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mercoledì 9 giugno 2010

IL PIZZINO

Non ho mai posseduto un portafogli. Da oltre vent’anni utilizzo una molletta fermacarte in argento, regalo di una coetanea "gioielliera" nel giorno dei festeggiamenti dei nostri cinquant’anni.
Normalmente ho in tasca quattro o cinque banconote – fossero almeno di grosso taglio- insufficienti per raggiungere lo spessore utile per restare incastrate nel mio singolare porta-soldi. Supplisco con tre o quattro ricevute del barbiere piegate in otto che rinnovo a rotazione ad ogni taglio di capelli. La settimana scorsa nel sostituire con la mensile ricevuta quella più logora che l’aveva preceduta mesi prima, all’interno ho rinvenuto un "pizzino" dove avevo appuntato due pensieri dell’ex presidente Renato Soru. "Non cercate il vostro avvenire in un accozzo, una raccomandazione, un aiuto, interessato, che venga dall’esterno -diceva-. Confidate in voi stessi, abbiate fiducia nelle vostre forze; la leva decisiva sia la vostra volontà di riuscita corroborata da una forte ed onesta dose di impegno ed amor proprio". E più avanti: "Il mio più grande desiderio, diciamo pure il mio sogno, è che fra venti trent’anni si parli della Sardegna come la regione più istruita d’Europa". Programma vastissimo, immenso. Il pizzino l’avevo conservato perché poteva tornarmi utile in eventuali conversazioni "programmatiche", in dispute costruttive con i giovani. Due pensieri che, messi in pratica, avrebbero scatenato una rivoluzione di grandissima portata. Via le furbizie, i miserevoli sotterfugi per arrivare; via gli ammiccamenti e le connivenze; via il lassismo morale che caratterizza la nostra malandata società. Un inno alla dignità e all’amor proprio, uno stimolo potente all’impegno e alla responsabilità. Una rivoluzione in cui la sordida propensione all’imbroglio e alla sopraffazione lasci il posto al merito e allo studio, in modo che ognuno possa esplicare in modo degno e onesto le proprie capacità. Mi è venuto spontaneo il raffronto tra questa idea di società e l’attuale miserevole situazione della nostra povera Italia. Dove sta il merito? Che stimoli giungono ai giovani verso l’impegno e l’applicazione? In che conto è tenuto il desiderio di affermarsi con lo studio e la ricerca? Quali politiche sono state messe in campo affinchè questi giovani potessero realizzare il loro percorso di vita, mettere a frutto i loro talenti e dare una forte spinta al progresso della nazione? Il moloc televisione, che ormai condiziona tutti e tutto, ci spinge alla frivolezza, al velinismo, all’insulsaggine. Ci consegna a Maria e ai suoi amici; ci relega nell’Isola dei famosi con Simona Ventura e brutta compagnia. A che pro arrabattarsi tanto se basta sposare un milionario-a per sistemare la propria esistenza? Che senso ha rispettare le regole, pagare le tasse, essere ligi al proprio dovere se poi uno dei periodici condoni ci mette in regola con la legge ma non con la nostra coscienza? –chi ce l’ha -! La cultura, da sempre, è stato il motore che ha fatto progredire tutte le civiltà. Guardiamo in che stato è stata ridotta da questo governo di scellerati. Che fare? Io direi che è necessario che ciascuno di noi, nel suo piccolo o nel suo grande, faccia la sua parte. Rispettando le regole e indignandosi ogni qualvolta si vedono azioni ed atti che vanno in tutt’altra direzione. Non è più tempo di voltare le spalle schifati e di imprecare contro tutti, tanto non c’è differenza. Non è vero e poi non porta da nessuna parte. Voglio concludere con una frase che Marguerite Yourcenar, nel suo libro "Le memorie di Adriano", mette in bocca all’imperatore: "Costruire un porto, significa fecondare la bellezza d’un golfo. Fondare biblioteche, è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire".
Luigi Melis

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