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domenica 12 dicembre 2010

DORE’ E LA MONTAGNA DELLA ROCCIA NERA


orge il sole sul piccolo villaggio della pianura, un pugno di capanne di paglia e fango, costruite su una duna tra il monte, la laguna e il mare.
Gli abitanti: Una piccola tribù di pescatori, agricoltori e pastori, molto abili nella lavorazione della pietra, da alcuni anni si sono stanziati in questo territorio che assomiglia tanto al loro precedente villaggio che hanno abbandonato per la ricerca di nuove risorse. Qui non manca niente: La laguna e il mare ricchi di pesce e frutti di mare, tantissimi uccelli da cacciare, il bosco del vicino monte per la legna, buona terra da coltivare e due torrenti per l’acqua.
Anche quel giorno gli abitanti del villaggio si raccolgono intorno al gruppo d'anziani. Uno di loro porta un lungo mantello che gli copre le spalle fino ai piedi e un cappello a grandi falde. Ha un aspetto austero che incute rispetto. I ragazzi giocano e schiamazzano lì intorno. “Ssst…Su Babbu Mannu “ intima un anziano con un lungo e nodoso bastone. Dorè, un bambino vivace dai grandi occhi neri con una piccola treccia che scende sul lato destro del viso, osserva curioso i movimenti del grande vecchio. “Guarda Su Babbu Mannu ha grandi poteri, egli può parlare con la Grande Madre e far guarire la tua gamba”, rivolgendosi a Shandan, suo intimo amico che zoppica vistosamente a causa di una malattia. L’aria è tersa e i profumi della laguna si mischiano a quelli della macchia mediterranea che brucia nel fuoco perennemente acceso al centro del villaggio. Sotto la grande quercia su cui campeggiano le corna di toro, simbolo del dio maschile, le donne, coperte da un mantello e una cuffia che copre la folta capigliatura da cui spiccano due lunghe trecce, porgono al sacerdote una piccola statua femminile con grandi seni , simbolo della fertilità: “La dea Madre”. Egli la prende, la solleva verso il nuovo sole, intinge un ramoscello nell’acqua di un vaso globulare decorato dalle donne con le conchiglie delle arselle bianche che si trovano nella laguna, e benedice il popolo che ringrazia con un grande inchino. La giornata del popolo del villaggio può cominciare. Chi deve andare a pesca prende la sua barca di erbe palustri e si dirige alla laguna, i pastori con il gregge si allontanano verso i pascoli, i contadini vanno al lavoro nelle fertili terre. Al villaggio sono all’opera nelle loro officine gli artigiani delle pietre. Le donne più anziane tessono ceste di paglia e giunco, altre accudiscono ai bambini e cucinano piccole focacce su pietre arroventate nel grande fuoco. Le donne giovani vanno alla laguna con piccoli cesti a raccogliere le arselle, prelibati frutti di mare che al villaggio non mancano mai, anzi, esse le portano anche nei villaggi vicini per scambiarle con altri prodotti.
I ragazzi riprendono il loro gioco. Dorè, Shandan e gli altri si dirigono al fiume, hanno organizzato due squadre e giocano alla guerra. Raccolgono le pietre dal greto del torrente, durante l’inverno tanta acqua aveva trascinato tanti ciottoli dalla montagna nera. Dorè ne prende uno, non si accorge che è spaccato e il bordo tagliente gli procura una ferita al palmo della mano. Shandan, che ha visto tutto, prende una foglia di canna e copre la ferita legando la foglia con un giunco. La pietra è lì, vicino ai piedi di Dorè che la osserva con attenzione, è nera e lucente con i bordi sottili e taglienti. La usa con cautela su una canna e ottiene un taglio con estrema facilità. Poi si rivolge urlando ai compagni di gioco: “Mi sono fatto male alla mano io torno alla capanna da mia madre”. Il suo gioco è finito corre al villaggio con il ciottolo avvolto da foglie. “Cos’hai combinato”, urla la mamma, osservando la ferita alla mano di Dorè, “vieni con me” e lo accompagna alla capanna de su babbu mannu –come ti sei ferito?-, -con questa- risponde Dorè mostrando il ciottolo spaccato, “guardi ha i bordi più taglienti dei vostri coltelli di pietra”. Su babbu mannu cura la ferita con certe erbe che solo lui conosce, poi osserva la strana pietra scura e lucente, anche lui la prova su una canna e si rende subito conto che taglia più degli strumenti in uso al villaggio. “Dove l’hai trovata?”, “sul greto del fiume ce ne sono tante” risponde Dorè. Dopo aver tranquillizzato la madre di Dorè, su babbu mannu si reca al fiume e osserva le pietre, vengono da lassù pensa guardando il grande monte scuro. Quel giorno fu benedetto, la Grande Madre aveva guidato Dorè e gli aveva indicato la pietra nera che avrebbe arricchito la gente del villaggio.
Già nel VI millennio a.C. La Sardegna era al centro del traffico dell’ossidiana, una pietra vulcanica con le caratteristiche del vetro dovute al rapido raffreddamento delle lave, molto adatta alla costruzione di punte di frecce, coltelli ed altri strumenti taglienti, che dal monte Arci, attraverso il golfo d'Oristano, raggiungeva la Toscana, l’Emilia, la Spagna e la Francia.
Livio Melis (continua)

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