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martedì 26 gennaio 2010

A proposito di urbanistica…

Ho saputo che la lezione tenuta dall’Ing. Roberto Bordicchia e promossa dall’Associazione CostruireFuturo, durante la quale si è parlato di Piani Urbanistici, di strumenti di attuazione, di pianificazione territoriale, di sistemi urbani, di risorse del territorio, è stata seguita con molto interesse anche dai giovani e giovanissimi presenti, pur trattandosi di una materia solitamente riservata agli specialisti, ai tecnici e agli amministratori pubblici.

E non poteva essere diversamente. L’Ing. Bordicchia è stato (molti anni fa) il mio insegnante di disegno tecnico e ricordo che già allora riusciva ad appassionare ed a farsi apprezzare dagli studenti.
Il caso ha voluto che egli sia poi diventato (fin dai primi anni ’80) il consulente in materia urbanistica del nostro Comune, divenendo il mio più prezioso riferimento nei dieci anni in cui ho ricoperto l’incarico di assessore all’urbanistica e di presidente della Commissione edilizia. L’Ing. Bordicchia non ha mai mancato di affiancare, quando necessario, i funzionari dell’ufficio tecnico e gli amministratori comunali, di consigliare i professionisti ed in molti casi anche i cittadini-utenti sardaresi, sempre disponibile quando chiamato a rilasciare i più disparati pareri in materia urbanistica.
Ricordo l’imponente lavoro preparatorio svolto negli anni ’97-’98 prima dell’adozione del Piano Urbanistico Comunale (nel 1999), fatto di assemblee pubbliche, di riunioni con i progettisti di Sardara (geometri, ingegneri, architetti, periti edili, agronomi, ecc), di infinite riunioni con i consiglieri e gli assessori. E dopo l’approvazione definitiva del P.U.C., ben 5 varianti, più o meno importanti ma con la stessa procedura del P.U.C., e sempre con la massima cura per la discussione e per il coinvolgimento di cittadini, tecnici e amministratori.
Per la storia, vale la pena ricordare che tanto lavoro all’insegna della trasparenza diede i frutti sperati: il P.U.C. e le successive varianti non furono mai bocciate dagli organi di controllo regionali, in una decina d’anni si rilasciarono un migliaio tra concessioni, autorizzazioni e dichiarazioni di inizio di attività (D.I.A.), fu un periodo di sviluppo dell’edilizia sia di quella artigiana che delle opere pubbliche e in quel periodo nacquero parecchie imprese del settore e molti disoccupati ebbero il lavoro per lunghi periodi.
Come hanno ben capito gli attenti e motivati studenti dell’Ing. Bordicchia, tali procedure, per quanto lunghe, estenuanti e laboriose, sono ampiamente giustificate dalle enormi implicazioni che un P.U.C. (o una sua variante) può avere nel tessuto urbano, civile ed economico.
Giova ricordare che un P.U.C. fatto bene, oltre a garantire un armonico sviluppo urbanistico, evita un inutile ‘consumo’ del territorio, lo difende dai disastri ambientali, favorisce lo sviluppo economico, ma soprattutto garantisce la trasparenza nell’applicazione delle norme di attuazione, e i cittadini dai soprusi sempre possibili della P.A. (limitando al massimo la discrezionalità della Pubblica Amministrazione), istruisce ed agevola il lavoro dell’ufficio tecnico.
Ma proprio l’aver vissuto in prima persona le vicende amministrative del mio paese mi induce, oggi, a guardare con sguardo critico e anche un po’ allarmato, al diverso stile e al nuovo metodo messo in atto da chi amministra oggi il Comune. E grazie alla lezione dell’Ing. Bordicchia anche altri si stanno ponendo gli stessi interrogativi e cominciano ad avanzare qualche giustificata perplessità.
E gli argomenti di discussione non mancano. Alcuni si interrogano (ed io con loro), ad esempio, sul perché affidare una importantissima variante, la n° 7, (di cui si è già ampiamente discusso su NOVAS) all’ufficio tecnico del Comune che, per quanto composto da validi ed esperti tecnici, non dispone della multidisciplinarità necessaria per la redazione di un P.U.C. quali l’urbanista, l’agronomo, il geologo (e di questi mi risulta non sia stata neppure richiesta la consulenza esterna). E poi, a ben vedere, non si vede neppure l’aspetto del risparmio, visto che le innumerevoli ore-lavoro impiegate dai tecnici del Comune hanno un costo, da aggiungere alla dilatazione dei tempi di attesa per il rilascio di permessi, autorizzazioni, ecc., conseguenza del mettere in secondo piano l’ordinaria amministrazione, che si traduce in un disservizio per i cittadini. E forse, a conti fatti, l’incarico ad un urbanista, oltre alla diversa qualità del lavoro, avrebbe fatto risparmiare parecchi soldi pubblici visto che poi il P.U.C. è stato bocciato sia dalla Provincia che dalla Regione.
E per come si è conclusa la questione P.U.C. si è indotti, ancora una volta, a parlare di soldi buttati al vento…
E non poteva che andare a finire così. Come si poteva giustificare la creazione di 42,64 ettari di zona G, senza la previsione di un indice volumetrico ma prevedendo il rinvio, volta per volta, alla discrezionalità dell’Amministrazione Comunale? Queste cose non avvengono neppure nelle Repubbliche delle banane (con tutto il rispetto per quelle Repubbliche). E non ci si può proprio lamentare se a qualcuno viene il dubbio che volumetrie, indici di copertura e altri parametri edilizi possano essere decisi sulla base di simpatie, colore politico o altro, e comunque non in modo oggettivo.
E poi, che senso ha aumentare di 42,64 ettari di zona G (edificabile) i 131,90 ettari di zona F già in buona parte edificabili? Proprio non si riesce a capire (in tutto fanno ben 174,54 ettari). Era necessario?
Così come non si riesce a capire come possano essere sfuggite delle norme della massima importanza che attengono ad atti obbligatori per la Pubblica Amministrazione a garanzia della trasparenza come, ad esempio, l’art.31, della Legge 289 del 2002, che testualmente recita: ‘I Comuni, quando attribuiscono ad un terreno la natura di area edificabile, ne danno comunicazione al proprietario a mezzo del servizio postale con modalità idonee a garantire l’effettiva conoscenza da parte del contribuente’. Oppure l’art. 36, della Legge 248 del 2006 ‘…ai fini…imposta di registro…imposta sui redditi…un’area è da considerarsi fabbricabile…in base allo strumento urbanistico adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione degli strumenti attuativi…’. O ancora l’art. 11 della Legge 248 del 2005 che, a proposito del pagamento dell’I.C.I. sui terreni dice ’…un’area è da considerarsi comunque edificabile….indipendentemente dall’adozione di strumenti urbanistici..’
Come si vede ci sono implicazioni anche di carattere impositivo e fiscale (oltre a quelle già prima citate) per i cittadini, oltre al fatto, non secondario, che l’essere a conoscenza di essere diventati proprietari di un terreno edificabile diventa fondamentale in caso di compravendita. Sarebbe comprensibile una solenne arrabbiatura di chi dovesse vendere un terreno (nella convinzione che si tratti di terreno agricolo) ad un acquirente che invece sa benissimo di comprare sottocosto un terreno che sta per diventare, o è già, edificabile.
Questa è una delle tante implicazioni della (poca) trasparenza, e sono situazioni che è necessario evitare.
Il dibattito sulla questione del P.U.C. era già in corso da tempo, ma non c’è dubbio che già la prima lezione dell’Ing. Bordicchia abbia conseguito un primo importante risultato, che è quello di aver aggiunto elementi di conoscenza utili per animare la discussione e, perciò, ci auspichiamo che egli trovi il tempo per altre lezioni e per qualche approfondimento che, ne sono certo, non cesserà di suscitare interesse e nuova partecipazione.
Roberto Montisci

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