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domenica 30 gennaio 2011

Appunti di storia sul castello di Monreale

Nel territorio della Baronia di Monreale ha sicuramente un alto valore storico, simbolico e identitario il castello che sovrasta il colle omonimo e che sta al confine tra i tre villaggi (anche se sta all'interno del territorio comunale di Sardara). Il castello di Monreale è stato studiato in maniera abbastanza approfondita dal punto di vista archeologico e architettonico. I primi scavi risalgono agli anni Ottanta, così come i primi lavori di consolidamento e recupero delle rovine.
Dal punto di vista storico manca invece uno studio organico, a causa molto probabilmente della scarsità di documenti presenti negli archivi.
Resta il fatto che il castello rappresenta a livello simbolico il segno più evidente della presenza politica sul territorio, nonché della memoria di avvenimenti storici centrali nella storia della Sardegna.
Le ricerche fanno presumere l'edificazione del castello in un periodo antecedente al XIV secolo. La posizione fa presumere che si trattasse di un importante postazione difensiva di confine. Secondo un documento datato 30 novembre 1206 che segna il confine tra i Giudicati di Cagliari e Arborea la linea di demarcazione passerebbe proprio a sud delle pendici del colle di Monreale. L'accordo intercorre tra il giudice di Cagliari Gugliemo di Massa e il giudice di Arborea Ugone de Bas e ridisegna tutta linea di confine tra i giudicati in un periodo di forte tensione. Secondo questo atto, che viene proposto dal Solmi in una sua copia cinquecentesca, il confine passerebbe “in sa bia ki dae bant dae Sellori e Sanctu Gavinu”, quindi proprio a Sud del luogo dove sorge il castello, che tuttavia in questo documento non viene menzionato.
La prima menzione in un documento ufficiale viene registrata il 13 giugno 1309 in una carta attraverso la quale il re Giacomo II concede a Mariano e Androtto, visconti di Bas e Giudici di Arborea, la possibilità di mantenere pacificamente il possesso di tutto ciò che possedevano fino a quel momento in Sardegna. Tra questi beni vengono menzionati esplicitamente il castello di Monreale e di Marmilla che erano però amministrati dal comune di Pisa, senza però specificare a quale titolo (probabilmente una concessione) e che tornano da questo momento in mano dei giudici arborensi.
Il 1 maggio 1328 Alfonso d'Aragona rinnova con una documento l'investitura sul Giudicato d'Arborea a Ugone II, menzionando nuovamente anche i castelli di Monreale e Marmilla.
L'importanza del castello non è solo geopolitica: esso si trova infatti vicino al villaggio di Villa Abbas e alle sorgenti termali, ove i giudici di Arborea si recavano spesso per trovare sollievo a diversi malanni fisici. Questo è documentato anche in una lettera che Ugone manda a Bernardo de Boixardos, governatore della Sardegna, nella quale lo informa di essersi recato ai bagni termali per curarsi dalla gotta. In una seconda lettere datata 1350 invece l'ospite delle terme è Sibilla de Montcada, moglie di Giovanni d'Arborea, che si rifugiò nello stabilimento ai piedi del Monreale per sfuggire al cognato Mariano IV che avrebbe voluto imprigionarla insieme al marito.
La funzione residenziale del castello è intuibile già dai primi anni della sua costruzione, considerando che Teresa de Entença, nobildonna di Iglesias, viene fatta trasferire dall'Infante Alfonso nel castello di Monreale a causa della cagionevole salute.
Il castello di Monreale riveste un ruolo importante negli anni di massimo scontro tra gli Arborea e i Catalano – Aragonesi tra il 1353 e il 1355. Le carte del processo contro gli Arborea segnalano diverse attività nei pressi del castello: la condanna a morte di due sardi da parte del Giudice Mariano IV, la convocazione di una leva forzosa degli uomini provenienti dalle ville circostanti, l'ammassamento di riserve di grano presso i silos in preparazione alla guerra contro i Catalani, e la mobilitazione delle forze militari presenti nel maniero.
Possiamo quindi dire che il castello di Monreale ha molteplici funzioni: politiche, residenziali, militari, economiche e anche di natura carceraria. Si consuma infatti tra quelle mura la vicenda di Francesco Squinto, servitore di Eleonora condannato per tradimento, che viene imprigionato e giustiziato sul Monreale.
Dal punto di vista del governo del castello sappiamo per certo che esistevano dei responsabili: nel febbraio del 1355 ritroviamo Nicolaus de Vias e Matheus sindaci e procuratori del castello e del borgo che si sviluppò all'interno delle mura perimetrali; il 24 gennaio 1388 nell'atto redatto per la stipula della pace tra Giovanni d'Aragona e Eleonora d'Arborea troviamo citati Margianus Gadulesu con titolo di sindaco di Sardara e procuratore del castello di Monreale e Elio Ferrali col titolo di castellano, seguono poi decine di nomi sia del villaggio di Sardara che del borgo di Monreale che quindi risulta discretamente popolato.
Fino al 1409 non troviamo altre citazioni del castello in documenti ufficiali, pur sapendo che nel 1391 la pace viene rotta e le truppe giudicali iniziano una fase di riconquista di territori ceduti nell'accordo. Il 30 giugno 1409 le truppe catalano – aragonesi guidate da Martino il Giovane si presentano in armi nei pressi del villaggio di Sanluri per scontrarsi con le truppe del Visconte di Narbona, erede degli Arborea. Nella celebre battaglia di Sanluri, il cui esito è noto a tutti, una parte dell'esercito del Visconte si rifugiò nel castello di Monreale per fuggire alla violenta avanzata del nemico.
Dal 1410 appaiono nuovamente anche castellano e sottocastellano, nelle figure di Pietro de Villa Corta e Giovanni de Toso. Nel 1412 il castello passa assieme ad altri territori sotto il controllo della contea di Quirra, feudo dato in mano al fedelissimo Berengario Carroz. Si ritrovano diversi documenti che attestano i rifornimenti di derrate alimentari per il castello che ne attestano ancora una certa vitalità.
Tra il 1417 e il 1420 il castello di Monreale è al centro di una disputa istituzionale, ma soprattutto di un braccio di ferro tra feudatario e funzionario reale. In una serie di lettere, Francesco de Pontos, governatore del Capo di Cagliari, scrive al sovrano Alfonso il Magnanimo che il castello di Monreale era in mano a dei ribelli che impedivano l'ingresso ai funzionari reali. D'altra parte Berengario Carroz invitava i suoi a non cedere grano e altre derrate alimentari se non sotto un corrispettivo in denaro. Ma le pretese territoriali sul castello di Monreale e sull'incontrada collegata provenivano anche dal Visconte di Narbona che aveva il controllo dei territori oristanesi. Intanto i castellani di Monreale e Marmilla Pietro Roiç e Alfonso Periç si rifiutavano di prestare giuramento di vassallaggio e si piegano soltanto alla volontà reale.
Nel 1420 Alfonso il Magnanimo sigla ad Alghero un accordo con il procuratore del Visconte di Narbona Guglielmo III, Pietro de Pomayrol, nel quale lo stesso Visconte rinunciava alle pretese dinastiche sul giudicato d'Arborea. Le incontrade di Monreale e Marmilla vengono intanto affidare a Guglielmo de Monçada.
Nel 1446 partecipa al braccio militare del parlamento un Dalmacius çatirera, capitano dei castelli di Monreale e Marmilla.
Il castello assume nuovamente una notevole rilevanza durante lo scontro tra il vicerè Nicolò Carroz e il Marchese di Oristano Leonardo Alagon. Il 14 aprile 1470 i due si scontrarono con i propri eserciti proprio sul versante settentrionale del castello, nella Battaglia di Uras, in virtù della quale Leonardo si impossessò del castello e delle incontrade di Marmilla e Monreale.
Si aprì dunque un'altra disputa istituzionale tra i diversi protagonisti delle vicende sarde. Il re Giovanni II intima più volte al Marchese di Oristano la restituzione dei territori regi impropriamente occupati, ma deve anche rintuzzare le ambizioni espansionistiche di Dalmazzo Carroz, conte di Quirra, ansioso di tornare in possesso delle incontrade appartenute un tempo ai suoi avi.
La disputa viene risolta con un atto di forza del sovrano che nel 1477 dichiara Leonardo Alagon nemico della corona e ne ordinava la confisca dei feudi. Ma solo dopo la battaglia di Macomer dell'anno seguente, che vede la sconfitta delle truppe marchionali, il sovrano poté tornare in possesso dei territori che finirono annessi alla contea di Quirra.
Da questo momento il Castello di Monreale cessa di avere un ruolo importante per gli avvenimenti storici regionali, ma inizia ad acquisire importanza per la storia delle comunità locali.
Esso infatti oltre ad avere un significato altamente simbolico, diventa luogo dove esercitare i diritti di legnatico, erbatico e altri diritti ademprivili, non solo per il villaggio di Sardara, ma per tutti i villaggi della baronia. Il Marchesato di Quirra rivendica tuttavia, soprattutto in fase di liquidazione del feudo negli anni Trenta dell'Ottocento, la proprietà sia del Castello che dei bagni termali, producendo una serie di documenti attestanti il pagamento di un diritto da parte delle comunità che ne usufruiscono. A queste pretese si oppongono i consigli comunativi dei villaggi che rivendicano invece la demanialità di quei territori.
Nella relazione datata 1838 si scrive: “sembrava piuttosto verosimile essendo le antiche tradizioni che ne accennano i comuni che recandosi i Conti di Quirra al castello di Monreale per farvi qualche temporanea dimora, solessero per ossequio o per mandamento dominicale, i terrazzani soggetti per loro provigione di vettovaglie e anche di legna per gli occorrenti loro usi e bisogni, e da queste ossequiali offerte siano stati in progresso di tempo anche dopo la loro partenza convertite in prestazioni pecuniarie le quali perciò secondo le massime adottate dalla stessa regia delegazione debbono affatto eliminarsi dalle rendite feudali.”
È significativo che ancora oggi la località chiamata Su Pranu de su Casteddu, sia uno dei pochi terreni comunali destinati ad uso civico in possesso del comune di Sardara, così come alcune particelle catastali nella località di Santa Mariaquas.

1 commento:

aipa81 ha detto...

ho dimenticato di firmarlo...
R. Ibba