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mercoledì 22 dicembre 2010

I VIAGGI DI DORE’ E SHANDAN (2^ parte).


La festa dura poco, Dorè e Shandan stanno già programmando un altro viaggio. Mena nella sua nuova capanna è triste e preoccupata, però sa che non potrà fermarli.
Procurate altre pietre nere, punte e coltelli e dopo aver rinforzato la barca, i due partono. Doppiato il promontorio sacro si dirigono dalla parte opposta e dopo alcuni giorni raggiungono un’altra laguna, incontrano tanti villaggi ma, ce né uno più grande, è posto sul bordo di una collina. Gli abitanti dopo aver constatato il valore della merce esposta da Dorè e Shandan la scambiano con vasi, pelli, formaggi e tante strane pietre nere che bruciando sviluppano un grande calore. Con il vento caldo in favore, i due ripartono e felici ritornano al villaggio.
Dorè riabbraccia la sua adorata Mena la quale gli annuncia una sorpresa: “Fra qualche mese sarai padre”. Lui s'inginocchia davanti a lei e piange commosso abbracciandola. “Adesso arriva la cattiva stagione, dovrai restare al villaggio fino alla nuova stagione” dice Mena toccandosi la pancia già grossa. “ Resterò fino alla nascita del bambino e con la buona stagione ripartirò con Shandan e altri uomini e tante barche” esclama Dorè, pur sapendo di dare un dispiacere a Mena. Lui è ormai convinto che con quelle pietre e i nuovi materiali dovranno raggiungere lidi anche molto lontani. Tutto il villaggio è coinvolto in quest’avventura che si sta dimostrando molto redditizia. Altri uomini e donne giungono a stabilirsi nel villaggio, attratti da quel materiale che chiamano “ossidiana”. I ciottoli del fiume non bastano più e Dorè con un bel gruppo di uomini e approntati dei carri trainati dai buoi si spingono sempre più verso la montagna alla ricerca di altre pietre nere. “Guardate!” urla qualcuno, “qui ci sono grandi pietre d'ossidiana”. “C’è un filone è una miniera!” osservano con stupore gli altri. Dopo aver preparato un accampamento, si mettono al lavoro, cavano tante pietre, caricano i carri e fanno ritorno al villaggio. Nel nuovo accampamento restano alcuni uomini per la custodia e il lavoro nella miniera. Essi saranno i primi minatori dell’isola.
Gli artigiani della pietra si mettono al lavoro, hanno a disposizione tantissime pietre e con tecnica molto raffinata ottengono punte di frecce, coltelli e falcetti. Dorè, Shandan e i pescatori più esperti si dedicano con buona lena alla costruzione di nuove imbarcazioni, più adatte al carico e alla lunga navigazione. Le donne hanno lavorato nella tessitura di grandi tele di lino esse serviranno alle barche per raccogliere il vento e spingerle più veloci.
Un bel giorno di primavera dalla capanna di Dorè si ode il pianto di un neonato. “E’ nato un bellissimo maschietto”, urlano le donne che hanno assistito Mena nel parto. Dorè corre alla capanna e s' inginocchia. Dopo aver baciato e ringraziato Mena e preso il bambino in braccio davanti alla statua della Gran Madre esclama: “lo chiameremo Tarshish come suo nonno”.
Il tempo è buono, il sole ha illuminato la stanza della Dea e le giornate sono più lunghe. Tutto è pronto per la partenza, le barche, il materiale e gli uomini. Dorè, dopo aver lasciato Mena e Tarshish alle cure dell’anziana madre e di Hemma, sorella di Mena, raduna gli uomini e chiama Shandan: “Noi tutti abbiamo deciso, poiché hai dimostrato coraggio e perizia nella navigazione, di nominarti ammiraglio della nostra spedizione, tu ci condurrai verso il tramonto del sole alla ricerca di nuovi mercati”. Shandan ha uno scatto, sembra quasi che la sua gamba non lo faccia più zoppicare, alza le braccia al cielo e ringrazia pieno d’orgoglio. Prima della partenza, Su Babbu Mannu, davanti a tutto il villaggio, consegna a Shandan un mantello, un capello e il bastone del comando, a Dorè consegna una statuina della Dea Madre e lo apostrofa: “Shandan comanderà la spedizione e tu rappresenterai il villaggio di Orei e la sua Dea ovunque vi troverete, ecco un capello, un mantello e un bastone anche per te, buona fortuna!”. Lunghi squilli di corno salutano la piccola flotta che si allontana dalla riva. Il vento è favorevole e spinge le barche verso il mare aperto. “Guardate abbiamo raggiunto l’isola del brutto vento” urla Shandan indicando l’isola quasi piatta, “continueremo in questa direzione!” La navigazione procede tranquilla per alcuni giorni, dopo aver superato un lungo promontorio all’improvviso un forte vento contrario li spinge con violenza verso il largo, le fragili imbarcazioni restano in balia delle onde per diversi giorni, Shandan che conosce il vento sa che li porterà verso altre terre e così raggiungono tante piccole isole incantevoli con grandi rocce dalle strane forme. “Ecco qui ci fermeremo” Shandan indica una piccola insenatura, “faremo un accampamento proprio di fronte a quella grande roccia a forma di animale”. Alcuni uomini esplorano le isole e al loro rientro all’accampamento, riferiscono che in queste isole non ci sono villaggi, ma hanno avvistato un’altra grande isola sicuramente abitata perché hanno notato dei fuochi e tanto fumo. Shandan e Dorè decidono di partire verso la grande isola, lasciando alcune imbarcazioni e uomini nell’accampamento al comando di Kanìa il pescatore più anziano. Raggiunta l’isola, poiché parlano una lingua sconosciuta, Dorè e Shandan vincono la diffidenza degli abitanti con grandi cenni, inchini e salamelecchi, presentano i loro prodotti e, dopo le dovute dimostrazioni, ottengono un grande successo. (L’ossidiana è arrivata in Corsica! Costeggiando l’isola fino a nord e attraversando l’arcipelago Toscano, l’ossidiana è arrivata nel continente Italiano! E così via fino alla Francia e la Spagna. Intanto l’industria della pietra nera continua nei piccoli villaggi delle lagune e intorno e sopra le colline del monte Arci, raggiungendo un grande sviluppo e ricchezza tanto che l’ossidiana è stata chiamata “l’oro nero dell’antichità”) Le imprese di Shandan, Dorè e i loro uomini si sono tramandate per millenni e l’isola dalla quale partivano fù chiamata: “L’Isola di Shandan”.
Livio Melis

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