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martedì 30 novembre 2010

"Termalismo e opportunità di sviluppo"

Pubblichiamo la relazione del Prof. Paolo Rizzi, docente di economia applicata presso l'Università Cattolica del sacro Cuore di Piacenza, presentata nell'ambito del convegno "Termalismo e opportunità di sviluppo", che si è tenuto a Sardara il 27 novembre scorso. Nel corso del suo intervento Prof. Rizzi ha illustrato i principali strumenti e metodologie per lo sviluppo locale e evidenziato un possibile percorso che Sardara potrebbe seguire nell'ottica di una strategia improntata allo sviluppo termale. http://www.novasdisardara.it/sardara27nov2010lungo.pdf

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Valanga di studiosi a Sardara

Esattamente un mese fa, il 30 di ottobre, una ventina di professori universitari, studiosi affermati nelle più svariate discipline, si sono ritrovati a Sardara. Una calata in forze di super-esperti: archeologi, mineralogisti, specialisti in scienze della terra, geologi, vulcanologi, esperti nei movimenti delle masse marine, tsunami compresi. Una “zingarata”, l’ha definita il giornalista e scrittore Sergio Frau organizzatore dell’evento. Appuntamento alle 10 presso il museo archeologico Villa Abbas molto ammirato ed apprezzato dagli studiosi. Si parte subito per un’escursione nel territorio per visitare alcuni siti: Nurateddu, Arbici, Santa Mariaquas. La teoria di Frau è nota: la civiltà nuragica è collassata oltre 3000 anni fa, probabilmente per un evento catastrofico che sconvolse gran parte della Sardegna sommergendo la pianura del Campidano da Cagliari ad Oristano e le zone immediatamente adiacenti della Marmilla. I nuraghi di Barumini e di Villanovaforru, prima degli scavi, erano completamente ricoperti di terra come quasi tutti i nuraghi della pianura del Campidano fino al Sinis. Nuraghe Losa, Santu Antine e tutti quelli delle zone alte, svettano ancora oggi in tutta la loro maestosità senza che ci sia stato il bisogno di liberarli dalla loro bara di terra. Come mai ? - Sardara - Frau non azzarda nulla, fa solamente notare ai presenti che Nurateddu e Arbici, come del resto Ortu Comidu e Barumeli sono ricoperti di terra; il nuraghe all’interno dello stabilimento termale, ma anche quelli di Santu Domini, Arrubiu e Jana sono invece liberi. Come mai ? Perché ? Questa è la domanda che si pone Frau e che gira agli esperti. Le risposte incominciano ad arrivare il lunedì successivo a Palazzo Boil di Milis, sede della mostra “Preguntas” dove Frau e suoi collaboratori hanno ordinato e messo a disposizione del pubblico tutto il materiale fotografico e scientifico raccolto nel corso degli anni (la mostra resterà aperta fino al 1° aprile 2011). Gli studiosi della “zingarata” negli interventi che si sono susseguiti durante la mattinata dell’inaugurazione della mostra, a priori non affermano nè escludono nulla, tutti si trovano d’accordo nell’affermare che occorrono indagini di natura squisitamente scientifica. Mario Tozzi (geologo del C.N.R. e giornalista Rai) che aveva visitato altre volte il nuraghe di Arbici, annuncia che saranno effettuati dei carotaggi tesi alla ricerca della presenza o meno della tsunamite che si forma dopo il passaggio di uno tsunami. Anche la professoressa Lucia Simone, geologa-sedimentologa, ravvisa la necessità dello studio di campioni di terreno per vederne la composizione in modo da accertare eventuali presenze di componenti che possono essere d’aiuto per mandare avanti la ricerca non su supposizioni ma su dati di fatto. Prof. Dario Seglie direttore del Museo Civico di Archeologia e Antropologia di Pinerolo, ci invidia la grandiosità dei monumenti che testimoniano l’alto grado raggiunto dalla civiltà nuragica. Ma ci esorta a curare con maggiore attenzione le nostre bellezze: “Un elettrodotto non può fare da sfondo al nuraghe di Santu Antine”. Molto atteso e seguito l’intervento del prof. Stefano Tinti geofisico e uno dei maggiori esperti europei in maremoti. Dopo aver preso in esame tutte le cause che possono generare uno tsunami afferma che l’onda, per gigantesca che sia, non può attraversare tutto il Campidano perché dopo circa due minuti fa il viaggio inverso e torna verso il mare in cui si è originata. In un solo caso può verificarsi l’apocalisse d’acqua supposta: occorre una spinta diretta generata per esempio dalla caduta in mare di un meteorite. Non si può escludere nulla. Un punto fermo possono darlo solo le indagini, conclude. E’ questo il leitmotiv di tutti gli altri interventi: indagini, indagini, indagini. Probabilmente è questo che Frau voleva sentirsi dire. Attilio Dedoni presidente
della Commissione Cultura della Regione Sarda assicura il suo interessamento e la fattiva collaborazione per la buona riuscita di tutta l’operazione. I risultati verranno comunicati al pubblico il 1° aprile 2011 giorno di chiusura della mostra “Preguntas” nella cittadina di Milis.
Luigi Melis
Elenco degli ospiti invitati a Sardara da Sergio Frau:Angela Bizzarro (architetto) – Claudio Giardino (archeologo metallurgico) – Stefano Tinti (geofisico esperto maremoti) – Reynaldo Hargvinteguy (funzionario Unesco per coordinamento e comunicazione settore cultura) – Mariano Puxeddu (geologo-petrologo) – Giovanni Manca (editore “Condaghes) – Mario Tozzi (ricercatore CNR e giornalista Rai) – Pietro Reali (architetto-Casa Zapata Barumini) – Pauline Reali (architetto) – Andreas Steiner (direttore rivista mensile “Archeo”) – Gabriele Carannante (geologo-sedimentologo) – Lucia Simone (geologa-sedimentologa) – Nicola Porcu (ispettore onorario archeologia subacquea) – Maurizio Menicucci (giornalista Rai 3 ) – Massimo Faraglia ( resp. Centro documentazione “Repubblica” – Francesco Lai (geologo) – Dario Seglie (direttore Museo Civico di Archeologia e Antropologia di Pinerolo) – Fabio Milito Pagliara (ing. creatore del blog oricalco sul libro di Sergio Frau).

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mercoledì 24 novembre 2010

SHARDANA

Chi erano i nuragici e chi erano i popoli del mare?
Quando hanno operato?
Quale ruolo avevano i popoli del mare e in particolare gli Shardana?
Da dove venivano e dove si espansero?
Perché a un certo punto fecero la loro comparsa sulla scena del mediterraneo?
Chi erano i popoli del mare, chi erano gli Shardana, da dove venivano e perché possiamo identificare Shardana e Nuragici?
- Primo: I due popoli hanno operato nello stesso tempo. Gli Shardana appaiono in Egitto a partire dalla metà del XIV sec. a.C. e operano fino al XII-XI sec. a.C. circa tre secoli. Questo periodo coincide con l’apogeo della civiltà dei Sardi Nuragici.
-Secondo: Confrontando la descrizione che gli Egiziani davano degli Shardana con le descrizioni che abbiamo dei Sardi Nuragici. Usano diverse armi, mostrano un’avanzata tecnica di guerra e avvezzi alla battaglia. L’equipaggiamento dei guerrieri Shardana è molto particolare e caratterizzante: Usano spade lunghe, lance, pugnali e lo scudo tondo. Usano un gonnellino corto, una corazza e un elmo con corna. Se osserviamo i bronzetti e le armi dei Sardi Nuragici troviamo una straordinaria corrispondenza fra le descrizioni degli Egiziani e l’iconografia dei bronzetti e i ritrovamenti archeologici. Da un punto di vista figurativo e persino somatico le rappresentazioni degli Egizi richiamano i Sardi Nuragici. Elemento molto importante è lo scudo tondo che è tipico dell’armatura dei guerrieri Sardi.
-Terzo: Da dove venivano questi Shardana ? Per gli Egizi essi sono uno dei popoli del mare “Il popolo delle isole che stanno in mezzo al grande verde” e cioè il mediterraneo occidentale.
- Quarto: Quali erano le due caratteristiche distintive degli Shardana per gli Egiziani? Erano abili navigatori e temibili guerrieri. Guardie personali del faraone, mercenari al servizio dell’Egitto, corpo scelto a difesa delle fortezze o durante gli assedi. Le numerose navicelle votive, i bronzetti e le armi ritrovate ci danno esattamente l’immagine di un popolo di navigatori e guerrieri: Gli Shardana!
Domanda: Fuori dalla Sardegna qual è il popolo che dal punto di vista archeologico risponde alle caratteristiche che gli Egiziani attribuiscono agli Shardana? Cioè con quale popolo conosciuto dalla storia e dall’archeologia possiamo confrontare con la descrizione degli Shardana fatta dagli Egizi? Stando agli attuali dati scientifici finora in nostro possesso, non ci sono dubbi: Gli Shardana erano i Sardi Nuragici.
Tratto da un’intervista al Dott. Giovanni Ugas , docente di archeologia dell’Università di Cagliari.
Livio Melis

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martedì 23 novembre 2010

Sardara si da al campeggio?

Leggiamo con sorpresa l’intervista al Sindaco di Sardara su “Il Provinciale” del 15 novembre 2010, in cui il primo cittadino dichiara di voler realizzare un’area di sosta per camper nell’area in cui, secondo le sue parole, “forse è apparsa la Madonna” (forse?). L’area da destinare a tale attività pare sia quella del boschetto di eucalipti a fianco della Chiesa di Santa Maria Is Acquas.
Una simile notizia non può che destare quantomeno stupore. Tate novità, infatti, rappresenta un radicale cambiamento nella strategia di lungo periodo del paese sul tema del turismo.
Certo, il Sindaco, prima di prendere questa scelta avrà sicuramente pensato alle ricadute economiche, in termini di indotto, che un simile turismo può portare al paese.
Ma quali sono le caratteristiche di chi viaggia in camper? Solitamente si tratta di persone che rimangono in un area di sosta per un periodo limitato di tempo, hanno un reddito medio basso e generalmente non usufruiscono di servizi a valore aggiunto quali ristoranti e bar poiché si portano la spesa e tutto il necessario da casa all’interno del loro camper, ne sono inclini a visitare musei o luoghi di cultura.
Può davvero un simile turismo portare qualche beneficio al paese? Ma, soprattutto, questo turismo è compatibile con il turismo di medio-alto livello a cui fino ad oggi ha puntato Sardara con le sue strutture alberghiere e termali? Per di più, dove è la coerenza con l’altra iniziativa che il Sindaco sostiene, pur in difetto di legge, di cedere forse l’unica vera risorsa preziosa del paese, ovvero l’acqua termale, ad un costruttore edile, senza alcuna competenza nel settore termale, per la costruzione (forse) di un nuovo albergo?
In realtà, sarebbe bene che un amministratore, prima di comunicare decisioni così radicali, che potrebbero cambiare l’immagine e l’economia del paese, coinvolgesse l’intera comunità, spiegandone i motivi sottostanti tali decisioni.
Fino ad ora, infatti, si è puntato su un turismo di qualità, ricco, composto da persone che vengono a Sardara per passare qualche giorno presso i centri termali, solitamente con una predisposizione anche per la cultura e che, probabilmente, nel pomeriggio, dopo una rilassante cura termale, visitano il nostro centro storico, il museo, e mangiano nei nostri ristoranti. Questo turismo è stato capace di generare valore per l’intera comunità, creando un indotto e distinguendo il nostro paese dai centri vicini per una superiore capacità di accoglienza.
Siamo poi sicuri che, con una nuova area di sosta per camper, i turisti che già riempiono le strutture continueranno a venire? Come reagirebbero davanti ad un parcheggio di camper nei luoghi dove ora escono a passeggiare? Non si rischia, invece, di creare un ambiente poco ospitale attraverso la cementificazione necessaria a predisporre le aree di sosta, le strutture per i servizi igienici e la guardiania? Per non parlare poi dei problemi che nascerebbero dalla raccolta dei rifiuti lasciati dai camperisti.
Perché, invece, non recuperare quegli spazi per creare aree di aggregazione sia per i turisti ma anche per i cittadini del paese, valorizzando anche la zona del castello e promuovendo percorsi e itinerari turistici capaci di generare valore per l’intero paese?
Forse, ad essere positivi, questa dichiarazione è solo l’ultima testimonianza della mancanza di una capacità di programmazione politica dell’attuale amministrazione di centro-destra, che ha portato alla chiusura dell’albergo termale comunale, fonte di ricchezza non solo per le casse del comune, ma anche per l’intera comunità, oltre che per le persone direttamente impiegate nella struttura. Forse, e a pensar male, nell’assoluta mancanza di idee e di capacità di guida, l’amministrazione si lascia influenzare dagli interessi di singoli imprenditori dalle dubbie capacità, che mirano esclusivamente al proprio tornaconto immediato più che guardare agli interessi, più importanti, dell’intera comunità. Certo questi dubbi non esisterebbero se gli amministratori coinvolgessero e informassero correttamente l’intera comunità circa i loro progetti, ma questo non sembra essere il caso. Speriamo solo che l’atteggiamento cambi prima che si faccia un altro grosso errore.

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Considerazioni sulle prossime elezioni comunali di Sardara del 2011

Tra pochi mesi si tornerà alle urne per il rinnovo del Consiglio comunale e l’elezione del Sindaco. Nel centrosinistra si parla già di coalizioni e di qualche nome da candidare alla carica di sindaco. Il Partito Democratico , che in questi anni ha contrastato in consiglio comunale e all’esterno, il disastroso modo di governare dell’Amministrazione di centro-destra, informando i cittadini e proponendo alternative, ha dimostrato di avere un ruolo sempre attivo nell’attività politica, mantenendo un dibattito aperto sui problemi del paese. Ha quindi la credibilità per assumere, all’interno dell'eventuale coalizione, la guida legittima per indicare i partiti e le linee guida per esprimere i nomi dei candidati da proporre nella lista che si dovrà presentare . In questi anni si è dibattuto spesso sulle considerazioni da fare per trovare i giusti o ragionevoli requisiti che dovranno avere i partiti della coalizione e i candidati. I requisiti che potranno incontrare il favore del paese e faciliteranno il compito delle delegazioni, a mio parere sono molto semplici: I partiti dovranno essere di centro-sinistra; non avere precedenti di governo con il centro destra in comune, provincia e regione; essere regolarmente costituiti con una segreteria e un segretario eletto democraticamente. Dovranno comunque condividere alcuni punti fondamentali per governare in armonia:
1- Ferma condanna dell’attività amministrativa della coalizione di centro destra uscente.
2- Ferma condanna degli articoli giornalistici su Sardara apparsi sul principale quotidiano sardo in questi ultimi quindici anni. .
3- Moralità, politiche sociali, cultura, economia e nuove politiche per il lavoro.
4- Indirizzare tutte le energie per lo sviluppo e il progresso del paese.
5- Partecipazione alle scelte democratiche coinvolgendo la popolazione nelle decisioni importanti per il futuro del paese.
Le proposte sui candidati dovranno avere caratteristiche di rinnovo, lasciando lo spazio ad una nuova generazione, scegliendo fra i giovani dei partiti e della società civile che: abbiano spiccata propensione e competenze che aiutino nell’esercizio dell’attività amministrativa e politica; attaccamento ai valori di solidarietà, alla storia e ai beni culturali e ambientali del paese. Naturalmente tutto dovrà essere improntato alla massima trasparenza e alle dovute precauzioni nella scelta , accertandosi, prima di fare nomi, che le persone abbiano effettivamente le caratteristiche concordate.
Livio Melis

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giovedì 18 novembre 2010

Dichiarazione di voto del gruppo consiliare “Partito Democratico per Sardara” in merito al punto 1 dell’ordine del giorno seduta del 12/11/2010

Pubblichiamo le dichiarazioni di voto del Partito Democratico per Sardara in merito alla mozione presentata al prot. n. 11744 del 03.11.2010. http://www.novasdisardara.it/dichiarazione_di_voto_concessione_mineraria.pdf

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Concessione mineraria "Piscina Quaddus"

Pubblichiamo la delibera di Giunta Comunale n. 194 del 15/11/2004 relativa alla concessione dell'acqua termale. http://www.novasdisardara.it/concessione_mineraria.pdf

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giovedì 11 novembre 2010

Mozione "Concessione mineraria acque termali"

Pubblichiamo il testo della mozione del gruppo consiliare PARTITO DEMOCRATICO per SARDARA sulla deliberazione di Giunta Comunale n. 178 del 18/10/2010 “Concessione mineraria acque termali – Indirizzi della Giunta”. http://www.novasdisardara.it/lettera-mozione-concessione-mineraria.pdf -http://www.novasdisardara.it/mozione_concessione_mineraria.pdf

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Il ruolo dei Comuni per combattere la disoccupazione

La disoccupazione, soprattutto quella giovanile, è una delle piaghe della nostra società.
Il sistema delle imprese sembra incapace di far fronte alle nuove sfide imposte dalla globalizzazione e spesso le aziende scelgono la via del trasferimento delle produzioni in altri Paesi dove il costo del lavoro è più basso (delocalizzazione), con la conseguente riduzione degli occupati nel nostro Paese. E a poco sembrano servire le politiche pubbliche per arginare il fenomeno, se non a tamponare temporaneamente il disagio dei disoccupati e delle loro famiglie con il ricorso sempre più massiccio agli ammortizzatori sociali, cioè la cassa integrazione guadagni, la mobilità, l’indennità di disoccupazione, ecc.
Per le imprese, si sa, il lavoro rappresenta un costoso ‘fattore della produzione’ e quasi sempre sono i lavoratori a pagare le crisi di mercato, ma anche gli errori gestionali e le scelte organizzative sbagliate.
Per i lavoratori, invece, il lavoro è necessario per garantire dignità e sicurezza sociale e quando non c’è, oltre ad essere motivo di degrado materiale e morale degli individui, è spesso causa di fenomeni di devianza, dalla microcriminalità alle tossicodipendenze.
Anche per questo lo Stato (nella sua accezione più ampia) non può restare indifferente, e con lo Stato le Regioni, le Province e i Comuni.
Ma cosa possono fare le istituzioni pubbliche, e in particolare i Comuni?
E’ necessario partire un po’ da lontano, cioè dalla cosiddetta ‘strategia di Lisbona 2000’, città nella quale si svolse in quell’anno il Consiglio Europeo.
Tra le tante altre cose (tutte orientate alla creazione di un’economia europea fondata sulla conoscenza e sulla lotta contro l’esclusione sociale),si stabilì che la nuova strategia europea per l’occupazione doveva avere una dimensione locale, in quanto le politiche dei governi nazionali avevano dimostrato chiaramente i propri limiti. Pertanto solo la vicinanza e il continuo contatto con tutti gli operatori economici locali avrebbe potuto focalizzare meglio i problemi e trovare le soluzioni più adeguate.
In linea con tali principi, la Regione Sarda si è dotata, con qualche ritardo, di una Legge, la n° 20 del 2005, (Governo Soru) la quale stabilisce che:
“La Regione riconosce il diritto del lavoro come diritto alla persona e promuove le condizioni per rendere effettivo tale diritto…”
“Le Province gestiscono i Centri dei Servizi per il Lavoro al fine di assicurare l’integrazione dei servizi secondo la programmazione regionale…”
“Partecipano al sistema dei servizi per il lavoro la Scuola, l’Università, gli Enti di Formazione, il Terzo Settore, gli organismi istituzionali, le Province e i Comuni…”.
I Comuni e le loro Associazioni (es. A.N.C.I.) contribuiscono alla individuazione di buone prassi per favorire l’occupazione (modellizzazione) tramite un raccordo stretto con le Province, per una serie di azioni comuni che si possono così sintetizzare.
Monitoraggio della consistenza dei fabbisogni occupazionali, con particolare riguardo alle categorie svantaggiate (disabili, disoccupati anziani, donne, ecc.);
Raccolta dei fabbisogni professionali in relazione alle esigenze del tessuto economico e produttivo;
Raccordo con il sistema scolastico e della formazione per garantire occasioni di formazione continua per tutta la vita lavorativa;
Miglioramento del coordinamento tra i servizi comunali di welfare (servizi sociali) con le prestazioni erogate dai servizi provinciali per l’impiego e finalizzati all’inserimento lavorativo;
Raccordo con Italia Lavoro, che è un’agenzia pubblica che fornisce servizi di supporto agli Enti Locali nella progettazione e accompagnamento di attività imprenditoriali che favoriscano l’esternalizzazione di alcuni servizi comunali; ma anche l’ assistenza qualificata allo sviluppo di politiche attive per il lavoro, compresa la creazione di nuove imprese e l’avvio di attività lavorative autonome; in particolare nel settore dei beni culturali e della valorizzazione del patrimonio naturalistico;
Predisposizione del piano locale per l’occupazione (previsto dalla strategia di Lisbona), che è un documento programmatico da attuare in occasione di progetti integrati territoriali con altri Comuni, patti territoriali o altri strumenti di riqualificazione del territorio e di sviluppo locale. Sulla base del Piano può essere richiesto l’intervento finanziario di Stato e della Regione che, si spera, saranno particolarmente sensibili a tutte quelle iniziative volte ad incrementare la ‘buona occupazione’;
Inoltre, ciascun Comune in piena autonomia, potrebbe (anzi dovrebbe):
Aprire i propri uffici e le proprie unità operative alle esperienze lavorative di studenti delle scuole delle superiori e universitari con appositi tirocini formativi, che aumenterebbe le possibilità
di trovare lavoro al termine dell’esperienza in affiancamento (sia le Province che le Regioni finanziano con ‘borse’ i tirocini presso datori di lavoro privati e pubblici per agevolare le scelte professionali post-studio);
Contribuire a combattere il fenomeno del lavoro nero, attivando forme di collaborazione con I.N.P.S. e I.N.A.I.L. per rendere ancora più efficace la normativa che già prevede il controllo sulla regolarità contributiva e sulla natura dei rapporti di lavoro instaurati dalle aziende che hanno rapporti con il Comune;
Favorire la nascita e accompagnare lo sviluppo delle microimprese anche rendendo disponibili strutture e infrastrutture di proprietà comunale, oltre a incentivi quali il prestito d’onore;
Favorire lo sviluppo e l’incremento di professionalità del ‘terzo settore’, cui sono proprie le forme più partecipative di servizio alla collettività, in assenza di scopo di lucro, con l’obiettivo precipuo di reinserire le persone svantaggiate nel mondo del lavoro in settori quali l’assistenza alle persone, i servizi culturali, la protezione dell’ambiente;
Sfruttare al meglio la normativa regionale (L.R. 20/2005) che prevede contributi ai comuni per la gestione di servizi comunali da parte delle cooperative sociali, quelle previste dalla Legge 381/91,. la stessa che prevede l’attività volontaria con finalità sociali a persone destinatarie di sostegno economico.
Utilizzare al meglio la normativa esistente al fine di riservare ai residenti tutte le opportunità di lavoro realizzabili con contributi regionali e statali.
Da questo pur sintetico quadro appare chiaro che i Comuni, pur non avendo competenze specifiche in materia di politiche attive per il lavoro, con la loro azione sono chiamati a far parte di quel ‘fronte di lotta’ che dovrebbe combattere con sempre maggiore incisività il fenomeno della disoccupazione.
Naturalmente non va mai messo in discussione che i Comuni, come ogni altro Ente Pubblico, sono tenuti all’efficienza, in altre parole ad una buona amministrazione, e che questa si misura confrontando la spesa pubblica con la qualità e la quantità dei servizi erogati.
Ma allo stesso tempo va ricordato che il Comune non è un datore di lavoro come gli altri e non ha tra i suoi scopi quello di conseguire e massimizzare dei profitti.
Il Comune crea lavoro anche quando utilizza tutti i fondi disponibili per i cantieri comunali per l’occupazione, per la manutenzione delle opere e degli edifici pubblici, quando favorisce la creazione di imprese locali capaci di gestire pubblici servizi, quando impegna in ogni occasione possibile le imprese e gli artigiani locali, quando valorizza i tecnici (ingegneri, geometri, geologi, agronomi, ecc.) del paese, quando crea le migliori condizioni per l’insediamento di nuove imprese (nelle zone artigianali), quando programma lo sviluppo urbanistico in funzione della crescita dei commerci e delle attività connesse al turismo (con i piani urbanistici e i piani particolareggiati), quando crea le infrastrutture nelle zone agricole (strade, elettrificazione), ecc.
In sintesi, ogni azione, ogni iniziativa dell’amministrazione comunale dovrebbe essere valutata, a parità di costi e di efficacia della spesa, in termini di maggiori ricadute occupazionali possibili.
Come si vede, i Comuni (ciascuno nel suo piccolo) hanno innumerevoli compiti e precise (per chi le vuol vedere) responsabilità per progettare lo sviluppo e con esso il lavoro e l’occupazione.
Le risorse economiche, soprattutto quelle di provenienza comunitarie non mancano. Spesso mancano invece le idee, l’impegno e, quel che è peggio, la consapevolezza delle potenzialità che spesso sono presenti nel territorio e che gli amministratori di turno qualche volta non sanno vedere.

Roberto Montisci

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venerdì 5 novembre 2010

Lavori di rifacimento del manto stradale di Via Cagliari e Viale dei Platani

Pubblichiamo l'interrogazione del Gruppo Consiliare del Partito Democratico per Sardara relativa ai lavori di rifacimento del manto stradale di via Cagliari e Viale dei Platani. http://www.novasdisardara.it/interrogazione%20via%20cagliari%20e%20viale%20dei%20platani.pdf

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giovedì 4 novembre 2010

COME SI SVENDE LA RICCHEZZA DEL PAESE

Pubblichiamo la delibera della Giunta Municipale con cui si vorrebbe regalare l'acqua termale dopo aver svenduto il terreno edificabile.

La pubblica Novas perchè i cittadini non la possono trovare nel sito internet del Comune, dove invece dovrebbe essere se chi amministra si comportasse come le amminstrazioni “virtuose”, che hanno l'albo pretorio e la raccolta delle delibere consultabili in rete.

Ci chiediamo se sia possibile che una simile decisione venga presa in pochi, come “quattro amici al bar”, senza coinvolgere il Consiglio comunale e, data l'importanza, la popolazione.

Spesso sentiamo lodare l'elezione diretta dei sindaci. Ma un sindaco, anche se eletto personalmente e per questo con più poteri, non può amministrare come un dittatore, senza rispondere a nessuno, al Consiglio comunale, ai partiti, alla popolazione.

Questo modo di amministrare produce molti errori, talvolta irrimediabili. L'assenza di discussione democratica impedisce di acquisire conoscenze meno superficiali, di guardare le cose da più punti di vista, di riflettere più a fondo. La "democrazia diretta", del voto diretto alla persona è molto importante, ma non può essere sufficiente. Rischia di portare anche danni se non è accompagnata dalla “democrazia della discussione”. Come cantava Giorgio Gaber “La democrazia è partecipazione”. E la vera partecipazione non è solo votare, ma anche discutere e assicurare trasparenza alle decisioni. http://www.novasdisardara.it/delibera_giunta_comunale_acqua.pdf

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