi attivi ottenuti dalla banca in questi tre anni in cui una somma così rilevante è rimasta ferma.
E’ evidente che si cerca il “tanto peggio, tanto meglio”. Si tratta però di un tanto peggio per il Comune e per il paese e di un improbabile tanto meglio per gli amministratori, che così possono appagare un insano desiderio di aggredire chi li ha preceduti e chi non la pensa come loro.

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venerdì 9 ottobre 2009

SCUOLA E TERRITORIO 2


PROPOSTE PER LA STESURA DEL P.O.F.
Anno scolastico 2009/2010


Il P.O.F:, Piano Offerta Formativa, è certamente il documento più importante della scuola, è la sua carta di identità, in esso si delineano gli indirizzi educativi che la scuola propone a genitori per i loro figli. La finalità del POF del precedente anno scolastico che crediamo valido per qualunque POF era quello di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento e quindi migliorare il successo formativo degli alunni. Nel POF è anche detto che esso deve essere coerente con gli obiettivi generali ed educativi determinati dal Ministero della Pubblica Istruzione, tenendo conto delle esigenze del contesto sociale, etc. Tra le altre cose dice che la scuola intende aprirsi al territorio. Nella parte introduttiva dedicata ai progetti che integrano il POF è scritto che gli interventi volti ad ampliare l’offerta formativa sono stati definiti in relazione alle peculiarità culturali, sociali, ed economici del territorio in raccordo con gli obiettivi curriculari etc.
Nella parte relativa alle finalità generali e mete educative è anche scritto che la scuola dovrà favorire una progressiva maturazione delle coscienze di se e della realtà che li circonda…
Noi crediamo che tutto questo non possa essere possibile se si continua ad ignorare storia e cultura locale, sarda più in generale. Chiediamo che nelle attività didattiche già previste nel programma curriculare di storia, geografia, italiano e musica si affianchi una costante presenza delle nostre specificità culturali. Sappiamo tutti che i libri di testo per nostra disgrazia non sono fatti in Sardegna e che quindi certamente noi non siamo in cima ai pensieri degli autori/editori della penisola. La nostra presenza nei testi scolastici è infatti sempre marginale. Nei libri di storia siamo bellamente ignorati, quando va bene troviamo qualche cenno sulla civiltà nuragica. In quello di geografia siccome la nostra isola, guarda caso (solo un caso?), è sempre ultima in ordine di pagina, spesso non si arriva a studiarla. Nei testi di italiano, nella letteratura non vi è quasi mai cenno a fiabe o autori sardi: Deledda, Cambosu, Dessì, Masala, etc. stiamo parlando di letteratura italiana. Quando si parla di carnevale, spesso non si va oltre arlecchino e pulcinella. Sappiamo di Halloween ma non de sa dii de is seti cosas, per fare un esempio, etc. Naturalmente mi riferisco alle attività curriculari non a quelle svolte talvolta per buona volontà dell’insegnante (sempre lodevole e benvenuta) o in virtù di un qualche progetto. Se escludiamo questi ultimi casi, nella scuola, noi, i sardi, non esistiamo. La nostra cultura, ricca e importante in quanto nostra oggi è ignorata dalla scuola di Stato. Oggi, ma del resto ieri anche in misura molto maggiore, sapevamo tutto sulla civiltà egizia, greca, romana, etc. ma non sapevamo cos’era un nuraghe o il castello di Monreale che pure vedevamo tutti i giorni. Oggi certo i ragazzi sanno cosa è un nuraghe perché alla fine è troppo difficile ignorare le migliaia di torri disseminate nel territorio.
Crediamo sia necessario educare correttamente i nostri figli, fornire loro un giusto corredo identitario determinatore di autostima, sia come singoli individui che come comunità, che li aiuti a darsi una corretta collocazione non solo geografica ma culturale in Italia e nel mondo. Per fare ciò noi non crediamo davvero che si possa prescindere dalla conoscenza della terra dove vivono. Guardate che nonostante spazzatura, basi militari e industrie inquinanti la nostra è, noi crediamo, ancora uno dei posti più belli d’Italia e del mondo, si tratta della nostra terra, comunque la si pensi. Pensate che ci sia consapevolezza di ciò? Noi spesso nei suoi confronti sentiamo solo parole di disprezzo anche se il più delle volte è semplice indifferenza. I nefasti risultati, sotto una molteplicità di aspetti, sono sotto gli occhi di tutti. Certo la causa è da addebitare anche alla presenza sempre più ingombrante della TV che tende a riempire tutti gli spazi, almeno nei più giovani. Anche per tale ragione alla scuola spetta il gravoso compito di fornire quel corredo culturale e identitario che funga da vaccino verso una cultura sempre più globalizzata e dove certamente quella delle piccole realtà come quella sarda è ignorata.
Nei libri di storia non ci siamo, in quelli di geografia, per ragioni di impaginazione, spesso è come se non ci fossimo. Nei programmi di musica, nelle elementari almeno, non siamo tenuti in considerazione, nelle antologie di italiano nemmeno, quindi noi per la scuola ripetiamo che quasi non esistiamo.
Il fatto che la nostra cultura trovi chiusa la porta di scuola significa solo una cosa: che non vale la pena di essere conosciuta! Cioè i sardi, noi, non abbiamo prodotto una cultura degna della scuola. Ma ricordiamoci che sono stati gli altri ad averlo deciso per noi.
Chiediamo pertanto che nella scuola assieme al normale programma ministeriale curriculare sia presente anche la Sardegna, noi stessi. In storia per esempio, contestualmente allo studio del medioevo europeo o italiano, vorremo che si dicesse cosa accadeva nell’isola. Quindi ci permettiamo di suggerire che la nostra storia particolare sia affiancata e studiata contestualmente a quella curriculare. Ci piacerebbe che gli studenti sapessero cosa accadeva in Sardegna al tempo degli antichi romani così come al tempo del dominio catalano, spagnolo e in età moderna. Riguardo al corso di geografia chiediamo che nei testi non venga rispettato l’ordine di impaginazione. In letteratura, nella lettura e studio dei brani di antologia chiediamo che gli insegnanti propongano anche autori sardi, ne abbiamo e anche di grande qualità, ripeto, Deledda, Lussu, Cambosu, Dessì, etc. Se si parla di carnevale, che facciano conoscere anche le nostre maschere, se di danza, anche in nostri balli e se di musica anche i nostri autori; non solo della tradizione ma anche e soprattutto moderni, in lingua sarda, perché riteniamo che se la nostra cultura dovrà sopravvivere lo potrà fare nella modernità. Quindi basta parlare solo di folklore o di tradizione quando si parla di Sardegna.
Chiediamo in ogni caso che questa proposta non comporti in generale un aggravio in termini di impegno e ore di studio per gli studenti per evitare che essi sentano come un’imposizione e una forzatura lo studio della loro storia. Questo potrebbe, a nostro modesto avviso, creare rigetto e quindi inficiarne i benefici.
Chiediamo in definitiva semplicemente che si mostri agli studenti che esiste anche la loro terra e la loro cultura. Cultura importante per il semplice motivo che è la loro, la nostra.
Ricordiamo che la L.R 26/97, all’art. 2 recita: … la Regione assume come beni fondamentali da valorizzare la lingua sarda riconoscendone pari dignità rispetto alla lingua italiana - storia, le tradizioni di vita e di lavoro, la produzione letteraria scritta e orale, l’espressione artistica e musicale, etc
Chiediamo che tutto ciò non sia episodico, che non faccia parte di un qualche progetto o risultato della buona volontà del singolo insegnante, ma che in qualche maniera lo si istituzionalizzi prescrivendolo a chiare lettere nel POF . Chiediamo altresì che la parte riguardante almeno storia, geografia e cultura in generale venga tratta da autori sardi di conclamata fama e non da autori della penisola che spesso ben poco sanno di noi. Lo diciamo perché ripetutamente è capitato di incorrere in testi e fotocopie piene di errori anche molto gravi.
Insomma mostriamo ai nostri figli che esiste anche una loro cultura, che esistono anche loro. Un giorno saranno adulti e facciamo in modo che possano diventare fautori consapevoli del loro futuro.
Due parole a parte merita la questione della lingua. In attesa di una decisa e seria politica linguistica da parte della Regione Sardegna sulla questione della lingua all’interno della scuola, vorremo che nell’effettuazione dei progetti in lingua sarda che quest’ultima la si trattasse come una lingua normale e non folkoristica e retaggio del passato. In sardo si può e si deve poter parlare di qualunque argomento. Smettiamola di legare la lingua alla tradizione ed esclusivamente al mondo agropastorale scomparso perché questo significa solo darle una connotazione negativa di lingua del passato che non assolve più alle funzioni di una lingua normale. Soprattutto cerchiamo di evitare di fare lezioni di lingua sarda in italiano. Tutte queste cose portano inevitabilmente alla fine di una lingua già abbastanza compromessa. Anche ciò è perfettamente in linea con il dettato e lo spirito della L. 482/99 che tra le altre cose prevede l’utilizzo delle lingue minoritarie come strumento veicolare per l’insegnamento di altre discipline (art. 4).
In definitiva vogliamo una scuola davvero aperta al territorio che intenda come corretto approccio all’educazione quello che si concretizza nello scambio culturale per favorire una progressiva maturazione delle coscienze di se e della realtà che li circonda, per ripetere uno dei principi ispiratori nello scorso POF. Dobbiamo certamente conoscere la storia del mondo ma anche la nostra, dobbiamo studiare bene italiano e inglese ma anche il sardo, etc. Tutto ciò, ripetiamo, in una normale logica di scambio culturale che è sempre fonte di crescita, in maniera da affrancarci dall’attuale stato di passività e subalternità spesso di sapore masochistico, rispetto alle altre culture percepite non solo superiori ma come le uniche esistenti o possibili.
Ci chiediamo se una scuola più sarda non possa anche servire da contrasto verso l’allarmante fenomeno della dispersione scolastica.
Insomma cerchiamo di mettere noi sardi al centro del nostro mondo per cercare di accrescere la nostra autostima e identità di popolo che, checché se ne dica, attualmente forse non esiste. Guardate che se non lo facciamo noi nessuno lo farà al nostro posto. In un mondo sempre più globalizzato ne va della nostra sopravvivenza culturale e quindi economica.
Per concludere chiediamo che questo discorso venga innanzitutto messo in votazione in questo consiglio e comunque portato all’attenzione del collegio dei docenti per essere inserito nel P.O.F. con modalità e metodologie di competenza del corpo docente.
Sardara, 7 Ottobre 2009
La componente genitoriale del consiglio di istituto di Sardara

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IL P.D. DOPO IL CONGRESSO DI CIRCOLO


Con la celebrazione dei congressi di circolo è terminata la prima fase di un grande processo democratico che si concluderà con l’elezione del Segretario nazionale e regionale attraverso le primarie del 25 ottobre.


Venerdì 25 settembre il Partito Democratico di Sardara ha riunito l’assemblea degli iscritti dando vita ad una discussione aperta e partecipata.
In questi primi due anni di vita il PD, anche localmente, ha vissuto momenti di slancio e di fiducia ma, contestualmente ad essi, contraddizioni e criticità riscontrate a più livelli, e ancor più in Sardegna.
Un Partito ondivago, per molti aspetti indefinito, legato a comitati e regolamenti provvisori, si è dimostrato un Partito che non funziona a dovere. La necessità di un congresso fondativo che definisca regole chiare e si sostanzi di contenuti attraverso una linea politica seria e credibile rimane tutt’oggi una necessità ineludibile. Uscire dalla provvisorietà significa ristabilire principi che regolano la vita democratica del Partito e lavorare all’elaborazione di un progetto spendibile e alternativo al degrado politico, sociale e culturale in cui ci ha relegato il centro-destra berlusconiano.
Dopo il 25 ottobre il nuovo Segretario, legittimato dal responso degli Elettori, dovrà farsi carico di rappresentare il Partito in tutte le sue espressioni, e ancora più in Sardegna, dove è imprescindibile superare la contrapposizione tra soriani e anti-soriani, che ha sancito una sostanziale inagibilità democratica.
Anche a Sardara il PD dovrà dimostrare un grande senso di responsabilità comune ripartendo dal rispetto e dalla legittimazione reciproca, fondamentali per lasciarsi alle spalle i problemi del passato e per ricreare un clima di fiducia e di serenità. Solo con un Partito Democratico forte e credibile, che costituisca il baricentro di un progetto aperto alle forze politiche che ne condivideranno il percorso e attraverso un’opposizione in Consiglio Comunale unita e coesa, si potranno creare veramente i presupposti per un futuro che ci riporti a competere per la guida Paese.
Ci aspetta un cammino non facile ma nel contempo stimolante, in cui ognuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo fattivo volto al raggiungimento di un obiettivo comune.
Andrea Caddeo

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LA MINIERA DI MONREALE TRA ‘700 e ‘800.


Il discorso sulla miniera di Monreale può forse prendere giustificatamene le mosse da molto lontano.


Sappiamo che, nell’intento di avviare uno sfruttamento governativo delle miniere in Sardegna, vennero fatti per ordine del governo piemontese, fin dal 1762, sopralluoghi e assaggi nelle varie località che erano state precedentemente saggiate da mineralogisti svedesi e inglesi, oltre che in altre località nuove. L’esperto di tale operazione fu l’ing. Belley del Dipartimento delle Miniere del Regno, il quale nei suoi itinerari toccò anche Sardara da dove scrisse una sua lettera il 3.6.1767. ( Cifr. L. Bulferetti in studi in on. Di Fr. Loddo-Canepa I – pag. 84 Ed. Sansoni Firenze 1959).
Possiamo presumere che all’attenzione del Belley non saranno sfuggiti i giacimenti di piombo argentifero del Monreale; come non sfuggì al Della Marmora “a basso del castello verso SE un gran filone di ferro ossidulato accompagnato da schisti macliferi…”(Cifr. Itinerario pag. 264).
Però, solo nel 1848, quando furono estese alla Sardegna le leggi minerarie largite in Piemonte otto anni prima, con il ricorso alla iniziativa privata, ebbe inizio la grande concessione nei comuni di Guspini e di Arbus alla società Montevecchio che fu la prima rispetto a quelle di Monteponi (1850), Rosas (1851), Bacu Abis (1853), Perda Niedda (1854), (Cifr. Sardegna Ed. IEI Milano 1963 vol. II pag 320) .
Fu in quell’epoca che furono iniziati dalla Montevecchio dei lavori di assaggio e di ricerca anche nel versante settentrionale del Monreale. Ciò affermiamo per la testimonianza di una tradizione locale più che per la conoscenza di una documentazione appropriata, alla quale noi non abbiamo potuto accedere ma che certamente esiste nell’archivio comunale di Sardara e in quello della Società Montevecchio.
E’ dimostrato che nel 1885 si lavorava attivamente alla cosiddetta miniera , perché il 27 luglio muore in Sardara “ Luigi Ravello del fu Francesco, nativo della città di Genova, che trovavasi qua in Sardegna lavorante nelle recenti miniere di questo villaggio, in età di 37 anni, e che venne sepolto in terno gratis nel cimitero parrocchiale, precedente una messa solenne corpore presenti parimenti gratis”. (Cifr. Arch. Parr. di Sardara ).
E che i lavori fossero gestiti dalla Società Montevecchio è chiaro dal fatto che di altro giovane, Giuseppe Secchia piemontese, deceduto l’11 dicembre di quello stesso anno e pure “tumulato gratis e pro Deo a solenne pompa”, i documenti personali furono rilasciati al comune di Sardara dalla Direazione della miniera di Montevecchio.
Ovviamente i lavori di ricerca dovettero durare parecchi anni. Almeno fino al 1886, quando altro operaio, presumibilmente della miniera, Piccinini Giovanni, di 29 anni, ed altro, Tivizzani Luigi di 24 anni, muoiono rispettivamente il 21 ottobre e il 19 novembre, forse stroncati dalla malaria.
La nostra argomentazione potrà apparire – e lo è difatti – carente: ma avrà almeno il pregio di rammentare quei quattro giovani morti che, gia anche allora, suscitarono la commozione generale fino a disporre per loro onoranze funebri solenni e gratuite, come espressione di sincera ospitalità, di solidarietà tra poveri, di unanime rispetto dell’operaio.
Certamente i lavori di assaggio – e forse di iniziale estrazione della blenda piombo-platifera – già vistosi e promettenti dovettero essere chiusi prima del 1898, perché il Vacca- Oddone nel lungo elenco di 104 miniere in esercizio a quell’epoca, riportato nel suo Itinerario Ufficiale dell’Isola di Sardegna , non nomina affatto la miniera di Sardara.
La voce comune dice che , imbattutesi, durante i lavori di approfondimento di una galleria, in una sorgente di acqua, impossibile a dominare con i migliori mezzi meccanici, le ricerche siano state sospese, ed abbandonate le strutture già fiduciosamente realizzate. Oggi nulla più esiste di esse: e solo esiste un pozzo effettivamente formidabile per una vena d’acqua sotterranea che lo tiene pericoloso nella zona. Qualcuno dice che una galleria che lo raggiungesse di fianco sulla parete del monte, basterebbe pere determinare una caduta d’acqua che arricchirebbe di un perenne ruscello tutta la pendice della “struvina”.
Mons. Abramo Atzori. 1980 Santa Maria delle Acque e il suo santuario di Sardara.

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mercoledì 7 ottobre 2009

“Le acque neapolitane nel quadro del termalismo romano in Sardegna”


Iniziativa dell’Associazione CostruireFuturo in collaborazione con il Circolo Arci per parlare di terme romane in compagnia del prof. Raimondo Zucca.


L’interesse per la nostra storia e le nostre origini continua a spingerci verso l’organizzazione di iniziative che ci aiutino a riscoprire i momenti più importanti che il nostro territorio ha vissuto.
Dopo il buon successo dell’iniziativa del mese di maggio, dove il prof. Ugas ha parlato del nostro territorio in epoca nuragica, ora ci sposteremo verso il periodo romano.
Il prof. Raimondo Zucca, noto storico dell’antichità, docente all’Università di Sassari, sarà relatore di un’iniziativa dal titolo “Le acque neapolitane nel quadro del termalismo romano in Sardegna”.
Sarà dunque il complesso delle terme romane di Santa Mariaquas, le “Aquae Neapolitanae”, al centro del dibattito aperto proprio da uno dei massimi esperti sul periodo romano in Sardegna.
L’incontro si svolgerà venerdi 23 ottobre alle ore 18, presso il Centro di Aggregazione sociale di via Oristano.
L’intento dell’associazione CostruireFuturo è quello di aprire un ciclo di conferenze su temi storici e sociali, che abbiano al centro il territorio sardarese nei diversi periodi della storia, da svolgersi nei prossimi.
Sarà presto messa in cantiere un’altra iniziativa sul periodo medievale e moderno.

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lunedì 5 ottobre 2009

Il 6 ottobre tutti in piazza per dire no alla cementificazione delle coste


E’ dei giorni scorsi l'approvazione del secondo articolo del cosiddetto "Piano Casa" con cui il Consiglio Regionale ha consentito, per la prima volta dopo 30 anni, aumenti di cubature anche nella fascia di rispetto assoluto dei 300 metri dal mare.


La Sardegna è l’unica tra le Regioni ad avere inserito nel disegno di legge detto “Piano casa” norme relative – e peggiorative – al Piano Paesaggistico vigente. Il rischio è palese e i sardi devono essere informati che attraverso un dispositivo di legge in teoria volto a rendere possibili e più semplici piccoli ampliamenti edilizi, si vuole far passare, grazie a ‘maglie larghe’ e deroghe, una vera e propria modifica di fatto delle norme in vigore di tutela del paesaggio. Con la discussione in Consiglio si sta purtroppo riconfermando lo stesso impianto del disegno di legge che premia con volumetria aggiuntiva anche gli interventi nelle zone di maggior pregio paesaggistico, persino nella fascia dei 300 metri e nei centri storici, nonché la concessione dell’abitabilità ai sottotetti e ai seminterrati ( che subiscono danni ad ogni nubifragio). Le associazioni Legambiente Sardegna, Italia Nostra e WWF, in attesa del richiesto confronto col Presidente Cappellacci, hanno subito avviato una serie di incontri con i gruppi in consiglio regionale per ribadire con forza la necessità di modificare il disegno di legge secondo le richieste già avanzate in commissione urbanistica, che riguardano la riaffermazione, senza deroghe, dei principi fondamentali del Piano Paesaggistico e la rigorosa salvaguardia della fascia dei 300 metri e dei centri storici, nonché la esclusione di eventuali “accordi di programma” che possano riaprire le coste alle colate di cemento. Poiché dagli incontri non sembra emergere alcuna volontà in tal senso, aumenta la preoccupazione e diventa necessaria una mobilitazione immediata. Per questo è necessario scendere in piazza, per chiedere l'annullamento di questo provvedimento scandaloso, che getta indiscriminatamente una colata di cemento sulle nostre coste. Il Partito Democratico, Legambiente Sardegna, Italia Nostra e WWF invitano quindi tutti i cittadini e le associazioni a partecipare all’assemblea partecipativa che si terrà martedi 6 ottobre alle ore 18 davanti al Consiglio Regionale di via Roma, per chiedere al Consiglio una svolta correttiva nel segno della salvaguardia.
Il nostro ambiente è il bene più prezioso che abbiamo, non possiamo gettarlo via per accontentare gli interessi particolari di pochi speculatori che guidano le scelte di una Giunta debole e sconsiderata.

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SUD, TI CHIEDO UNO SCATTO


Il maggiore dei nostri doveri, oggi, e con ancora maggiore forza, è l’affrontare la “questione meridionale” come “questione italiana”.


Le celebrazioni del 150° dell’Unità debbono assumere come impegno centrale quello di promuovere una rinnovata consapevolezza di quel dovere, oscuratasi da troppi anni per effetto dello spegnersi del dibattito culturale e politico meridionalista e dell’esaurirsi di una strategia nazionale per il Mezzogiorno. Ma anche per effetto – non possiamo sottacerlo – del diffondersi nell’opinione pubblica settentrionale dell’illusione di sviluppo autosufficiente, destinato a dispiegarsi pienamente una volta liberatosi dal peso frenante del Mezzogiorno.
L’Italia ha bisogno di nuova e più forte coscienza unitaria; l’unità conquistata un secolo e mezzo fa si consolida affrontando con nuovo slancio la sfida dell’incompiutezza della nostra unificazione.
Le novità del federalismo fiscale, per conquistare maggiori consensi che le mancano e superare le preoccupazioni o diffidenze che la circondano, deve saldarsi con una chiara non formale riaffermazione del patto nazionale unitario.
In conclusione, le celebrazioni del 150° dell’Unità italiana dovrebbero favorire il diffondersi di un clima nuovo, al Nord e al Sud. Da un lato con l’abbandono di pregiudizi e luoghi comuni attorno al Mezzogiorno e ai meridionali, di atteggiamenti spregiativi che ignorano quel che il Mezzogiorno ha dato all’Italia in vari periodi storici, e in particolare la ricchezza degli apporti della sua intellettualità, delle sue elite culturali, da De Sanctis a Croce, essenziali nel concorrere all’unificazione del Paese. Vecchi e nuovi atteggiamenti spregiativi e sommari impediscono di cogliere e trattengono dal riconoscere energie vitali, eccellenze, fattori di dinamismo che il Mezzogiorno presenta e su cui occorre far leva.
Dall’altro lato serve una seria riflessione critica della società meridionale – delle forze che la rappresentano, che la guidano o che in essa comunque si muovono - una seria riflessione critica su se stessa, voglio dire. Il bilancio delle istituzioni regionali nel Mezzogiorno non è uniforme, comprende esperienze positive – come quella della Basilicata – ma nell’insieme è tale da farci dubitare che le forze dirigenti meridionali abbiano retto alla prova dell’autogoverno.E pur riservandoci e sollecitando un approfondimento obiettivo delle ragioni di un bilancio a dir poco insoddisfacente, non possiamo – lasciate che lo dica in questo momento da meridionale e da convinto meridionalista – non possiamo permetterci alcuna autoindulgenza.
Non possiamo nascondere inefficienze e distorsioni dietro la denuncia di responsabilità altrui, e soprattutto dietro la responsabilità dello stato e dei governi che lo hanno retto. La critica di indirizzi e di comportamenti, di omissioni e di penalizzazioni, di cui il Mezzogiorno ha sofferto è legittima e anzi doverosa , purchè seria e fondata, ma non può coprire le responsabilità di quanti si sono nel corso di lunghi anni avvicendati nel rappresentare e guidare le Regioni meridionali e le istituzioni locali, o hanno comunque espresso le forze della società civile.
E’ giusto che da parte del Mezzogiorno si rivendichi il meglio del proprio passato storico e del proprio presente, e che innanzitutto ci si riappropri, con uno sforzo intellettuale e morale del tutto carente negli ultimi tempi, dell’eredità della cultura scientifica ed umanistica meridionale , di un patrimonio luminoso di pensiero e di creatività che (basta riandare al XVIII secolo) ha lasciato segni duraturi nel farsi dell’Italia e dell’Europa.
Ma essenziale sarà soprattutto uno scatto di volontà, di senso morale e di consapevolezza civile da cui emergano nel Mezzogiorno nuove forze idonee a meglio affrontare la prova dell’autogoverno e della partecipazione al governo del Paese.
C’è materia, credo, per un esame di coscienza che unisca gli italiani nel celebrare il momento fondativo del loro stato nazionale.
Giorgio Napoletano. Presidente della Repubblica.
Estratto dal discorso tenuto a Rionero in Vulture il 3 ottobre.

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Il Congresso del Partito Democratico a Sardara, i risultati

Il 30 settembre si sono conclusi i congressi nei circoli locali per stabilire chi, tra i candidati in lizza per la segretaria nazionale e regionale, andrà alle primarie del 25 ottobre dove iscritti, elettori e simpatizzanti del Partito Democratico voteranno per eleggere il Segretario nazionale e i Segretari regionali.

Con 1144 votanti, pari al 60,85% degli aventi diritto, la provincia del Medio Campidano si piazza al primo posto tra le province italiane per afflusso alle urne. A Sardara il congresso si è tenuto il 25 settembre scorso presso il centro di aggregazione sociale di via Oristano. Come da regolamento, il congresso è stato avviato con la presentazione delle quattro mozioni da parte dei rappresentanti incaricati: Giuseppe Cuccu per la mozione Bersani-Lai, Giambattista Orrù per la Bersani-Diana, Mauro Lilliu per la Marino. A causa dell’assenza del rappresentante della mozione Franceschini-Barracciu, di questa è stata letta solo un breve stralcio. I risultati registrati su Sardara hanno evidenziato una larga maggioranza esprimersi a favore di Pierluigi Bersani, a cui sono andati 74 voti (85,06%), mentre a Dario Franceschini 9 (10,34%) e a Ignazio Marino 4 (4,60%). Per la segreteria regionale, a Giampaolo Diana sono andati 41 voti (47,67%), a Silvio Lai 32 (37,21%),a Francesca Barracciu 10 (11,63%) e a Carlo Balloi 3 (3,49%). Con 87 voti validi su 120 aventi diritto, Sardara ha registrato una percentuale di affluenza alle urne pari al 72,92%, tra le più elevate di tutta la provincia. Notevole quindi la partecipazione ai lavori di tesserati e cittadini: all’apertura della sessione la sala appariva già gremita di partecipanti i quali, oltre ad assistere con interesse alla presentazione delle varie mozioni, hanno arricchito il dibattito successivo con numerosi interventi dai quali è più volte emersa la necessità e la volontà di contribuire alla costruzione di un Partito Democratico solido e radicato sul territorio, libero da lotte intestine e compatto per fare fronte a nuove e future sfide di governo, certamente a livello nazionale ma soprattutto a livello locale. La sentita partecipazione al congresso da parte dei sardaresi conferma che, nonostante le vicissitudini e le difficoltà di un Partito ancora in rodaggio, iscritti e cittadini si sentano ora più che mai responsabili dell’assetto politico che si andrà a comporre con l’elezioni dei Segretari e, soprattutto, smanioso di condividere e partecipare alle decisioni che il Partito prenderà per definire un nuovo programma e far fronte alle sfide che il contesto politico attuale offre.

Roberta Atzori

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sabato 3 ottobre 2009

PAROLE VAGANTI


Lo studio psicopedagogico di Maddalena Manunza e di Luisanna Berri organizza un interessante itinerario di lettura. Martedì 6 ottobre presso la scuola elementare di via Manzoni Alfio Serri leggerà una scelta di sue poesie. Martedì 13 presso il Pozzo sacro di Sant’Anastasia toccherà a Betty Vaccaio e Valentina Musa. Martedì 20 presso il Centro per anziani presiedono Maddalena Manunza e Luisanna Berri. Infine il 27 presso Piazza Emilio Lussu leggerà M. Vittoria Onnis. Tutte le iniziative sono alle ore 16.


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LA PROVINCIA RIFA’ LA STRADA TERME- PABILLONIS


La strada S.M. Acquas – Pabillonis verrà risistemata. Lo ha deciso l’Amministrazione provinciale del Medio Campidano, che ha stanziato 1.200.000 euro, ha già dato l’incarico di progettazione ai professionisti, che hanno già avviato la loro attività.


E’ prevista una ristrutturazione complessiva della strada, lunga undici chilometri, con l’allargamento della carreggiata, la costruzione delle banchine laterali ed il rifacimento del mantello stradale e della segnaletica, oggi molto carenti o addirittura inesistenti. Soprattutto verrà allargato il ponte sul rio Arriana, più stretto della carreggiata stradale e per questo molto pericoloso, tant’è che qualche anno fa è stato la causa di un incidente stradale che costò la vita ad una ragazza di Sardara.
La strada diventerà più sicura e scorrevole e collegherà più velocemente Sardara e Pabillonis. Soprattutto realizzerà la vecchia idea di contribuire a qualificare meglio la stazione termale di S. Maria Acquas con il suo collegamento più rapido con il mare, in modo da consentire il trasporto più facile degli ospiti della stazione termale alle coste dell’arburese. In questa prospettiva occorre già mettersi al lavoro per ricercare i finanziamenti necessari per completare la modernizzazione dell’ulteriore collegamento con Sant’Antonio di Santadi.
Si tratta di un successo per il nostro paese grazie all’attenzione dimostrata dalla nuova Provincia del Medio Campidano .Nel passato questa strada era rimasta nel dimenticatoio perché all’estrema periferia della vecchia Provincia di Cagliari.
Occorre ora vigilare perché i lavori siano avviati e realizzati in tempi rapidi in modo che siano utilizzabili dai sardaresi e da chi viene da noi per le cure termali e per turismo.

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MINIERE DI PITZU LACANA E DI TERRA DE CRESIA


La miniera di Pitzu Lacana.
Ubicata a breve distanza dal complesso termale di Santa Maria Acquas, a nord del colle di Monreale, questa antica miniera era in attività nel 1920 per la coltivazione di minerali di piombo e di zinco.


In questa mineralizzazione filoniana era presente anche fluorite ma solo come ganga.
Delle antiche strutture minerarie rimangono in piedi solo alcuni ruderi attribuibili alla laveria, agli uffici a alla direzione della miniera, oltrechè qualche imbocco di galleria ed il pozzo, ora utilizzato come riserva d’acqua.
L’intero sito è ormai proprietà di un privato. Onde per cui non è consigliabile avventurarsi senza permesso.
La miniera di Terra de Cresia.
Il permesso di ricerca per questa area mineraria risale al 1950, e fu accordato al sig. Eugenio Vacca, per la ricerca di fluorite. In quell’anno con l’ausilio di 2 operai coltivò in trincea un filone affiorante e produsse 85 tonnellate di fluorina. Furono effettuati anche un pozzetto profondo 13 metri e svariati scavi in trincea.
Nel 1954 la Società Monreale , proprietaria della limitrofa miniera di Monreale, in corrispondenza di due filoni di fluorite eseguì degli scavi in trincea. Il filone orientale risultava potente 1,20 metri era costituito da barite, fluorite e silice, con tracce di malachite e azzurrite.
Nel 1956 la società Monreale proseguì lo scavo di una galleria in direzione di un filone fluoritico, nonostante la mineralizzazione iniziasse a presentarsi discontinua.
E’ facile accorgersi della presenza di questi scavi minerari, in quanto la nuova statale 131 vi passa a brevissima distanza, all’altezza del paese di Sardara.
Scanu Massimo: Ricostruzione storica delle miniere di Monreale e di perda Lai….Tesi di laurea. Estratto.

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venerdì 2 ottobre 2009

LE MINIERE DI MONREALE E DI PERDA LAI


Le due miniere di fluorite di Monreale e di Perda Lai sono situate in un piccolo sistema collinare che sorge isolato al centro della lunga pianura del Campidano, a metà strada tra Cagliari e Oristano, in territorio di Sardara.


Le colline sono un vero e proprio isolotto paleozoico (risalente a 600-500 milioni di anni fa) in mezzo ad un territorio di più recente formazione geologica. La maggior parte delle testimonianze dell’attività mineraria ancora rimaste sono concentrate nella sella che collega i due blocchi collinari.
La testimonianza più evidente della passata attività mineraria è certamente la torre metallica del pozzo principale della miniera di Monreale. Esistevano altri pozzi minori, di cui non è rimasta traccia. Adiacente alla torre c’era la sala argani e pompe dell’aria compressa. Di questi due impianti rimangono alcune testimonianze.
Nella miniera di Monreale sono ancora presenti i ruderi di una serie di edifici di servizio necessari all’amministrazione della stessa: la Direzione, le officine, le infermerie, ecc.... Poste al margine della Fossa del Campidano le mineralizzazioni albergano in una zona collinosa che costituisce un vero e proprio rilievo paleozoico ricoperto e circondato da terreni paleogenici (terziari) e dai più recenti miocenico - quaternari. Le mineralizzazioni fluoritiche di Sardara si fanno risalire al magmatismo ercinico del tardo Paleozoico.
Per i suoi caratteri strutturali e paragenetici si attribuisce alla mineralizzazione, in filoni di frattura, una genesi per riempimento in fase idrotermale.
Per ciò che riguarda l’isolotto paleozoico la spiegazione del suo emergere isolato sta nel fatto che esso è un ammasso durissimo per subiti processi di inquarzamento e di silicizzazione.
Incassate negli scisti siluriani si notano, nei rilievi e nel sottosuolo di Monreale – Perda Lai le mineralizzazioni filoniane di tipo idrotermale fluoritico-baritiche interessate dalle coltivazioni minerarie.
La direzione dei filoni fluoritici, per quanto appartengono quasi tutti al sistema N-S, non è costante.
I minerali che accompagnano la fluorite in tutti i filoni sono il quarzo e la barite , più o meno con continuità ed abbondanza.
La Soc. Monreale viene costituita nel 1949 per la ricerca e la coltivazione del giacimento filoniano.
Nel 1953 i lavori eseguiti dalla società interessano i filoni Speranza e Maria, i quali sono serviti dai pozzi Giulia e Peddis che raggiunsero il livello 103 metri slm. Nel 1954 il Pozzo Giulia viene approfondito fino a quota 73 metri sul slm.
Vengono realizzati due impianti di trattamento del grezzo. Uno gravimetrico con 17 crivelli a stantuffo da 180 ton/giorno produce fluorite di grado acido al 98%.
L’impianto di preconcentrazione del minerale relativo al pozzo nuovo utilizzava 3 tramogge in muratura posizionate a Nord del pozzo da cui si alimentavano i vagoni. Tali vagoni portavano il minerale nella laveria per essere trattato. Con l’inserimento delle celle di flottazione nei primi anni ’70, la lavanderia e le tramogge furono abbandonate. Della struttura originaria rimangono solo i muri perimetrali.
Nel 1959 l’impianto di flottazione viene trasferito ad Assemini ( baricentrico rispetto a Sardara e Silius) ed entra in funzione un impianto di Sink & Float da 20 tonn/giorno che produce fluorite di grado acido e metallurgico.
Dei macchinari che costituivano l’impianto di Sink & Float (quali ad esempio crivelli, vagli, ecc.) non rimangono che i basamenti; essi sono stati portati via o distrutti dai vandali.
Nei cantieri sotterranei dei filoni Maria e Maria Laura giunti a quota 71 metri slm il trasporto tra fornelli di getto ed il pozzo viene effettuato con i carrelli pieni spinti a mano, mentre per il percorso contrario si usano ancora gli asini. Nel 1968 la concessione passa alla Mineraria Silius.
Alla fine degli anni ’70 la miniera di Monreale fu oggetto di lavori, che miravano ad approfondire il Pozzo Nuovo per continuare la coltivazione del minerale; purtroppo la cessazione dei finanziamenti decretò l’abbandono della miniera con gran parte degli impianti.
Oltre alla concessione di Monreale le coltivazioni dei filoni già conosciuti proseguono verso sud con la miniera di Perda Lai.
Nel 1956 la concessione è affidata alla Soc. Perda Lai che utilizza in sotterraneo un metodo di coltivazione per gradino rovescio con ripiena.
Nel 1957 la concessione passa alla Soc. Mineraria Silius che utilizza nei cantieri esterni una preliminare cernita a mano che mira a separare i grossi blocchi di fluorite dallo sterile. Il tenore di detta fluorite di 1° qualità risulta pari al 98% . Il restante minerale passa prima attraverso 4 griglie da 25” a 4” che danno 4 classi di “tout venant”, arricchite a mezzo di 4 crivelli inglesi, producendo una fluorite di 2° qualità con tenore pari al 98 %.
Il sotterraneo Filone Fiorella risulta coltivato in 3 livelli rispettivamente a quote 144, 114, e 85 sul livello del mare.
Il Filone Maria Laura che in sotterraneo si divide in due filoni viene coltivato al 1° livello ed al 2° livello.
Nel 1968 con la Montecatini Edison viene ampliata la miniera da 42 a 62 ettari.
Si approfondisce il Pozzo Fiorella fino a quota 75 su livello del mare, mentre il filone Lionello viene coltivato nel 1° livello a quota 115 nel 2° a quota /5 m. slm.
Nel 1971 si ha la rinuncia alla concessione.
Scanu Massimo.
Ricostruzione storica delle miniere di Monreale e Perda Lai…Tesi di laurea. Estratto.

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