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venerdì 5 marzo 2010

LE TERME E LE STRUTTURE ...PARATERMALI

Il lavatoio.
Agli inizi del secolo l'amministrazione comunale di Sardara aveva provveduto ad apprestare poco più in là delle sorgenti termali a ponente della strada per Pabillonis, un regolare impianto di lavatoio ampio e coperto, alimentato dalle acque appositamente convogliatevi con buona condotta dalle terme stesse. Le acque naturalmente vi giungevano caldissime e ricche di sodio ed erano particolarmente valide per il bucato. (sa lissia). (1)

L'uso del lavatoio delle Terme è stato normale per i Sardaresi fino a poco meno di trent'anni fa.
Era uso settimanale per le figliole (is bagadias) di famiglia e per le “lissieras” salariate – assestatesi in capo sul cercine (su tidili) la cesta di vimini e canne ( su cadini) colma di panni da lavare, - a piccoli gruppi ciarlieri scendere già prima dell'alba al lavatoio delle Terme nell'intento di occupare “is primus laccus”che avevano il vantaggio dell'acqua più abbondante e meglio calda.
Una costumanza, creata dalla necessità, fastidiosa e pesante non c'è dubbio, incomprensibile ai nostri tempi, ma anche – allora – gradevole, soprattutto alle giovani, e qualche volta avventurosa. Il lavatoio, è facile immaginarlo, era allora, più che oggi il mercato, la piazza delle ciarle, delle notizie, e qualche volta degli alterchi e dei rimbecchi, di tutto quell'incontro variamente femminile che si protraeva dall'alba al tramonto, quando ritirati i panni dai pruni, ci si rimetteva in cammino per una prima sosta alla chiesetta , poi, difilato, fino al paese.
Le gualchiere.
Più a basso del lavatoio esistevano le gualchiere (is craccheras) costruite anch'esse, con modalità e comodità abbastanza efficaci, nel sito, dove già in antico, avevano avuto luogo strutture similari plurime piuttosto rudimentali e primitive, note, dai gruppi che le frequentavano, col nome di “craccheras de Forru, de Pabillonis, de S. Aingiu, de Sardara”. Altre per la vicinanza alla chiesa erano dette “craccheras de cresia”.
Le gualchiere erano strutture tecnicamente idonee per la “caldatura” della lana, per la macerazione (indruccai) del lino e particolarmente per l'ammollimento, per via della scalpicciatura coi piedi, (caccigai) dell'orbace.
Queste ebbero a concludere la loro funzione storica già prima che il vicino lavatoio, per la diminuita coltura agricola del lino, per il fatto che la lana facilmente commercializzata si era sottratta al lavoro grezzo e primordiale delle famiglie, e di conseguenza perché, cambiati i costumi e gli usi, s'era ridotto e poi scomparso, almeno nella zona, l'uso del tessere artigianale dell'orbace.
Il mulino a vento.
Pensato e attuato dall'amministrazione Birocchi-Asproni, estroso e originale nella zona appariva ancora nel 1940 il monumentale mulino a vento, che gigantesco elevava le sue pale a venti metri d'altezza, e che si presentava d'improvviso a chi, venendo da Sardara, si affacciava appena al limite del lato occidentale della tenuta propriamente delle Terme.
L'enorme aerea ruota a pale metalliche, che agilmente rotava all'urto anche leggero del vento, dominava su un potente traliccio in ferro poderosamente agganciato sulla sponda di un bacino che accoglieva le acque termali. Queste , captate dal congegno meccanico, venivano sospinte per quasi un chilometro fino al poggio sovrastante “l'albergo”, e di qui, raffreddate in apposite vasche all'aperto, erano distribuite a tutto lo stabilimento.
Con l'avvento dell'energia elettrica, questa sostituì contro le enormi pale la spinta del vento, quindi liquidò la ruota e le pale semplificando tutto con un “ridicolo” piccolo motore...
“Su forr' e sa teula – Su forr'e sa cracina”.
Ma... non stiamo divagando con minuzie di poco o nessun conto, pur nel conto del modestissimo argomento che stiamo trattando? Può darsi!... ma, ci sia consentito – almeno per amor di toponomastica locale, anch'essa usuale più che ufficiale, - precisare che quando i Sardaresi, per intendersi fra loro, parlano “de su forr'e sa cracina”, “ de su forr'e sa teula”, intendono località dove, in tempi neppure antichi, appena sotto il secolo, l'amministrazione Terme aveva fatto sorgere impianti tecnici non indifferenti per quei tempi, per la cottura delle pietre per la calce, e per la fabbricazione e la cottura dei tegoli: impianti che non avevano uno scopo commerciale ma soltanto lo scopo di rendere autosufficiente l'azienda Terme nell'approvvigionamento del materiale e dei manufatti, che erano normalmente di apprestazione artigiana, in misura del fabbisogno dei suoi più vistosi lavori in cantiere.
Di quelle apparecchiature e strutture oggi non c'è quasi vestigio, all'infuori che nella parlata locale, per la quale è chiaramente indicativo di un sito dire: “acccanta”, “a palas” “de su forr'e sa teula” o “de su forr'e sa cracina”.
Mons.Abramo Atzori. Sacerdote sardarese. 1980.
( 1 ) Ad essere esatti, il lavatoio fu costruito dalla stessa Amministrazione Birocchi in ottemperanza a precise clausole del contratto intervenuto col comune di Sardara. Altre clausole di detto contratto pare abbiano riguardato la sistemazione viaria di tutto lo stabilimento e la piantagione in zona dei pini e degli eucaliptus. Precisiamo anche che in tutti gli imponenti lavori eseguiti nelle terme l'Amministrazione Birocchi ebbe valido ed intelligente collaboratore l'impresario edile sardarese Antonio Onnis Grussu che fu poi diverse volte sindaco di Sardara, e che aveva discreta proprietà nelle Terme stesse. Morì nella sua casa, oggi dei Rodriguez, nel 1912. Il cippo funerario di qualche pregio, che esiste di lui nel camposanto di Sardara, è opera de Sartorio.

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