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sabato 8 agosto 2009

Sardara: luogo e identità.


È mia intenzione condividere alcuni dei brani più interessanti del mio lavoro di ricerca per la tesi (discussa il 24 aprile 2008), non per mero esercizio di autocompiacimento, ma per rendere disponibili le informazioni raccolte nei mesi della ricerca e cercare di acquisirne altre da parte di tutti i Sardaresi, con l'auspicio che il lavoro si possa completare grazie ai vostri suggerimenti e alle vostre indicazioni.

Lo studio di un luogo, della sua storia, degli uomini e delle donne che vi hanno vissuto, ci impegna in un lavoro di attenta riscoperta delle origini, che però non deve sfociare nella mera elencazione di abitudini e manifestazioni popolari, col rischio di ottenere una visione distorta della stessa storia.
Fondamentale è individuare il concetto stesso di luogo, inteso come intersezione di spazio, tempo e attività umana, che rende gli stessi luoghi particolari e diversi gli uni dagli altri.
La ricerca risulta ancor più affascinante, e allo stesso tempo impegnativa, quando il luogo individuato è quello in cui si è nati e si è vissuti, in cui si ritrovano i propri avi, in cui si intrecciano le proprie relazioni parentali e sociali.
In questi ultimi anni, spinti soprattutto dal rinato interesse per la storia e lo sviluppo locale, storici, sociologi e antropologi hanno prodotto numerose ricerche sul concetto di luogo e di localizzazione.
Interessante è partire dalla definizione che Marc Augè ci fornisce di «luogo antropologico»: costruzione concreta e simbolica dello spazio, che da sola non potrebbe rendere conto delle vicissitudini e della vita sociale, ma alla quale si riferiscono tutti coloro ai quali essa assegna un posto, per quanto umile e modesto esso possa essere.
Il luogo antropologico ha tre caratteri che lo contraddistinguono: è identitario, relazionale e storico. Identitario perché riferito alla nascita, alla casa, ai confini del villaggio. Ma il solo aspetto identitario rende il concetto di «luogo» statico, riferito soltanto alla superficie e allo spazio. Per questo occorre inserire l’aspetto relazionale dei diversi singoli che occupano quella porzione di spazio. E le relazioni reciproche tra individui creano quel concetto di «identità condivisa» che conferisce loro l’occupazione dello stesso luogo comune. Infine il «luogo» è storico nella misura in cui coloro che vi vivono possono riconoscervi dei riferimenti che non devono essere oggetti di conoscenza. I segni del luogo sono immediatamente comprensibili a chi vi è nato e vi abita, senza il bisogno del ricorso alla storia come scienza. I rituali degli antenati che si ripetono, i segni sul territorio, i rapporti di produzione sono gli aspetti legati al luogo che fanno apprendere a chi lo vive la propria differenza rispetto all’altro. L’habitat del luogo antropologico vive nella storia, non fa storia.
Il luogo antropologico ha poi una forte dimensione geometrica. Linea, intersezione e punto di intersezione sono le forme elementari dello spazio sociale. Queste forme sono convertite nel luogo antropologico in itinerari che gli uomini precorrono per raggiungere un luogo, dai crocevia dove si incontrano e si riuniscono, dai centri più o meno monumentali, religiosi o politici, che definiscono a loro volta spazi e frontiere al di là dei quali altri uomini si definiscono in rapporto ad altri centri e ad altri spazi.
Il «luogo» Sardara ha origini antichissime, risalenti al periodo nuragico, e le testimonianze dell’insediamento abitativo sono costanti per tutta l’età moderna e contemporanea. Non si tratta dunque di un villaggio di nuova fondazione, e non si trovano testimonianze neppure di una sua eventuale rifondazione. Come vedremo in seguito però Sardara era un luogo centrale per alcuni villaggi più piccoli che stavano intorno: Villa Abbas, Serzela, Borgo del Castello di Monreale. La sua centralità è dovuta anche al fatto che storicamente passava nel suo territorio la strada che collegava il capoluogo Cagliari con Oristano e poi con il Capo di Sopra. Centralità rimarcata anche in epoca giudicale con la costruzione del Castello di Monreale.
Se diamo nuovamente uno sguardo all’antichità ritroviamo Sardara come paese delle acque, con le sue terme e il suo pozzo nuragico situato al centro dell’abitato.
Partendo dunque dalla ricostruzione di questo contesto, inserito nel contesto più ampio della storia sarda ed europea, l’analisi si concentrerà in modo particolare sulla costruzione dello spazio agrario, con la formazione della proprietà agraria, la frammentazione delle terre, e i gruppi famigliari (ereus) dominanti.
Il periodo di riferimento sarà quello di snodo anche per il Regno di Sardegna: quegli anni tra Settecento e Ottocento, caratterizzati dall’opera di funzionari illuminati e forse poco apprezzati ancora oggi da una certa storiografia sarda. Si pensi al Bogino e al Cossu, e alle opere del Gemelli e di Manca Dell’Arca, che hanno cercato di riallineare, forse in maniera brusca e incompleta, la Sardegna al contesto economico europeo, facendola uscire dal Medioevo ritardato in cui la Sardegna era precipitata negli ultimi anni di dominio spagnolo.
Roberto Ibba
(1. continua)

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