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venerdì 30 luglio 2010

LE “CHIUDENDE”

Emanata il 4 aprile 1823. In base a questa legge tutti i cittadini potevano ottenere in proprietà quei terreni demaniali che avessero recintato a proprie spese. La recinzione avveniva con muri a secco oppure con siepi di fico d'india. Tale provvedimento fu fonte di inconvenienti e di ingiustizie. Infatti favorì i più abbienti perché solo questi avevano i mezzi per poter fare queste chiusure, frantumò la proprietà terriera non giovando affatto all'agricoltura; impedì l'antico uso degli ademprivi ossia il riconosciuto diritto agli abitanti di sfruttare insieme le terre esistenti nell'ambito del loro comune che, divise in “ bidazzonis” e “paberibis”venivano sfruttate mediante cicli stabiliti.
Molti pastori e contadini furono così privati di parte dei raccolti, di pascoli, di legna, di ghiande, dell'uso di acque sorgenti perfino di torrenti per dissetare uomini e animali, di attraversare le zone che erano state chiuse.
Vi furono proteste violente e ribellioni e si videro per la prima volta comparire i Carabinieri per sedare i tumulti. Tali agitazioni durarono per un terzo di secolo: e qui si inserirono i vari temi del banditismo, delle vendette e delle faide: tanto riescono a produrre le ingiustizie sociali e l'incomprensione dei governanti quasi sempre non sardi, nonché l'ignoranza dovuta all'analfabetismo.
In questo periodo a far le spese maggiormente dell'evolversi della situazione furono i boschi abbattuti e bruciati.
Dando uno sguardo ai terreni di Sardara è facile rilevare quanti in quegli anni si diedero da fare i signori maggiorenti sardaresi che alle ataviche millantate ricchezze, favoriti dalla nuova legge e talvolta contro la legge , altre se ne accaparrarono.
Il Conte possedette molti beni ereditati ma il grosso lo mise insieme beneficiando di questa legge di Re Carlo Alberto. Così egli nottetempo fece scavare un fosso dai suoi più che cento “gerrunaderis” tutt'intorno ai circa 120 ettari di “Sa tanca 'e s'arena “ e nel giorno seguente fece piantare “Sa cresura” “Spina de pruna 'e Cristi” ossia prune selvatiche spinose: Questa tanca fu poi ereditata dal figlio avv. Raimondo e da lui andò in mano alla figlia Doloretta. Quindi fu ereditata da Don Tancredi. Venne poi acquistata da Eugenio Caddeo e data ai suoi eredi.
Un'altra tanca, quella di “ Pramasonis” di circa 100 ettari la recintò con muro a secco. Questa era un'enorme oliveto di circa 1500 piante e un cespugliato mediterraneo con “moddizzis”giganti sotto il quale si riparavano i buoi. In seguito gli eredi lo bonificarono. Dal Conte passò all' avv, Raimondo per metà quindi a Don Tancredi e ai suoi figli i quali lo hanno venduto al pastore Secci Ignazio, l'altra metà andò all'altra figlia del Conte Donna Stefana che sposò Don Antonico Diana e da questi passò ai figli Don Filiberto, Don Silvio e Don Ernesto e fu poi venduta a Tommasi Peppino di Pabillonis che, a sua volta vendette a Faustino Atzori: ora è in possesso dei suoi eredi.
“Sa tanca de Baddoi”: di circa 40 ettari. il Conte la recintò a muro secco- ed era in parte coltivata e in parte a pascolo; andò in mano all'avv. Raimondo quindi al figlio di Don Raimondo., Don Arremundicu, suo figlio. Andato in 2° nozze con Donna Elisa Cao di san Marco, fratello di Don Giorgio e fratellastro di Don Tancredi il quale era figlio di prime nozze con Donna Virginia Siotto Pintor. Alla fine acquistò sa “Tanca de Baddoi” Eugenio Caddeo e da lui passò ai figli.
“Su cungiau de S. Mariaquas” di circa 30 ettari chiuso con fosso e piante di “tramzzu”. Ecco i passaggi: avv. Raimondo, Donna Doloretta, Don Ernesto che vendette ad Antonio Caddeo (Codreddu), Don Giorgio e Dott: Emilio Pilloni.
“Sa Piscina” di circa 16 ettari venne chiusa a muro secco. La possedette dopo il Conte l'avv: Raimondo; dopo di lui la figlia Donna Stefana, maritata con Don Antonico Diana di Mandas venuto a vivere a Sardara; quindi i loro figli Don Filiberto, Don Silvio e Don Ernesto. Da loro acquistò Giuseppino Casti (Piotti) tramite il suocero Antonio Mocci del quale aveva sposato la figlia Assunta, da questi passò a Rosina sorella di Assunta, che vendette a Peppixeddu Pianu ,ed ora la possiedono i due figli maschi Gian Luigi ed Antonello.
“Arriu” posseduto fino al 1848 dai Gesuiti. Il Conte lo rilevò e suo fu ancora “ Arriu de sciacquai”, “ Serra Truiscu” e “Sa Pedrera”. Arriu fu di Don Tancredi ed ora è comunale.
“Oru Comidu” fu completamente chiuso a muro secco.
“Cungiau 'e s'axroba manna” chiuso a siepe di fico d'india. Sia Ortu Comidu che s'axroba manna dopo il Conte furono dell'avv. Raimondo suo figlio, quindi di Donna Doloretta e poi di Don Tancredi.
Il Conte possedeva inoltre molte “terras de campu”, terreni non chiusi quali “Cuccuru 'e casu”, “Piscina sa murta”, “Fraibis”, “ Su sizzigorru” e tante altre.
L'altra importante famiglia era quella dei Serpi della quale si trova traccia nei documenti d'archivio fin dal lontano 1600: certo “Jame Ant.Go.Juan.Franco Serpi nato a Sardara il 12.02.1678.”
Dobbiamo interessarci in un primo momento di Antioco Battista Serpi notaio che fu per molti anni Sindaco del paese. Notaio e Sindaco di tempi diversi dai nostri nei quali , per l'accresciuto livello di cultura e burocrazia c'è bisogno di Sindaci con la laurea e forti in politica ed economia. Il Sindaco dell'ottocento poteva essere anche notaio come il nostro Antioco Battista Serpi, ma sempre contadino e sempre proprietario di bestiame se voleva vivere e competere: allora si riusciva ad essere grandi e a contare se si era ricchi.
La casa dei Serpi era in cima alla via che Sardara ha voluto intitolare al Generale Giovanni Serpi del quale ci occuperemo in altro capitolo quando parleremo dei Sardaresi illustri. Era un intero rione e comprendeva la casa di abitazione e i locali per i “sozzis” ( la servitù) e il bestiame domestico. In seguito, essendo stata frazionata e venduta, è andata in mano a Benigno Olla, Mario Sanna, Antonio Corrias, , Giuseppe Sanna e Caddeo Giuseppe: tutte case vaste e, almeno qualcuna, con enorme cortile.
Il Serpi sotto s'argiola manna possedeva “ Su cungiau de Don Chicu” di 7 ettari chiuso a fosso e a “cresuri”; terreno aratorio e a “benazzu” (pascolo).
Il più grande possesso dei Serpi era “ su cungiau 'e monti”, confinante con agro di Forru in regione “Sa mitza 'e su frius”: Era un “livariu”di molte centinaia di piante tutto circondato di muro a secco, solitario nell'altopiano di “Colombus”.
Altri “cungiaus” i Serpi avevano a” Baddoi” e “Santudomini”, quest'ultimo a pastura e molti appezzamenti di “terras de Campu”.
Il bestiame del Serpi non era numeroso come quello del Conte ma era ugualmente parecchio e godeva di pascoli propri.
Elenchiamo ancora alcuni discreti proprietari che vorremo chiamare rispetto ai primi, di “serie B”: Antonica Pilloni Currùcu: suo figlio pure Antonicu Pilloni si è pian piano arricchito ma la sua proprietà è andata divisa tra i figli Dott. Emilio, Luigina, Erminia, Gilla e Maria. Dott. Emilio ha sempre curato, nonostante la specializzazione medica, l'agricoltura e soprattutto l'allevamento del bestiame bovino “Is bois de Dott. Pilloni”. Currucu era proprietario di almeno 100 ettari di terre , tra cui Suedda, Frailis, Sa Piscina 'e sa murta, Turriga, s'Arutta e altre.
Friori Massenti possedeva “Su cungiau 'e Friori” in Santa Mariaquas, circa 10 ettari recintati a siepe di tramatzu”. Quando il Massenti Friori andò in fallimento, pare per cattiva amministrazione del monte Granatico, questo chiuso fu acquistato da Don Peppi Diana il quale lo diede al figlio Dott. Paolo e da questi passò a Dott. Peppuccio. Un altro chiuso ( a muro e a fosso) Friori lo possedeva in “Pramasonis” (12 ettari). Venne acquistato dai fratelli Don Filiberto, Silvio ed Ernesto.
Dott. Corda Massimino, il primo medico condotto, ricco di “terras de Campu” che andarono ai figli Doloretta la quale sposò Enrico Sitzia di Sardara, Speranza che sposò Mundeddu Ibba, Dott: Massimo che fu medico ad Oristano e Faustino che fu Procuratore legale a Roma.
E infine Antonio Caddeo Codreddu aveva un piccolo negozio che da lui prese il nome “ sa pesada 'e Codreddu”, oggi Regina Elena . Vendeva alimentari e “arroba 'e pramu”. Seppe lavorare bene, faceva pure dei prestiti e finì per acquistare alcuni appezzamenti quasi tutti in periferia del paese, oggi diventati aree fabbricabili: “Su Còddu 'e su zaffanau”, “Mussa Pedru”, “Su pont'e Marras”, “Su Campu” e “Santa Mariaquas” che andarono in proprietà ai figli Antonica moglie di Luisu Pianu, Erminia moglie di Alessandro Pianu, Filomena moglie del Dott. Obinu di Monserrato ed Emma che fu nubile.
La ripartizione delle terre ebbe origine all'incirca nel 1830. Si ebbero le prime assegnazioni
e autorizzazioni a chiudere degli appezzamenti. Iniziò allora il tentativo di privatizzazione. Ma i potenti furono prepotenti anche in questa circostanza cercarono di usurpare quanto poterono a danno dei poveri. Furono momenti segnati da scontri e da liti specie ad opera dei pastori che si trovarono d'improvviso rinchiusi in poco spazio. D'altra parte i ricchi proprietari se la presero contro il Sindaco Antonio Curreli che aveva tentato qualche ripartizione di terreni demaniali. I Sardaresi chiedevano già nel 1848 che il Sindaco Serpi si decidesse a spartire i terreni pubblici di Monreale. Ma prima che si arrivasse alla tanto bramata assegnazione passarono ancora alcuni decenni e si arrivò al tramonto dl secolo.
Il geometra incaricato di lavorare all'elaborazione dei necessari progetti fu Erminio Ravetti il quale stando a Sardara sposò la figlia di Dott. Tuveri Federico. Egli preparò il progetto per le”Parti”
sia del” Monreale” che di “Strovina”. I colli di Monreale furono divisi in 400 “ parti”. La Strovina in circa 300. Erano appezzamenti di due tipi, da 60 are e da 55, a seconda della bontà o meno del terreno. E' chiaro che il Monreale doveva servire unicamente per far legna. Vi fu anche chi riuscì a coltivare la propria “Parte”: chi non ricorda “s'ortu de Mitza 'e Felis? Un posto meraviglioso con un ricco frutteto di susine, fichi, pere, melecotogne e altre
Il Comune si riservò alcune parti dove c'era “Sa Mitza 'e su paneddu”. Gli assegnatari finirono per acquistare e vendere, mentre all'inizio tutti i contadini ebbero la loro “Parte”, ad un tratto esse diventarono possesso di pochi. Oggi le parti di Monreale non esistono più. Nella zona di “Tuppa 'e Cortis” che era di proprietà di Giuannicu Podda e poi di Nino Podda c'erano 54 “parti”. Ora è diventata proprietà di Angelino Olla che vi ha impiantato un bosco di eucaliptus.
A. Curreli. Sardara. 1992.

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