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mercoledì 26 agosto 2009

Le Terme di Sardara tra passato e futuro.

Da millenni le nostre Terme sono considerate una risorsa. Ne sono testimoni le emergenze archeologiche che ci raccontano di un ‘culto delle acque’ pre-nuragico e nuragico, di un uso in epoca romana e medioevale e più recenti edifici di epoca moderna e contemporanea.


Dopo millenni di presenza umana, il territorio e l’ambiente che ci è stato consegnato accoglie due nuraghi, un santuario rurale del ‘600, alcuni fabbricati realizzati agli inizi del ‘900, due moderni centri idroterapici, un edificio rurale disposto ‘a corte’, un (ex) allevamento ippico, alcuni affioramenti termali e geologici e una gran varietà di essenze vegetali. Un ambiente, tutto sommato, ancora ben conservato.
In epoca moderna il progetto più significativo, per complessità e visione d’insieme, è stato senz’altro quello di Gaetano Cima, redatto nel 1846 e messo in opera da Filippo Birocchi nel 1899, che prevedeva il ‘bagno antico’, la ‘bottiglieria’, il ‘lavatoio’, la ‘gualchiera’ (oggi scomparsa), ‘l’albergo termale’, la ‘casa rossa’, oltre alle opere di captazione, di bonifica, ecc.
Parlando di Terme di Sardara ci è d’obbligo soffermarci un po’ sulla Sua opera.
Prima di ogni altra cosa Egli pensò alla pianificazione territoriale, ad uno studio d’insieme dell’area entro cui allocare tali edifici. Aveva previsto per questi uno stile neoclassico, ed una loro disposizione all’interno di linee di simmetria che avevano il compito di ‘accoppiare’ gli edifici principali, come la Chiesetta rurale con l’albergo, il bagno antico con la bottiglieria, il lavatoio con la gualchiera, il mulino con le opere di presa delle sorgenti. Tutto ciò all’interno di un ‘asse principale’ che gli specialisti ancora oggi chiamano ‘l’ asse del Cima’.
Egli aveva cercato di rendere il più possibile regolare la figura dell’impianto urbanistico, sulla base di una idea di fondo che immaginava il paese e le Terme due luoghi distinti fisicamente, con una particolare attenzione al raccordo tra la storia dell’insediamento ed il progetto in atto. Due luoghi separati ma uniti da radici comuni dalla vicenda storica, economica e sociale della comunità sardarese.
Quella impostazione urbanistica fu fatta propria dagli Amministratori Comunali e Provinciali dell’epoca, fu imposta all’imprenditore concessionario (il Birocchi) e, da quel momento, avrebbe impegnato in qualche misura anche gli amministratori pubblici ed i pianificatori del futuro.
Gli Amministratori pubblici di fine ‘800, consapevoli delle delicate scelte che si apprestavano a fare, non scelsero ‘uno qualunque’, ma il celebre Gaetano Cima, primo urbanista della Città di Cagliari, colui che progettò le più importanti opere civili e religiose del suo tempo, quali l’Ospedale Civile e il Teatro Civico di Cagliari oltre a svariate Chiese e Cattedrali in tutta la Sardegna.
L’unica pianificazione successiva dell’area termale risale alla metà degli anni ’80 (del ‘900), quando gli Amministratori Comunali si posero il problema di creare un nuovo strumento urbanistico, il ‘Piano di Disciplina delle Zone Turistiche’, che coniugasse le più moderne esigenze dello sviluppo termale con il rispetto dell’ ambiente. Quella pianificazione, tenne nella dovuta considerazione l’impronta data all’area termale da Gaetano Cima e individuava con precisione delle ‘zone’ dove poter edificare gli impianti sportivi, altre dove edificare strutture produttive, gli alberghi, le aree verdi e i parchi, i parcheggi e gli impianti tecnologici e la nuova viabilità.
Ma non prevedeva la possibilità di edificazione di case per civile abitazione, non prevedeva alcuna ‘zona di espansione residenziale’ del centro abitato. Ritengo giustamente. Lo penso sulla base di considerazioni urbanistiche (una cosa sono le Terme, una cosa è il Centro Urbano), poi per logica e buonsenso (le zone di espansione si creano in adiacenza al Centro Urbano, e non alle Terme). Ma soprattutto perché bisogna prima vedere se esiste la necessità (cioè se mancano gli alloggi ed i terreni edificabili rispetto ai cittadini residenti) e, per saperlo, bisogna verificare lo ‘stock’ edilizio inutilizzato, sottoutilizzato o degradato (per esempio nel centro storico) e verificare se non sia opportuno fare una politica di incoraggiamento e di previsione normativa finalizzato al recupero sia delle abitazioni che del territorio urbano inutilizzato. Questo perchè il centro urbano andrebbe inteso, anche a Sardara, come la sede naturale di residenzialità, anche di quella temporanea legata alla frequentazione delle Terme ed è a Sardara che andrebbe realizzato ‘l’albergo diffuso’ con il recupero dei volumi ancora liberi e disponibili.
La residenzialità turistica negli alberghi delle Terme dovrebbe essere considerata integrativa rispetto a quella cittadina, proprio per limitare il più possibile le quantità edilizie nel compendio termale, affinchè questo possa conservarsi quell’oasi di tranquillità e benessere quale dovrebbe essere ogni località termale.
Ma siamo in tanti a chiederci: e oggi come stanno le cose? Quali le prospettive per il futuro delle Terme? Quali i propositi dell’attuale Amministrazione Comunale?
Quel che si sa è che si è aperto un acceso dibattito in Consiglio Comunale a seguito della approvazione di una variante al Piano urbanistico che stravolge del tutto quella idea di cittadella termale che nasce da attenti studi, da valutazioni e scelte lungimiranti fatte nel passato, di cui prima ho ricordato le linee fondamentali.
Da queste scelte e da questo dibattito il paese finora è stato escluso.
Dalle scarne notizie che trapelano, pare sia stata approvata una variante che prevede un’ampia zona adiacente alle Terme in direzione del paese, con una destinazione urbanistica che consente l’edificazione di case che dovrebbero diventare ‘l’albergo diffuso’ e che si dovrebbero affittare ai turisti.. Ma potrebbero anche essere abitate dai legittimi proprietari… o no? Potrebbero essere vendute e diventare un ‘paesino satellite’ di Sardara, che non avrebbe nulla a che vedere con il turismo termale. E poi pare non siano previste le strade, gli spazi verdi, i parcheggi…..insomma, un pasticcio.
Se ciò è vero, l’unica strada che si intravvede porta alla definitiva compromissione dei luoghi e dell’ambiente, al disordine urbanistico e, trattandosi di proprietà fondiaria estremamente frazionata, anche a qualche speculazione edilizia di qualche imprenditore senza scrupoli.
Sono dell’idea che questa eventualità vada assolutamente evitata. Si tratta di un imperativo per chiunque abbia il potere e la volontà di impedirlo.
E’ probabile che molte delle considerazioni fin qui fatte siano sfuggite agli attuali amministratori, è possibile che si siano sottovalutati i rischi connessi ad una normativa urbanistica a ‘maglie larghe’ anzi larghissime, come quella approvata. Se si tratta di un errore di valutazione, come io credo, si può rimediare, si è ancora in tempo. Ma subito.
Personalmente sono dell’opinione che ogni cittadino che abbia a cuore le sorti del proprio paese abbia il dovere di dire la sua opinione su argomenti di tale portata, anche di portare qualche critica, meglio se costruttiva, meglio ancora se ha qualche proposta da fare. E io intendo farla, in questi termini.
Si lasci invariata la previsione del Piano Urbanistico del 1985 che individua con precisione le aree destinate alla ricettività, con alberghi e strutture similari, con l’esclusione di case;
Si preveda per quelle stesse aree un Piano per gli Insediamenti Produttivi ‘Turistico’, con previsione delle stesse identiche procedure già attuate con successo per l’assegnazione delle aree nella Zona Artigianale (P.I.P.) con:
acquisizione da parte del Comune delle aree dei privati a prezzo di mercato;
creazione di lotti di dimensioni adeguate da assegnare ad imprenditori privati in diritto di superficie o di proprietà che abbiano i requisiti previsti da un apposito regolamento di attuazione;
In questo modo si avrebbero i seguenti vantaggi:
1) Il Comune potrebbe chiedere alla Regione i contributi per le opere di urbanizzazione, proprio come per i P.I.P. ‘artigianali’ (compito agevole visto che in Regione c’è una Giunta di centro-destra, dunque ‘amica’..);
2) Verrebbero superate le difficoltà spesso insormontabili in questi casi, che scaturiscono da un eccessivo frazionamento della proprietà terriera, che fa capo a decine di titolari;
3) I lotti avrebbero un prezzo contenuto e di sicuro interesse per gli imprenditori;
4) Verrebbe meno ogni tentazione speculativa di e l’Amministrazione Comunale avrebbe gli strumenti per controllare ogni fase del processo insediativo.
Ho proposto questo modesto contributo alla discussione che si è aperta sulla ‘questione Terme’ all’interno di Novas di Sardara, con l’auspicio che ciò possa alimentare il dibattito già ben avviato su una questione così importante per la nostra comunità.
Ho fiducia che in questo modo si possa, con il contributo di tanti, contribuire a migliorare idee e proposte. Ma con una discussione che va fatta ora, subito, anche perché, tra il passato ed il futuro c’è il presente, ci siamo noi, ciascuno con le proprie responsabilità, siano quelle di chi ha la facoltà di decidere, sia di coloro ai quali non resta altro che il dovere di denunciare le scelte sbagliate e di fare qualche proposta per cercare di correggerle.

ROBERTO MONTISCI

1 commento:

Anonimo ha detto...

Avrei una semplice quanto "ingenua" domanda: in questo momento a Sardara servono delle strutture per la ricezione turistica?
Parto da un assunto molto semplice che forse appare semplicistico e quasi banale ma il quesito è se il problema a Sardara e nella fattispecie il turismo termale sia dovuto ad una carenza di strutture ricettive o piuttosto dall' assenza di organizzazione e valorizzazione della suddetta area, le strutture ricettive esistenti pare non abbiano difficoltà nell'ospitare il turismo ora esistente, la mia opinione( puramente soggettiva) è che sia il turismo stesso qui, a non decollare, si parla di terme ma a parte i due alberghi che operano in tal senso non vi è alcuna attrattiva, manca un'organizzazione informativa,sovente il turista che arriva è spaesato, non sa bene cosa trova ed a chi rivolgersi,probabile è che lo stesso albergo faccia da mediatore per gli spostamenti e di certo non ci si può aspettare che si prenda l'onere di fare promozione turistica anche per quanto riguarda il centro urbano, che ritengo ricco di cose interessanti ma sconosciute ai più.

La zona termale pare un luogo abbandonato,le strutture risalenti all'epoca citata nell'articolo hanno avuto delle ristrutturazioni disastrose,le opere aggiunte nella zona circostante piano piano vanno distruggendosi, cito l'anfiteatro come esempio, inutilizzato e ormai quasi irriconoscibile rispetto a quando era stato "ripulito".

Ora mi si viene a dire che si intende costruire nella zona circostante l'area , creando uno scempio , non so ,in quanto non viene citato, dove possa essere sito, ma ci vuole poco ad immaginarlo,inoltre mi chiedo e domando, ma "l'albergo diffuso" per sua concezione non è quel tipo di struttura che utilizza edifici preesistenti? Quindi in divieto di nuove costruzioni, in genere situato nei centri storici in abitazioni riadattate all'uopo?Proprio a Sardara, il centro storico è una miniera di case abbandonate e nulla sarebbe più adatto allo scopo, questa è una divagazione vista la premessa,ma se proprio fossero necessari nuovi alloggi nulla sarebbe più adatto, in quanto permetterebbero non solo un turismo termale ma anche uno locale, che spesso si tende a trascurare.
Chiudo il mio commento ribadendo la mia personalissima opinione di semplice cittadino non addetto ai lavori,che mi porta alla constatazione di quanto poco si fa per incrementare il turismo e quanto invece tanto si fa per spendere denaro in vista di chissà quale utopica previsione ...

Saluti cordiali
L.