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martedì 10 maggio 2011

Referendum sul nucleare: il futuro della Sardegna non ha colore politico


Il 15 e il 16 maggio, oltre che per il rinnovo del consiglio comunale, si voterà per esprimersi a favore o contro l’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive.
Andare a votare non è questione di destra o di sinistra e nemmeno di ideologia politica. Si tratta di una questione di buon senso.
Si tratta di fare i conti con quello che abbiamo e con quello che immaginiamo di avere tra 20, 50 o 100 anni. Si tratta di pensare a quello che vogliamo lasciare ai nostri figli e alle generazioni che verranno dopo di noi.
Le immagini di quanto accade in questo momento a Fukushima in Giappone sono sotto gli occhi di tutti, così come sono ancora tanto, troppo nitide nella nostra memoria quelle del disastro di Chernobyl.
Allo stesso modo, è ormai noto come la scienza, nell'ultimo secolo, abbia fatto passi da gigante, e che sono ora a disposizione dei mezzi di approvvigionamento e produzione energetica che, oltre a non essere rischiosi e dannosi come il nucleare per la sicurezza fisica e la salute delle persone, sono più economici e soprattutto non sono invasivi dal punto di vista ambientale.
Ma a prescindere da quello che sarà il risultato del referendum, dovremo essere noi Sardi a decidere quale sarà il nostro futuro, e lo dovremo fare consapevolmente, andando a votare e facendolo con coscienza, nella piena cognizione di quello che sarà il risultato del nostro voto.
Perchè la storia testimonia di tutte le volte che noi Sardi abbiamo dovuto troppe volte subire delle decisioni che ci sono state imposte dall'alto, e stavolta non dovrà essere così, stavolta dovremo essere noi a scegliere quale sarà il futuro nostro, della nostra terra, dei nostri figli.
Esercitare il voto è un dovere, oltre che un diritto, un'espressione di responsabilità civica.
E stavolta non ci sono scuse, stavolta non è più possibile rimandare o derogare.
Roberta Atzori

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non posso che condividere in contenuto dell'articolo dell'amica e compagna di avventura elettorale. Noi sardi dobbiamo far sentire forte la nostra voce: votare SI per dire no alle centrali nucleari e allo stoccaggio delle scorie radioattive. Lo dico con forza e convinzione essendo stato uno di quelli che hanno anche con fatica raccolto le firme per proporre questo referendum.
Bisogna però essere chiari, questo è un referendum consultivo, certo con forte valenza politica, ma se il governo centrale si ostinerà nel voler costruire una centrale a 30/40 km da Sardara, nel golfo di Oristano, nel bellissimo Sinis, come è già scritto in un "piano sul nucleare" (passato l'effetto emotivo), la Sardegna rendiamoci conto che non avrà nessuna voce in capitolo. Noi non siamo infatti padroni della nostra terra e non decidiamo in casa nostra. Non abbiamo nessuna rappresentanza politica al parlamento nazionale, e fermo restando tale sistema politico parlamentare rappresentativo siamo comunque condannati, non solo per le questioni legate al nucleare, a contai che su duus (o s'assu in su giogu de is tarocus) de bastus. E' questo il limite dal quale deriva la nostra sudditanza culturale e quindi politica ed economica che sta portando al collasso, velocemente e drammaticamente, la nostra già debole economia e la condanna per il nostri figli (ma oramai anche molti padri) alla disperazione per disoccupazione?

Giampaolo Pisu