Vai al nuovo sito

martedì 20 aprile 2010

Prima che sia troppo tardi...

E’ trascorso più di un anno da quel pomeriggio del 16.02.2009, quando le urne impietosamente certificavano la sconfitta del centro-sinistra in Sardegna, con risultati che non lasciavano dubbi su chi avesse vinto e su chi avesse perso.

Ad oltre un anno di distanza si può guardare con più obiettività e meno emotivamente a quei momenti ed ai giorni che seguirono.
Quel giorno lo ricorderò per il dispiacere, il senso opprimente della sconfitta, l’amarezza provata.
Peggio ancora, per la sensazione di una sconfitta definitiva, senza rimedio.
Una sconfitta diversa da qualsiasi altra che pure il centro sinistra in altre occasioni, lontane e più recenti, ha subìto. Non si poteva spiegare altrimenti la delusione, l’incredulità, il senso di sconforto che io, come tanti altri, abbiamo sentito.
Almeno una cosa era apparsa subito chiara: l’aver perso quelle elezioni non rappresentava soltanto un giudizio negativo sull’operato di chi aveva governato la Sardegna per quattro anni e mezzo.
Era in parte anche questo, ma non era solo questo.
Era la sconfitta di un nuovo modo di amministrare, di un’idea di Sardegna capace di riscattarsi, la sconfitta di un popolo orgoglioso che finalmente aveva imboccato la strada di una vera autonomia ( non solo formale), i cui governanti erano capaci di discutere alla pari con i governanti nazionali, senza complessi di inferiorità e non più con il cappello in mano come è avvenuto fin troppe volte in passato (e di nuovo ancora oggi).
Era invece la vittoria di vecchie, incomprensibili e spesso autolesionistiche logiche interne ai Partiti del centro-sinistra (tanto per restare a casa nostra), i cui leader tornavano ad essere gli indiscussi protagonisti delle vicende politiche isolane (seppure, almeno per ora.... dall'opposizione).
Era soprattutto la delusione di migliaia di persone che, pur non appartenendo al Partito Democratico ne ad alcun Partito del centro-sinistra avevano votato per la continuazione di quell'esperienza politica.
Fu forse per uno stato d'animo simile che alcuni anni fa, dopo una brutta prova del centro-sinistra, Nanni Moretti ebbe a commentare...'con questa classe dirigente non vinceremo mai'...
Per chi aveva creduto in una nuova 'era' della politica sarda, dentro e fuori dai Partiti, era la dimostrazione che non era stato fatto abbastanza per informare, coinvolgere e per spiegare ai sardi il senso e l’importanza di alcune scelte fondamentali fatte negli ultimi quattro anni e mezzo, che potevano essere di vera svolta per la nostra Isola.
E forse non si esagera quando si afferma che l’aver perso quelle elezioni è stato vissuto da tanti come il fallimento di una 'piccola rivoluzione'.
Una 'rivoluzione sarda' sperata, attesa per decenni, che i sardi hanno affidato di volta in volta ai vari ‘sardismi’ di diversa provenienza politica e partitica, ormai considerati privi di valore e di credibilità.
Perciò eravamo in tanti ad essere fiduciosi in un epilogo diverso, a pensare che quelle elezioni si potessero vincere e che si potesse continuare a percorrere la strada per quella che era ormai considerata una battaglia di libertà...
Siamo stati degli illusi? Degli ingenui?
Sicuramente non siamo stati in grado di capire la realtà, i sentimenti profondi di molti sardi.
Ma soprattutto non siamo stati capaci di prevedere le conseguenze del confronto permanente nei Partiti della coalizione, e in particolare le tensioni all'interno del Partito Democratico.
Ci eravamo convinti un pò troppo in fretta che già esistesse (in tanti pensavamo che fosse sempre esistita), una maggioranza di sardi pronta ad unirsi ed a restare unita per continuare sulla strada tracciata delle riforme.
Una speranza che accomunava soprattutto i giovani e molti cittadini che da tempo avevano preso le distanze dai Partiti e dalla politica.
Perciò siamo stati assaliti dai dubbi fino a chiederci se esista ancora una maggioranza di sardi orgogliosi di essere sardi. Un ragionamento, forse consolatorio, ci porta a pensare che questa maggioranza ancora esiste ma, semplicemente, non è emersa compatta, o piuttosto non è stata guidata adeguatamente e con convinzione verso un obiettivo comune.
Restano ancora oggi poco chiari i veri motivi per cui la maggioranza dei sardi non abbia apprezzato la concretezza degli eccezionali risultati conseguiti nei quattro anni e mezzo del Governo guidato da Renato Soru.
Tali sono stati gli obbiettivi raggiunti in materia di servitù militari, nella vertenza con lo Stato sulle entrate fiscali, sul risanamento del bilancio regionale, con la soppressione di decine di enti inutili, nella difesa del patrimonio paesaggistico sardo, delle zone interne e delle coste, nelle politiche energetiche, con la semplificazione e l’efficienza raggiunta dalla macchina amministrativa regionale, nelle politiche sanitarie e dell’assistenza agli anziani, nel diritto allo studio, con il progetto di riconversione ecologica dell’economia isolana con particolare riguardo allo sviluppo turistico.
E sarebbe riduttivo e fuorviante sostenere che la sconfitta sia stata causata dal particolare impegno profuso nella campagna elettorale da parte del Presidente del Consiglio.
Certo, anche questo deve avere influito. Insieme all'eredità di antichi condizionamenti dovuti alla millenaria occupazione straniera, che ha reso i sardi più diffidenti nei confronti degli altri sardi piuttosto che nell’occupante di turno.
Infatti non esagera chi intravvede negli atti e nei comportamenti di Berlusconi e dei suoi Ministri nei confronti della Sardegna, l'atteggiamento dispotico e insofferente tipico del...colonizzatore. Come non ricordare l'episodio della consegna della bandiera dei quattro mori da parte dei dirigenti del Partito Sardo d'Azione al Presidente Berlusconi? Un fatto simbolico di straordinaria importanza e per questo una delle pagine più nere della nostra autonomia regionale.
Ma quanta parte ha avuto nella sconfitta lo stesso Partito di appartenenza di Renato Soru, il Partito Democratico?
Ormai è convinzione diffusa (un anno di tempo è servito per convincere anche chi era meno convinto) che se il Partito Democratico fosse stato coeso e convinto delle politiche riformiste messe in atto dalla Giunta Soru si sarebbero potute agevolmente vincere le elezioni regionali.
Invece gli echi di quello che era un acceso conflitto interno al P.D. si sentono ancora oggi. Sono recenti le polemiche in materia di sanità pubblica che riguardano l’ex Presidente Soru e il deputato Paolo Fadda. Tensioni che sono gli strascichi di vecchie polemiche e che si riferiscono a scelte fatte dalla Giunta guidata da Renato Soru e dall’allora Assessore alla Sanità Nerina Dirindin.
Diversità di opinioni che non certo limitate alla sanità ma che hanno riguardato, e riguardano, l'ambiente, le coste, l'urbanistica, la riforma dell' Amministrazione Regionale, ecc.
E’ evidente che il P.D. non ha saputo o non ha voluto valorizzare le politiche più innovative che siano mai state fatte per la Sardegna negli ultimi decenni, perfino quelle scelte su cui sembrava che ci fosse identità di vedute. Evidentemente all'interno del P.D. non c'era e non c'è ancora identità di vedute.
Tutto ciò avviene in Sardegna mentre nella Penisola e perfino all’estero non sono mancati gli apprezzamenti da parte del mondo ambientalista che è arrivato ad affermare che ‘…Soru è l’unico politico italiano che ha praticato una politica urbanistica fondata sull’interesse pubblico piuttosto che sulla proprietà fondiaria…’.
Insomma, ci sono molti motivi per non credere che la sconfitta sia stata causata solo da Berlusconi. E neppure dalla ridicola accusa di un Soru ‘dittatore’, tiranno e pronto ad assoggettare la Sardegna e i Sardi ai suoi affari di imprenditore privato.
La Sardegna poteva essere il laboratorio politico e un esempio di buona amministrazione pubblica, una ‘nuova dimensione politico-amministrativa' opposta all’idea berlusconiana ora dominante in Italia.
Siamo ancora in tempo? O ci stiamo continuando a illudere?
Chissà. In ogni caso molto dipenderà dal Partito Democratico e dalla capacità dei propri dirigenti di trovare una sintesi costruttiva rispetto alla diversità di opinioni oggi presenti in quel Partito.
Prima che sia troppo tardi.

Roberto Montisci

1 commento:

Anonimo ha detto...

< width="445" height="364">






La calunnia è un venticello
Un'auretta assai gentile
Che insensibile sottile
Leggermente dolcemente
Incomincia a sussurrar.
Piano piano terra terra
Sotto voce sibillando
Va scorrendo, va ronzando,
Nelle orecchie della gente
S'introduce destramente,
E le teste ed i cervelli
Fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
Lo schiamazzo va crescendo:
Prende forza a poco a poco,
Scorre già di loco in loco,
Sembra il tuono, la tempesta
Che nel sen della foresta,
Va fischiando, brontolando,
E ti fa d'orror gelar.
Alla fin trabocca, e scoppia,
Si propaga si raddoppia
E produce un'esplosione
Come un colpo di cannone,
Un tremuoto, un temporale,
Un tumulto generale
Che fa l'aria rimbombar.
E il meschino calunniato
Avvilito, calpestato
Sotto il pubblico flagello
Per gran sorte va a crepar.


Ho sempre ammirato il politico Soru,
Persona concreta,autorevole, proiettata verso il futuro e pronta ad andare contro la facile demagogia,e...

...una controcampagna di "disinformazione" nei suoi confronti,la demonizzazione della persona e delle sue idee...

Il risultato? Le ultime elezioni.... è davanti ai nostri occhi!
NO COMMENT